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Emanuela Orlandi, indagata l’amica Laura Casagrande per i racconti (falsi) sul giorno della scomparsa

Emanuela Orlandi, indagata l’amica Laura Casagrande per i racconti (falsi) sul giorno della scomparsa

L’ex compagna di lezioni di musica di Emanuela Orlandi è iscritta nel registro degli indagati per avere fornito false informazioni al pubblico ministero. Le contraddizioni emerse tra le dichiarazioni del 1983 e quelle del 2024 sono solo una delle tante stranezze su un caso irrisolto da oltre 40 anni.

Sono passati oltre quarant’anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi. Decenni di teorie, voci incontrollate e complottismi che non hanno mai portato a una risposta definitiva su ciò che accadde il 22 giugno 1983. Nemmeno le testimonianze di chi conobbe la ragazza all’epoca furono di aiuto. Una di queste proviene da Laura Casagrande, ex compagna di lezioni di musica della quindicenne sparita nel nulla, che la Procura di Roma ha deciso di iscrivere nel registro degli indagati per false informazioni al pubblico ministero.

Emanuela Orlandi, indagata l’amica Laura Casagrande per i racconti (falsi) sul giorno della scomparsa
Laura Casagrande frequentava la stessa scuola di musica di Emanuela

Gli inquirenti hanno rilevato contraddizioni tra le dichiarazioni del 1983 e quelle rese alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa della Orlandi nel 2024, riguardanti l’ultima giornata di Emanuela e sulla telefonata ricevuta dai presunti rapitori. La sua ricostruzione è contraddistinta da «non ricordo» e «vuoti totali» che sollevano più di qualche dubbio.

Laura Casagrande e “l’Amerikano”

Laura Casagrande aveva 15 anni quando scomparve la coetanea con cui frequentava l’Istituto Tommaso Ludovico da Victoria a Roma: lei studiava pianoforte, Emanuela flauto traverso. Sembrava essere l’ultima persona conosciuta che vide l’amica il giorno della scomparsa, ma venne sentita formalmente dagli inquirenti l’8 luglio 1983, dopo che ricevette a casa una telefonata da un uomo con accento straniero.

L’Amerikano”, così è stato rinominato, dettò a lei e alla madre un messaggio da trasmettere all’Ansa: Emanuela, cittadina vaticana, era stata rapita per usarla come oggetto di scambio con Mehmet Ali Ağca, l’attentatore di papa Giovanni Paolo II. Non è l’unica telefonata dello strano sconosciuto: ne esistono altre rivolte all’ufficio stampa della Città del Vaticano, direttamente alla redazione dell’Ansa e alla famiglia Orlandi, ma è quella a Casagrande che pone i maggiori dubbi.

Emerge infatti una delle prime contraddizioni tra ciò che l’allora adolescente dichiarò nel 1983 e quanto riferito nel giugno 2024 alla Commissione. Nei verbali degli anni Ottanta sostenne che «l’interlocutore parlava un italiano corretto», mentre nel 2024 che «poteva essere arabo, turco, afghano».

L’ultima giornata di Emanuela

Non è l’unica incoerenza nelle parole di Casagrande: la sua versione sull’ultima volta che vide Emanuela cambia nel corso degli anni. Nel 1983 poco dopo la scomparsa aveva dichiarato di averla vista uscendo dalle lezioni di musica dell’istituto, «da lontano, mentre frettolosamente si avviava verso l’autobus». Di fronte alla Commissione bicamerale nel 2024 cambia il resoconto: «Non venne alla lezione di coro. Non la vidi arrivare o arrivò molto tardi, a lezione cominciata. Poi, non ho assistito all’uscita». E ancora: «Di un’immagine di Emanuela che cammina sul marciapiede non ho ricordi», addirittura fino ad avere un «vuoto totale» Amnesie e contraddizioni che hanno spinto la Procura di Roma a ipotizzare che Casagrande possa aver fornito false informazioni agli inquirenti, ostacolando le indagini.

Le innumerevoli piste e stranezze

Emanuela Orlandi era una quindicenne cittadina vaticana, figlia di un commesso della Prefettura della Casa pontificia. È scomparsa nel tardo pomeriggio del 22 giugno 1983 e da allora non è mai più stata ritrovata. Il caso divenne subito un eco internazionale con piste che vanno dal ricatto “dell’Amerikano” al Vaticano ai collegamenti con l’attentatore del Papa Ali Ağca, fino ai rapporti con la Banda della Magliana a cui si legano i recenti scavi della Casa del Jazz.

La villa, inizialmente gestita dal Vicariato, fu venduta a prezzi sospetti a Enrico Nicoletti, il “cassiere” della banda, poco dopo la scomparsa della Orlandi. Nel 2025 è stata oggetto di scavi per cercare i resti del giudice Paolo Adinolfi scomparso nel 1994, ma secondo Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, nei cunicoli sotto la villa potrebbe esserci il corpo della sorella. La sua convinzione deriva da un incontro con un uomo legato alla ‘ndrangheta, il quale gli riferì che Enrico De Pedis, membro della banda mafiosa romana, gli mostrò un muro dietro al quale ci sarebbero stati i resti di Emanuela, in un cunicolo simile a quelli della Casa del Jazz.

Non è l’unica coincidenza o stranezza legata al Vaticano e a Emanuela Orlandi, una vicenda labirintica lunga oltre quarant’anni, piena di vicoli ciechi e vuoti totali, come quelli rimasti a Laura Casagrande.

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