Ad alta tensione, come Kathryn Bigelow sa fare con maestria. In un mix potente di dettagliate dinamiche militari e drammaticità umane toccanti. Dopo sette anni senza film, riecco la regista americana con A house of dynamite, thriller politico intenso che stringe il cuore, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2025. Applausi in Sala Grande dopo la prima per la stampa.
Il messaggio è potente ed evidente. «Diverse nazioni possiedono armi nucleari sufficienti a porre fine alla civiltà in pochi minuti. Eppure si respira una sorta di torpore collettivo», le parole di Bigelow. «Come possiamo pensare che distruggere il mondo sia un metodo di difesa?».
A house of dynamite, film targato Netflix, si sviluppa in una giornata qualunque, in cui donne e uomini impegnati nella difesa degli Stati Uniti vivono le loro vite tra privato e lavoro, chi litigando con la fidanzata al telefono in un ritaglio di tempo, chi prendendosi cura del figlioletto prima di andare in ufficio. Ed ecco che accade l’impensabile. Attenzione, subito spoiler: un missile non rivendicato viene lanciato contro gli States. Inizia una corsa contro il tempo, orchestrata su più piani d’azione, per scoprire chi sia il responsabile, come evitare l’inevitabile e come rispondere.

Altamente coinvolgente, A house of dynamite è un ritorno in grande stile per Bigelow, prima donna a vincere l’Oscar come miglior regista nel 2010 per The Hurt Locker, che conquistò quattro Oscar tra cui miglior film.
«Perché manco da sette anni? Per me è importante che mi appassioni a un argomento: se credo davvero nel materiale, a quel punto sento di poter fare qualsiasi cosa e mi impegno totalmente in una storia», ha detto Bigelow al Lido. «La situazione in cui siamo oggi con le armi nucleari è di rilevanza globale. Un giorno forse riusciremo a ridurre questo tipo di armi ma attualmente stiamo davvero vivendo in una casa piena di dinamite».
La sceneggiatura appassionante e attenta è dell’ex reporter internazionale Noah Oppenheim, già autore dello script di Jackie, per cui vinse il premio Premio Osella per la migliore sceneggiatura a Venezia 2016.
In A house of dynamite entriamo nella Situation Room della Casa bianca insieme a Rebecca Ferguson, che è il comandante Olivia Walker, osserviamo la stazione radar galleggiante nel Pacifico, sfogliamo il libro delle decisioni nucleari… E, soprattutto, viviamo la tensione disperata di tutti i personaggi, in una coralità avvincente fatta di pennellate tutte a segno. Fino alla somma decisione finale che deve prendere Idris Elba, ovvero il POTUS, il presidente degli Stati Uniti.

È straordinaria senza essere pedante la cura nei particolari militari e nelle ambientazioni. «Siamo stati a StratCom e quella nel film ne è una replica esatta», spiega Bigelow, che si è affidata allo scenografo Jeremy Hindle che già aveva collaborato con lei per Zero Dark Thirty. La fotografia che infonde un forte realismo è di Barry Ackroyd. «Il montatore Kirk Baxter è riuscito a mettere insieme simultaneamente questi dettagli ma anche il lato umano, come se fosse un’attività tridimensionale. Un montaggio straordinario supportato dalla colonna sonora: Volker ha creato qualcosa di mai sentito prima. Sono una regista fortunata perché ho avuto una squadra straordinaria».
La colonna sonora che martella sulla suspense sin dalle prime sequenze è del tedesco Volker Bertelmann, già premio Oscar per lo struggente Niente di nuovo sul fronte occidentale.
Gli Stati Uniti, colosso mondiale dalla potenza di fuoco, sembrano inattaccabili e pronti a prevenire qualsiasi pericolo. Ma l’11 settembre ci dimostrò già che così non è. A house of dynamite, potente monito che invita al disarmo, sottolinea una volta di più la fragilità di questo mondo sferzato da un vento di dinamite. Sarà rilasciato da Netflix il 25 ottobre.
