È il grande giorno di Julia Roberts, alla sua prima volta alla Mostra del cinema di Venezia. Lei sorride con quel suo sorriso lì, lucente e scaltro. E risponde con battute ironiche alla stampa: «Adoro le domande così complesse la mattina presto» (ovvero ore 11.30 al Lido).
Dopo pochi minuti ha bisogno di bere e ferma per un attimo il tempo, invitando con simpatia il resto del cast ad aprire la propria lattina di acqua tutti nello stesso istante, per evitare rumori successivi. «Anche sul set era sempre così», scherza Andrew Garfield.
A Venezia 82 si svela After the hunt: Dopo la caccia, il nuovo film di Luca Guadagnino che aggiunge ulteriori petali splendenti alla margherita di divi hollywoodiani alla sua corte. Per stesso volere del cineasta siciliano e degli Amazon MGM Studios il lungometraggio è fuori concorso. È stato abbastanza controverso l’umore degli addetti ai lavori dopo la prima proiezione in Sala Darsena. La domanda più frequente: di cosa vuole parlare After the hunt: Dopo la caccia? Qual è il punto?
Alla luce di Julia Roberts fa da contraltare un film torvo, percorso da una colonna sonora che vuole pigiare nervosamente sul tasto della tensione, con baleni musicali che provocano più fastidio che suspense. Le prime sequenze sono accompagnate da un ticchettio molesto, probabilmente a mo’ di preludio a una vicenda inquietante che sta per esplodere: un altro escamotage narrativo che va poco a segno.

Tra alti discorsi accademici e rapporti affettivi e professionali ambigui, After the hunt: Dopo la caccia è un thriller psicologico composito che thriller in fondo non è: i suoi personaggi sfuggenti più che suscitare turbamento e dilemmi annoiano.
Ma Ayo Edebiri, l’attrice lanciata dalla serie tv The Bear, dice: «C’è una grande complessità in tutti i personaggi. È il tipo di film che mi piace guardare e riguardare più volte perché il punto di vista che avevo all’inizio cambia quando lo continuo a guardare». Forse a una seconda visione apprezzeremo di più After the hunt: Dopo la caccia?
L’ex Pretty woman invita al confronto: «Nella nostra società stiamo perdendo l’arte della conversazione. Se le perone discuteranno tra di loro del nostro film credo sia il successo più grande».
Tutto si apre nel salotto agiato di una talentuosa e ambiziosa professoressa di Filosofia di Yale, Alma Imhoff: eccola Julia Roberts, in tailleur con pantaloni nivei, mentre intrattiene alte conversazioni con i suoi alti amici. Tra gli ospiti c’è il collega e caro amico Hank Gibson (Garfield), che si diverte a stuzzicare giocosamente gli invitati con contrapposizioni e frecciatine. C’è anche la studentessa di punta di Alma, Maggie (Edebiri), il volto delle nuove generazioni fortemente sensibili all’inclusione e all’uguaglianza di genere, contro le strutture patriarcali persistenti nella società. E poi, sornione come un leone dormiente pronto a dare una zampata, c’è il marito leale di Alma, Frederik (Michael Stuhlbarg), che, con il suo barbone rassicurante, ama cucinare e ascoltare a tutto volume John Adams: è lui il personaggio più bello.
Subito dopo questa amabile (e tediosa) riunione conviviale, succede un avvenimento che scombina i rapporti, le carriere, le aspirazioni. Una molestia sessuale, forse. Tutti – spettatore compreso – si chiederanno qual è davvero la verità.
La sceneggiatura enigmatica, firmata da Nora Garrett, ricorda Il dubbio, film del 2008 con Philip Seymour Hoffman sacerdote su cui cadono orribili sospetti, ma non arriva mai a insinuarsi così penetrante nel coinvolgimento e nelle coscienze.

«Assemblando questo gruppo Nora ha messo complessità in ogni personaggio e questa è la parte più gustosa», ha osservato Julia Roberts. «È come un gioco di domino: quando cade uno dei tasselli, emergono nuovi conflitti e sfide ovunque. È questo che fa sì che valga la pena andare a lavoro la mattina».
Tra discorsi sull’etica della virtù e sul flirtare con il proprio dolore, l’argomento più interessante smosso da After the hunt: Dopo la caccia è il gap generazionale femminista.
«La cosa che adoro del film è che guardiamo ai personaggi attraverso la loro verità e non c’è una verità più importante dell’altra», ha detto Guadagnino, che l’anno scorso aveva portato in concorso Queer con Daniel Craig, nel 2022 Bones and all con Timothée Chalamet e nel 2015 A bigger splash con Tilda Swinton. «La sceneggiatura mi ha toccato nel profondo. È una conversazione sul potere che avevo già avviato con me stesso: cosa vogliamo quando cerchiamo il potere? perché lottiamo per averlo e toglierlo agli altri? Mi chiedo sempre “cosa vuoi?” e mi rispondo che voglio tranquillità. Così, quando vedo in altri l’ambizione a scapito del prossimo, lo trovo interessante. È come una dannazione. Ed è bello aver l’opportunità di esplorare questa cieca ricerca».
After the hunt: Dopo la caccia uscirà al cinema il 16 ottobre distribuito da Eagle Pictures.
Se per Julia Roberts è la prima volta alla Mostra del cinema di Venezia, non è però la prima volta a Venezia. «Ho già lavorato qui e ho avuto la fortuna di passare del tempo a Venezia in passato: è una città magica, è uno dei luoghi più inspiegabili al mondo. È incredibile. Anche semplicemente venendo qui stamattina mi dicevo “guarda dove siamo, è un sogno”».
