Schwazer e il riscatto dal doping: sarà alle Olimpiadi
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Schwazer e il riscatto dal doping: sarà alle Olimpiadi

L'azzurro domina la 50 km mondiale a squadre e stacca il pass per Rio. Tra i dubbi e la favola del ritorno dall'inferno

Il ritorno dall'inferno del doping adesso ha un nome, un giorno e un'ora. Roma, 8 maggio 2016: 3 ore 39 minuti e 0 secondi. Il momento in cui Alex Schwazer si è messo alle spalle 45 mesi di buio ed è tornato alla luce trionfando nella 50 km mondiale a squadre, trascinando i compagni alla vittoria e strappando il pass per i Giochi di Rio de Janeiro.

Non gareggiava dal 2012, Schwazer. Da quella clamorosa caduta nella rete del doping che pareva aver distrutto la sua vita, privata e professionale. La fine della relazione con Carolina Kostner, le lacrime disperate, il crollo emotivo di un campione precipitato in un istante e apparentemente senza possibilità di redenzione.

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Tutto cancellato anche se Alex e chi ne ha permesso il ritorno - Sandro Donati in testa - sanno benissimo di dover convivere con il dubbio, un'ombra che lo accompagnerà per sempre e che trasformerà i suoi risultati sportivi in un referendum senza vie di mezzo: o a favore o contro. Come Tamberi e gli altri, che per il reo confesso avrebbero voluto la pena di morte agonistica.

Donati, guru dell'antidoping italiano e mondiale, giura che adesso Schwazer è pulito. Ha accettato la scommessa di rimetterlo in strada chiedendogli trasparenza e assicura di avere per le mani un atleta consapevole di non poter più sbagliare. E' la speranza di tutti nel riabbracciare un fuoriclasse della marcia nella famiglia dello sport.

Sarebbe terribile svegliarsi un giorno con la scoeprta di essere stati nuovamente traditi. Alex merita la seconda chance come tutti, compresi tanti suoi colleghi caduti in tentazione. Merita anche di non andare a Rio schiacciato dalla pressione di dover vincere, il meccanismo che nel 2012 mandò in tilt il suo equilibrio secondo quanto raccontato nelle ore dello choc.

Forse non è nemmeno giusto chiedergli di diventare un simbolo dell'antidoping, come sarà naturale fare nei prossimi mesi. A lui si chieda di essere semplicemente Alex, con la sua storia, la parabola del riscatto e la consapevolezza che tanti non torneranno ad amarlo come prima. Può essere sufficiente così: il resto ce lo diranno le strade di Rio.

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Giovanni Capuano