Cristina Comencini
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Televisione

Cristina Comencini si dà al thriller

Appena sbarcata in tv con Di padre in figlia, la regista sta preparando un giallo sentimentale per il cinema. Ma le sarebbe piaciuto recitare...

Sarebbe potuta diventare un’attrice, visto che, a 13 anni, ha interpretato il primo amore casto e puro di Giacomo Casanova in un film diretto da suo padre, il celebre regista Luigi Comencini. Invece, Cristina Comencini ha poi felicemente scelto la scrittura, la regia e la sceneggiatura, tendenza romanzi, cinema, teatro: "Un’attrice deve sapersi lasciar andare. Io, invece, già da allora tendevo al controllo", racconta. E adesso che ha messo per la prima volta la penna in tv, da autrice del soggetto della fiction Di padre in figlia, (quattro puntate, l’ultima stasera 2 maggio, Raiuno) che, attraverso una storia familiare trentennale racconta il faticoso cammino delle donne italiane verso la parità, l’ha fatto alla grande: pienone di ascolti e successo di critica.

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Sui diritti delle donne la regista-scrittrice che accoglie Panorama nella sua casa romana in pantaloni skinny verdi e babbucce viola si sa, è una specialista (è stata una delle anime del gruppo femminista Se non ora quando, e ora è confluita in Snoq libere, impegnata nella battaglia contro l’utero in affitto).

Sul tema famiglia, poi, al centro di tanti suoi film, meriterebbe una laurea honoris causa: un padre come Luigi Comencini, tre sorelle, Francesca, Paola, Eleonora, impegnate tra cinema e tv. E poi i due mariti: cinque anni di matrimonio, due figli (il ministro dello Sviluppo economico Carlo e la sceneggiatrice Giulia) con il primo, Fabio Calenda. Un legame quarantennale, e un figlio produttore musicale, Luigi, con il secondo, il re di Cattleya Riccardo Tozzi.

Con quella superiorità numerica femminile, com’erano gli equilibri nella sua famiglia d’origine?
La mia era una famiglia borghese e intellettuale, diversa da quella contadina della fiction dominata dal padre-padrone. Papà comandava sul lavoro, mamma in casa (lui si limitava ad organizzare le nostre vacanze), non c’era subalternità. A noi figlie ripeteva di puntare ad avere un nostro lavoro che ci consentisse di poter lasciare un uomo senza problemi di dipendenza economica. E ci vietava la discoteca. Sarà per questo che oggi adoro ballare alle feste.

Quarant’anni con un marito dello stesso mondo professionale e che ha prodotto tanti suoi film. Bilancio costi/benefici?
Riccardo ha sempre letto per primo i miei romanzi e i miei soggetti, perché è una persona profonda e colta e da lui accetto ogni critica. Questo ha rappresentato un valore aggiunto nel matrimonio. Però forse è stato un errore lavorare insieme: quando ci sono delle divergenze poi te le porti anche a casa. Da ora in poi i miei film avranno altri produttori, anche se apprezzo il suo fiuto: ha creduto nelle serie tv più innovative, a partire da Gomorra.

La grande offerta di serie tv di pregio non rischia di dare il colpo di grazia al cinema italiano già sofferente?
Ma siamo noi a dover cambiare, il cinema non può stare fermo. Ultimamente si è adagiato sulle commedie, davvero troppe. Dobbiamo sperimentare. Per questo il mio prossimo film, di cui sto ultimando la scrittura, sarà diverso.

Non sarà una commedia?
No. Il titolo provvisorio è In buona compagnia e sarà un thriller sentimentale su più piani temporali. Una sorta di Sliding doors con una grande atmosfera di paura che avvolgerà una donna intelligente, sicura, ma con una grande dipendenza dagli uomini.

Le somiglia?
Anch’io sono molto dipendente dal punto di visto affettivo. Nel lavoro vengo definita una "tosta" ma mi porto dentro una grande insicurezza. Credo che appartenga un po’ a tutte quelle della mia generazione e sia anche frutto di un rapporto uomo-donna terremotato da conquiste professionali femminili che si sono agganciate a vecchi modelli educativi. Riconoscere la mia debolezza è già una vittoria, l’analisi mi ha aiutato. Mi ritengo una miracolata.

Quanti anni ha passato sul lettino?
Undici. Ed è bastato il primo anno per far sparire un eczema alle mani che mi affliggeva da sempre.

Il mancato Oscar come miglior film straniero al suo La bestia nel cuore nel 2006 è stato un trauma da superare?
Ma no, io considero un trionfo aver avuto una nomination. Si sa che per la vittoria dominano altre logiche e che quell’anno doveva vincere il film sudafricano Il suo nome è Tsotsi. Ma sfilare sul red carpet insieme a tante star del cinema è stato emozionante. Se mi fossi lasciata andare di più forse sarei potuta essere anch’io un’attrice. Quando le dirigo le invidio un po’. 

La sua preferita in assoluto?

Meryl Streep, per com'è lei e per e i suoi grandi ruoli.

Suo figlio Carlo è il ministro dello Sviluppo Economico ma ha cominciato, come lei, con una parte in Cuore, film del nonno Luigi. Ma è un rito di iniziazione familiare?
Serviva un ragazzino e mio padre pensò di coinvolegere lui, a quel tempo si pescava nella cerchia familiare, o tra gli amici. A Carlo però non è mai piaciuto recitare, era intimidito, si sentiva fuori posto. Io, invece, mi divertivo.

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Antonella Piperno