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Sarri, la presentazione alla Juventus in dieci parole (e non solo)

Sarrismo, tradimento, palazzo, tuta, discriminazione e tanto altro: tutto il pensiero del nuovo tecnico bianconero in concetti chiave

Emozionato. Rigorosamente in giacca e cravatta, accompagnato da Fabio Paratici e scortato in prima fila dal presidente Agnelli e da Pavel Nedved. Maurizio Sarri è entrato così nel mondo Juventus, vivendo il suo primo giorno ufficiale da tecnico che dovrà traghettare il club campione d'Italia ininterrottamente dal 2012 in una nuova dimensione. Se possibile europea e legata a una propsta di calcio diversa rispetto a quella di chi l'ha preceduto e la cui eredità viene definita "pesantissima".

Non poteva essere una presentazione banale e non lo è stata. Sia per la location scelta, la stessa voluta un anno fa per esibire al mondo Cristiano Ronaldo, sia per la molteplicità degli argomenti in gioco. Due città, due popoli, diversamente maldisposti verso il cambio di panchina dell'anno. Uno, quello napoletano, perché tradito dall'uomo che ha amato. L'altro, quello juventino, perché incerto su stile e capacità di un tecnico non prodotto dell'elite internazionale.

Temi su cui Sarri non poteva sottrarsi, consapevole di avere gli occhi di tutti puntati addosso. Spesso le prime parole sono quelle che lasciando il segno, tracciano la strada, cominciano a scolpire i tratti del rapporto che nasce (o muore) tra un uomo e chi lo deve seguire. Ecco, allora, il pensiero di Sarri sintetizzato in dieci parolechiave. Le key words che accompagnano il suo sbarco sul pianeta Juve.

maurizio sarri juventus presentazione conferenza stampaTifosi della Juventus in attesa di Sarri il giorno della presentazioneANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

VELOCITA'

E' stata quella con cui ha deciso di sposare la Juventus quando è stato contattato. Concetto ribadito in più declinazioni: "Ho visto una società determinatissima come mai mi era capitato in trent'anni di carriera". Determinata nel volergli trasmettere dal primo momento la volontà di prenderlo come allenatore, unita, capace di spendere gli argomenti giusti.

Una scelta che, di conseguenza, è stata veloce, facile e rispettosa: "Penso che la Juventus sia il coronamento della mia carriera, penso di aver rispettato tutti e nell'ultimo atto dovevo rispettare la mia professionalità e la mia carriera".

PERCORSO

Non solo il suo percorso professionale ("lunghissimo e difficilissimo", quello che lo porta dai dilettanti al club più potente d'Italia. Un crescendo emozioni su cui scherza anche: "Non è che ci sono passato direttamente, altrimenti sarei morto di infarto una ventina d'anni fa...".

Percorso è anche quello fatto per costruire le sue squadre che sono come "figli" e "se educhi tre figli nella stessa maniera non vengono su allo stesso modo". Percorso è quello che deve iniziare per cominciare a capire la sua Juventus, identificare i giocatori (3-4) "che possono fare la differenza", imparare a conoscerli e poi cucirgli addosso un modo di giocare che sia funzionale e possibilmente vincente.

SARRISMO

"Io non lo so cosa è il sarrismo. Ho letto sulla Treccani che è una filosofia calcistica ma non solo, però io ho sempre pensato e vissuto in questo modo. Io sono questo, negli anni ho cambiato il modo di vedere il calcio e la vita ma spero di essere rimasto sugli stessi concetti: una persona diretta, a volte anche troppo, che ha bisogno di sentirsi dire dagli altri quello che pensano e dire quello che pensa lui. Può portare a scontri, ma sono sempre risolvibili".

OBBLIGO

Inteso come obbligo di vincere, rispetto del motto juventino che rimarca come la vittoria non sia importante ma l'unica cosa che conta. "La Juventus in Italia ha l'obbligo di mettersi sulla spalle il fardello della favorita mentre se parliamo di Champions si parte con l'obiettivo di vincere ma ci deve essere la consapevolezza che a livello europeo ci sono altre 8-9 squadre attrezzate per farlo".

Altrove dice anche: "Vediamo cosa viene fuori della mia Juve, vincere sarà impossibile ma proviamo a continuare a vincere e a divertire tutti". Non è un messaggio di resa. Anzi.

QUALITA'

"Penso che i giocatori che possono cambiarci la storia sono i giocatori offensivi, quelli con grandi qualità. Poi sta a noi organizzarli al meglio. Negli ultimi trenta metri bisognerà partire dai più talentuosi, differentemente da quello che dicono io organizzo i primi settanta metri e lascio liberi gli ultimi trenta dove si gioca su principi di calcio e non su schemi.

La fase difensiva andrà "adeguata" su quello che i talentuosi possonio dare in quella offensiva. Qualche nome? Ne butta lì alcuni senza pretesa di completare un elenco, ma comunque significativi di quale possa essere il suo modo di pensare calcio: Ronaldo (ovviamente), Dybala, Douglas Costa e Bernardeschi. Tutti talenti.

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TRADIMENTO

"Ho vissuto tre anni in cui mi svegliavo tutte le mattine e il mio primo pensiero era quello di sconfiggere la Juventus che stava vincendo. Noi eravamo l'alternativa più credibile. Il mio dovere morale e professionale era fare l'impossibile per battere la Juventus. Ho dato il 110% e lo rifarei. Non ci siamo riusciti, però è chiaro che è un'avversità sportiva. Adesso la mia professionalità mi spinge a dare il massimo per la Juventus. Quello che ho fatto, posso averlo fatto con modi sbagliati ma credo sia intellettualmente apprezzabile. Se ho un avversario che voglio sconfiggere in tutti i modi lo posso odiare, ma apprezzare".

PALAZZO (e potere)

"Io volevo andare a prendere il potere che era lo scudetto. Vincere. Era un terreno puramente professionale. Noi non potevamo stare su tre obiettivi in quella stagione e ne abbiamo scelto uno. Abbiamo provato a essere feroci e ci siamo quasi riusciti, siamo stati in gioco fino a dieci giorni dalla fine del campionato. Eravamo belli convinti. Non è finita come volevamo, ma il viaggio è stato stupendo".

TUTA

"Ne parlerò con la società. Ho scritto sul contratto che quando andrò a rappresentarla fuori dal campo devo essere in divisa sociale, ma in campo preferirei la tuta. Vediamo. L'importante è che a questa età non mi mandino nudo"

DISCRIMINAZIONE

"Non posso cambiare idea se cambio società. Penso che in Italia sia ora di smetterla e che sia una manifestazione di un'inferiorità così netta rispetto a quello che si respira negli stadi europei. E' ora di dissociarci tutti e di dire basta. Basta. E' giusto anche fermare le partite. La mia idea di fondo rimane la stessa".

ERRORE

"Il dito medio mostrato entrando allo Stadium l'ultima volta? E' stato un errore, una reazione esagerata da parte mia e lo spiegai anche nel dopo partita. Dissi che avevo fatto un brutto gesto, un eccesso di reazione nei confronti di 10-15 stupidi. Con i tifosi della Juventus non ho mai avuto nulla. Dovevo non reagire, ma se in mezzo a 45mila persone ci sono 20 stupidi che ti sputano e ti dicono terrone di merda non li considero tifosi della Juventus".

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Giovanni Capuano