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L’ora illegale

L’ora illegale

Intorno agli orologi di lusso rubati a vip e calciatori c’è un florido mercato gestito dalla camorra. Nei verbali, i pentiti indicano giocatori del Napoli che, d’accordo con i clan, fanno compravendita dei preziosi. Un broker internazionale e un ex rapinatore raccontano meccanismi e trucchi per sfuggire alle indagini.


Lucca, la sera di Pasquetta. Sono da poco passate le 21 quando il pilota della Ferrari, Charles Leclerc, dà un’ultima occhiata al suo orologio Richard Mille Rm 67-02, un pezzo unico del valore di 2 milioni di euro. Ancora qualche autografo ai fan, e poi potrà tornare a casa. Accanto a lui, un ladro camuffato da tifoso del Cavallino rampante si mette in posa per un selfie che non sarà mai scattato. Scatteranno invece il gancio del cinturino e l’inseguimento del pilota che proverà inutilmente a rincorrere il malvivente in fuga con il suo tesoro da polso.

Dell’orologio e del bandito non c’è traccia, da allora. Una pista investigativa però esiste, e Panorama è in grado di rivelarla. Porta direttamente a Napoli, nei Quartieri Spagnoli, il dedalo di viuzze dove un tempo erano di stanza le truppe del viceré di Madrid. A strappare l’orologio al fuoriclasse monegasco sarebbe stato un rapinatore del centro storico partenopeo in trasferta, in quei giorni, in Toscana. Addirittura, secondo alcuni confidenti, sul profilo social dell’uomo sarebbe apparso per un brevissimo istante il Richard Mille. Esibizione trionfale di un bottino che ha fatto il giro del mondo. Ma che, oggi, appare difficilissimo piazzare tramite i canali ordinari dei ricettatori. «È un tipo di refurtiva» spiega un investigatore al nostro giornale, «che può trovare acquirenti solo in America o Medioriente. E, prima della guerra, in Russia. Ma sono pochi quelli in grado di vantare questo genere di rapporti internazionali».

Il business degli orologi di lusso rubati è la nuova frontiera della camorra spa. Guadagni stellari, rischi ridotti al minimo. Oltre alla possibilità di entrare dalla porta di servizio dello showbiz. Come ha raccontato Luca Esposito, recalcitrante testimone di giustizia imparentato con il potente boss Patrizio Bosti, padrino dell’Alleanza di Secondigliano, il cartello mafioso più pericoloso della provincia di Napoli. Esposito è stato arrestato, nei mesi scorsi, mentre tentava di raggiungere Dubai con un green pass falso insieme alla moglie. «Io sono un broker, anzi un dealer specializzato nella compravendita di orologi di lusso» si è presentato ai pm che lo hanno interrogato. «Nel mio telefono troverete contatti con sultani».

Ma non solo. Ha rivelato che nel suo giro ci sarebbero anche diversi giocatori e un presidente di club di serie A, «Setti del Verona calcio» (ovviamente estraneo alle accuse). Gli intermediari con il mondo del pallone sarebbero un albanese e un tale Diego Rodriguez. «I calciatori acquistano gli orologi a prezzo di listino» spiega Esposito. «Sfruttano questa possibilità così come altre persone dello spettacolo. Ho fatto da tramite per un Patek Philippe Tiffany che poi è andato all’asta per quattro milioni e mezzo».

Gli incassi per questo genere di attività sarebbero addirittura superiori a quelli dei diamanti. Tanto che a finanziare un suo diretto concorrente sarebbe un importante calciatore del Napoli. Ma perché Esposito doveva raggiungere in tutta fretta gli Emirati? Semplice: per affari. «A Dubai ho solo clienti che comprano orologi» ha continuato. «I dealer mondiali (quelli che si occupano della compravendita di orologi rubati, ndr) durante il Covid si sono tutti trasferiti a Dubai. Dealer mondiali sono quelli di Hong Kong con i quali io sono in rapporto».

Il meccanismo di vendita è tutto sommato abbastanza facile. «I soldi transitano su conti correnti (…) oppure vengono regolati con permute. Questi orologi sono spesso venduti tramite pagine social che noi dealer utilizziamo». Per gli acquirenti interessati a prodotti di fascia media, che non superano i 20 mila euro, l’appuntamento annuale è invece in un albergo di Monaco con una fiera internazionale dove, accanto agli orologi legali, è possibile trovare pure quelli che «scottano».

«È il paradiso dei grossisti cinesi» sottolinea a Panorama un inquirente «perché nel Paese del Dragone non è necessario il certificato di garanzia. I commercianti verificano solo l’autenticità del pezzo. E se le condizioni sono buone, lo acquistano e lo portano in patria per rivenderlo a un costo maggiorato. Che sia rubato o meno non ha importanza per loro». Se proprio qualcuno insiste con la garanzia, esistono apposite tipografie che «falsificano i documenti di accompagnamento di ogni orologio esistente al mondo, anche grazie alla compiacenza di rivenditori ufficiali». Un business che gira così veloce che nemmeno un asso del volante come Leclerc sarebbe in grado di eguagliare.

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