Tennis, Diego Nargiso: "Dopo Wimbledon, Quinzi non faccia il mio errore!"
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Tennis, Diego Nargiso: "Dopo Wimbledon, Quinzi non faccia il mio errore!"

Primo italiano a trionfare sull'erba nel torneo juniores, l'ex "pro" invita la giovane promessa a non bruciare le tappe. E coltiva un progetto sull'asse Francia-Italia

Vinci Wimbledon juniores e ti si spalancano le porte del tennis professionistico: accadrà a GianluigiQuinzi, è accaduto a Diego Nargiso, che nel 1987 fu il primo italiano a trionfare sull'erba di Londra e che è stato ora imitato dal giovanissimo campione di Porto San Giorgio. Raggiungiamo telefonicamente Nargiso in Francia, dove a Beausoleil (Costa Azzurra) ha aperto da circa un anno la sua International Tennis Academy .

Diego, ora non sei più l'unico nostro tennista ad aver trionfato nel Wimbledon juniores…

"E non sono proprio dispiaciuto della cosa. Anzi, sono felicissimo che dopo tanti anni un giovane tennista italiano si sia messo in luce con un risultato così importante. Se si guarda l'albo d'oro di quel torneo, si vede come tra i suoi vincitori ci sono tanti che hanno poi fatto la storia del tennis e tanti altri - come ad esempio il sottoscritto - che comunque hanno potuto giocare per diversi anni ad alti livelli. Io ad esempio conto 42 prove del Grande Slam e auguro a Gianluigi non solo di superarmi, ma di cogliere risultati anche molto più importanti dei miei".

Un consiglio al proposito? Come entrare al meglio nel mondo dei "pro"?

"Quinzi è un ragazzo di grande personalità e spavalderia: per molti versi mi ricorda me stesso a quell'età. Credo che per farcela debba continuare a lavorare come sta facendo ora, facendosi seguire da un bravo manager per tutto ciò che concerne il tennis fuori dal campo, perché questo è il momento in cui tutti cercano di avvicinarti per approfittare della situazione. Poi, una volta entrato tra i professionisti, dovrà essere bravo a mantenere equilibrio e fiducia anche quando le cose non vanno per il meglio e i media passano dall'osannarti alle critiche più feroci. Ma c'è una cosa che voglio soprattutto consigliare a Gianluigi in base alla mia esperienza: non bruciare le tappe!".

Perché invece tu l'hai fatto?

"Sì, e in quel momento ero anche convinto che fosse giusto, ma ripensandoci farei tutt'altre scelte. Ad esempio ho subito partecipato con una wild card agli Internazionali di Roma e ho pure eliminato Emilio Sanchez, che in quel momento era il n°7 al mondo. Allora ero esaltato all'idea di vedermela subito con i più forti e nei tornei più importanti, ma oggi credo che sarebbe stato molto meglio andare per gradi. Ecco perché consiglio a Gianluigi di andare per gradi, prendendosi il suo tempo per fare esperienza: è giovane, ha tempo e classe per arrivare poi ai successi desiderati. Le case solide e durature si costruiscono partendo dalle fondamenta". 

Il successo di Quinzi può contribuire a rilanciare il tennis italiano, anche e soprattutto in termini di praticanti?

"In realtà sono diversi anni che il tennis sta riguadagnando posizioni in Italia, con tanti adulti che lo giocano o sono tornati a giocarlo. Diciamo che l'avvento tra i pro di un giovane come Quinzi può contribuire a far ripartire il movimento dai bambini, stimolandoli a scegliere questo sport anziché altri. Al proposito, voglio però dire che la Federazione deve saper valorizzare meglio le sue punte di diamante anche in campo maschile: Andreas Seppi è ora intorno al 20° posto nella classifica Atp e ciò significa che è un campione di assoluto valore. Che da noi è invece sottostimato".

Qualcuno potrebbe obiettare che tu hai però scelto di aprire la tua Accademia in Francia…

"In realtà non è proprio così. Si tratta di un progetto ambizioso, in cui mi sono buttato con entusiasmo dopo un periodo di pausa e per il quale sto costruendo una rete di interessanti collaborazioni proprio in Italia. L'idea è quella di avere pochi giocatori qui in Francia, ma di seguirne altri lasciandoli nei loro club e affiancando quindi i loro allenatori 'a domicilio'. Sono convinto che i ragazzi e le ragazze crescano meglio anche come sportivi rimanendo nel loro ambiente e con questo progetto spero appunto di poter dimostrare la validità di quest'idea".

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Paolo Corio