Nba: perché Golden State ha 'umiliato' San Antonio
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Nba: perché Golden State ha 'umiliato' San Antonio

Cosa c'è dietro i 30 punti rifilati dai Warriors di Steph Curry agli Spurs

Doveva essere la partita di regular season più combattuta, quella tra le due squadre migliori dell'Nba – nei numeri, erano le due formazioni con il miglior record di sempre a trovarsi l'una contro l'altra con almeno 40 partite in stagione.. –. Si è trasformata nella cavalcata degli Warriors sugli Spurs con un meno 30 tondo tondo (120-90) in favore di Golden State che con uno Steph Curry da 37 punti e 6 triple ha fatto capire che, se davvero (come dicono) dovesse essere questa la finale della Western Conference, non sarà facile per Popovich e soci passare alla Oracle Arena.

Quello che ora ci si chiede e se la debacle di San Antonio al cospetto dei campioni in carica possa essere considerata come sintomo di una differenza reale tra le due squadre – detto che i 30 punti sono ingannevoli, in qualsiasi modo vengano presi –, oppure sia il frutto di una serie di fattori contingenti. Abbiamo provato ad analizzarne alcuni.

Le palle perse di San Antonio

Tony Parker perde palla sulla pressione degli Warriors.Getty Images

26 palle perse, per una squadra che ne perde 13 di media a partita (settima in Nba), sono già di per se una rarità. Il fatto che gli Spurs ne abbiano lasciate lì 8 nel solo primo quarto la dice lunga sulla serata storta degli uomini di Popovich che con quelle palle perse hanno scatenato il contropiede dei Warriors, non di molto superiori nel trattamento di palla (21 perse) ma micidiali nel punire la transizione difensiva insolitamente lenta di San Antonio.

Il duello Green vs Alridge

Draymond Green con il numero 23.

Che Draymond Green sia uno dei giocatori più versatili e decisivi dell'Nba del 2016 non è una novità, ma che il duello con il 4 volte all star LaMarcus Aldrige finisse +29 a -20 – questa la differenza di plus/minus tra i due giocatori – in favore dell'ala da Michigan State è un duro colpo per tutto il backcourt di San Antonio, rinforzato nella scorsa estate proprio dall'arrivo dell'ex centro dei Portland Trail Blazers.

No Duncan No Party

Tim Duncan, assente per un dolore al ginocchio.Getty Images

Forse non sarebbe bastato nemmeno Duncan, out per preservare il ginocchio dolorante, a raddrizzare la serata storta nella quale è incappata San Antonio. Certo è che la sola presenza del numero 21 avrebbe giovato agli Spurs, soprattutto nel sostenere emotivamente la tempesta generata dal ritmo infernale imposto dai Warriors, stile di gioco che quest'anno appartiene molto meno alla squadra di Popovich tornata, in controtendenza rispetto alle ultime stagioni, a un gioco più ragionato e con maggiore uso del post basso. E anche qui Duncan avrebbe potuto dire la sua..

Leonard sottotono

kawhi Leonard.Getty Images

Il doppio passaggio (per non dire salto) a vuoto prima della tripla di Curry a 3 minuti dalla fine del terzo quarto è l'emblema della serata 'normale' di un Kawhi Leonard da 16 punti e 5 rimbalzi, ma infilato a ripetizione dal numero 30 dei Warriors autore di un paio di giocate da highlights in faccia al miglior difensore della lega.

Curry da Mvp

Steph Curry esulta dopo una tripla. Sullo sfondo, Kawhi Leonard.Getty Images

Inutile nascondersi: quando gioca così non c'è difesa che possa fermare Steph Curry. Non ci è riuscita nemmeno quella degli Spurs che le hanno provate davvero tutte per fermare l'Mvp mettendogli sulle piste, nell'ordine, Tony Parker, Patty Mills, Jonathon Simmons e quindi Kawhi Leonard. Il risultato si conta nei 37 punti e le 6 triple infilate dall'Mvp che (per ora) si è dimostrato è un vero e proprio rebus per Popovich..

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Teobaldo Semoli