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Gerini: «Ho 50 anni, ma mi sento sempre Iris Blond…»

Gerini: «Ho 50 anni, ma mi  sento  
sempre  Iris  Blond…»

L’attrice romana, prima esperienza da regista, racconta a Panorama il suo nuovo film psicologico Tapirulàn. Parlando del personaggio che interpreta, svela aneddoti di vita privata come la psicoterapia, il rapporto con i genitori e l’ossessione per il fitness.


«Emma è una donna interrotta, che ha un trauma alle spalle e, pur sembrando in apparenza molto forte, ha un lato fragilissimo e un mondo interiore ricchissimo. E mi ha colpito il modo in cui decide di autorecludersi in una gabbia e comunicare col mondo esterno solo attraverso la tecnologia: questo personaggio penso farà riflettere sulla nostra società iperconnessa in cui ormai siamo abituati a incontrare gli altri virtualmente, ma in realtà siamo disconnessi dai veri rapporti umani». Claudia Gerini, 50 anni compiuti lo scorso 18 dicembre, racconta così il personaggio che interpreta in Tapirulàn, thriller emotivo in arrivo al cinema il 5 maggio prossimo. Nella pellicola, che si svolge nella casa della protagonista, Emma corre tutto il giorno sul suo tapis roulant per tenersi in forma e schiarirsi la mente mentre svolge la propria attività di counselling a una serie di clienti che cercano aiuto psicologico per i più vari motivi: c’è il ragazzo omosessuale che non ha il coraggio di fare coming out, la ragazza che vive male il rapporto col proprio corpo e vorrebbe rifarsi il seno oppure il naso, la donna che subisce violenze dal marito e il cinquantenne che minaccia il suicidio perché non riesce a superare la morte della figlia per la quale si sente in colpa. Emma ascolta, corre e aiuta i propri pazienti, anche se non tutti sono disposti ad accettare una psicologa che parla mentre fa allenamento. A un certo punto, però, sulla sua videochat la sorella si fa viva con una rivelazione che costringe Emma a fare i conti col proprio passato. «Il soggetto mi ha colpito fin dall’inizio e così ho deciso di interpretarlo e anche di partecipare alla produzione» racconta Gerini, sbocciata in tv con il programma Non è la Rai e poi divenuta una delle più versatili attrici del cinema italiano, capace com’è di passare dalla commedia brillante al dramma. «Poi quando cercavamo il regista col produttore Stefano Bethlen, lui mi ha proposto di dirigere io il film. All’inizio ho rifiutato categoricamente, poi mi sono lasciata convincere dall’idea che in fondo con un po’ di coraggio potevo rendere interessante questa storia».

Il fatto che si svolga quasi tutta sul tapis roulant di Emma ha reso il debutto più facile o difficile?

All’inizio pensavo che girare un film con diverse location sarebbe stato troppo complesso al debutto e così ho accettato, ma poi mi sono resa conto che la sfida qui era trovare il modo di tenere alta la tensione emotiva dello spettatore. E devo ammettere che non è stato facile.

Come ha fatto?

Anzitutto mi sono ispirata a una serie di film ambientati in un unico posto: Locke con Tom Hardy che si svolgeva tutto in un’auto, ma anche Buried in cui il protagonista era in una bara e 127 ore, dove James Franco passava tutto il film intrappolato tra due rocce. Avevo paura, alla lunga, di annoiare il pubblico e così ho cercato di movimentare il più possibile l’azione, anzitutto studiando bene come raccontare la vicenda scattando fotografie nel loft in cui si svolge e che è stato costruito ad hoc, e poi cambiando più volte le inquadrature per rendere la narrazione più interessante. Per me la difficoltà maggiore è stata, essendo sempre in scena, riuscire a guardarmi da fuori con l’occhio del regista. Mi hanno aiutata a realizzare il film la montatrice, il direttore della fotografia, l’aiuto regista. Da parte mia ho messo l’accento sull’empatia che si costruisce tra Emma e i suoi pazienti.

Lei crede nella psicoterapia?

Moltissimo, sono stata in psicoterapia a lungo: ho iniziato dopo i 20 anni e poi l’ho ripresa a 35 e devo dire che mi ha giovato molto. Penso sia fondamentale per quasi tutti o almeno la consiglio a chi vuole esplorare se stesso con una prospettiva diversa da quella con cui è abituato a guardarsi, per conoscersi meglio e interpretare anche cose che riguardano il rapporto con i propri genitori. Le famiglie d’origine sono luoghi felici, così come infelici. I genitori ti danno amore, ma proiettano su di te anche le proprie frustrazioni che poi influenzano la tua vita e quindi vanno elaborate. Peraltro oggi, secondo me, farsi aiutare è fondamentale perché la vita delle persone anche in provincia non è più quella semplice in cui si giocava per strada e la Chiesa era un punto di riferimento. Oggi viviamo in una realtà complessa, in una società globalizzata e frammentata, in cui ci si confronta sempre col mondo intero, attraverso gli strumenti digitali.

Lei li utilizza e si trova a suo agio nel farlo?

Anche io faccio shopping online e ringrazio il cielo che soprattutto durante la pandemia abbiamo avuto «Zoom», però sono della vecchia generazione, non amo stare davanti a un display e preferisco i rapporti veri tra le persone, anche se a farmi il corso di aggiornamento ci pensano le mie due figlie, Rosa (17 anni, nata dall’unione con l’imprenditore Alessandro Enginoli, ndr) e Linda (12, figlia del musicista Federico Zampaglione, ndr).

Ha compiuto da poco 50 anni. Che effetto le fa?

Mi ha fatto effetto, ma fino a un certo punto. Di sicuro oggi so ciò che voglio, sono centrata, ma ho la stessa curiosità per la vita di sempre. E poi per fare il mio mestiere bisogna pur sempre rimanere bambini…

Nel film Emma sembra ossessionata dal fitness e dall’alimentazione. E lei?

Il corpo come il viso è il mio strumento di lavoro, quindi me ne prendo cura. Mangio sano e faccio molto sport, che ho iniziato a praticare a 5 anni: equitazione, nuoto, tennis, softball. Sono anche cintura nera di Taekwondo.

Tapirulàn parla anche di molestie. Lei da giovane come se l’è cavata per aggirarle?

Sono sempre stata molto sveglia e quando capivo che l’uomo che avevo di fronte poteva diventare pericoloso, mi defilavo. Sono stata fortunata, perché non mi sono mai trovata in condizioni troppo spiacevoli. Per questo parlo molto con le mie figlie per metterle in guardia, anche perché loro devono fronteggiare pure i pericoli della Rete.

Il suo primo film risale al 1987. Dopo 35 anni di carriera a quali ruoli e film è più affezionata?

Li amo tutti, però è indubbio che Viaggi di nozze e Sono pazzo di Iris Blond sono stati una svolta per me. Ho dimostrato di essere un’attrice brillante, ma che potevo interpretare anche un dramma come in Non ti muovere.

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