Vince il Napoli e festeggia. Il Bologna si lecca le ferite e rimanda ad altro momento l’appuntamento con la storia perché dal 1937 non conquistava un trofeo in due stagioni di fila e dovrà aspettare per dare un erede al mitico Arpad Weisz. Vittoria netta e meritata, quella dei partenopei, persino stretta nel risultato se si considera la mole di occasioni che i giocatori di Antonio Conte hanno creato dalle parti di un Ravaglia non più in formato Superman.
Il sospetto è che i campioni d’Italia se la fossero legata al dito lo scorso 9 novembre, giorno della sculacciata presa al Dall’Ara e della fuga di Conte sull’Aventino torinese: il punto più basso della stagione partenopea che a Riyad ha, invece, vissuto quello più alto per qualità della prestazione e perché, pur bistrattato da tanti, alla fine si è portato a casa il primo trofeo dell’anno. De Laurentiis trascorrerà delle feste serene e non era scontato nel cuore dell’autunno.
Napoli, una finale dominata dall’inizio alla fine
Non c’è stato nemmeno un istante nella finale in cui il Bologna ha dato la sensazione di poter far male all’avversario. Si discuterà a lungo se si sia trattato di ansia da prestazione o di conferma di un momento non eccellente: in fondo prima dei rigori vincenti con l’Inter i felsinei avevano incassato due sconfitte e un pari in campionato. Oppure se siano stati il ritmo e l’organizzazione del Napoli a tramortire Vincenzo Italiano che non esce certamente ridimensionato dalla trasferta araba, ma che ha ricevuto una lezione paragonabile a quella impartita un mesetto fa.
Sul trionfo napoletano ci sono due firme. La prima è quella di David Neres, autore della doppietta che ha piegato il Bologna: da quando è stato ripescato dal fondo della panchina, con colpevole ritardo, è diventato l’uomo della superiorità numerica conquistata a suon di dribbling e tagli, merce rara nel calcio di oggi.
E poi Rasmus Hojlund che continua a dimostrare di valere tutti i 50 milioni spesi in un battito di ciglia da De Laurentiis dopo l’infortunio di Lukaku ad agosto. Quando parte in velocità attaccando le difese in profondità, il danese è semplicemente inarrestabile: De Winter era stato ridicolizzato, ma anche i difensori di Italiano non se la sono passata meglio. La curiosità è capire cosa farà Conte ora che Lukaku si avvicina al rientro: come rinunciare alla titolarità di Hojlund?
E ora il format della Supercoppa Italiana torna all’antico…
Chiusura per il lunedì nero della Lega Calcio Serie A. Un paio di settimane dopo aver trionfalmente annunciato che la trasferta australiana per Milan-Como era viva e vegeta, nonostante le voci contrarie, ha dovuto vergare un comunicato congiunto con il governo locale per spiegare che si starà a casa. Niente viaggio a Perth, alla fine ha trionfato il fronte del no che ha preferito disseminare una serie di richieste trappola sul percorso verso l’Australia piuttosto che dire con franchezza che la cosa non era da fare. Non il massimo in termini di immagine per nessuno. Si giocherà a San Siro il primo giorno dopo l’8 febbraio che sarà possibile. Amen.
Quanto alla Supercoppa Italiana, dopo aver difeso dalle critiche il format a quattro, il presidente della Lega Simonelli ha ammesso che l’anno prossimo quasi certamente “si tornerà allo spirito originale”: campioni d’Italia contro vincitori della Coppa Italia. Niente Arabia Saudita (ma qui non è colpa di nessuno), sfida secca in vendesi al miglior offerente lasciando una sensazione di una certa irresolutezza.
