Fiorentina-Juventus, le ragioni dell'odio (sportivo)
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Fiorentina-Juventus, le ragioni dell'odio (sportivo)

Impossibile far finta di nulla: la sfida tra viola e bianconeri non è una partita come le altre da almeno 32 anni. Ecco perché...

Premessa fondamentale: la violenza (fisica ma anche verbale) è sempre e solo da condannare. Però non si può certo ignorare la valenza che certe sfide hanno per le tifoserie: partite di importanza vitale, che se vinte arrivano quasi a giustificare un'intera stagione... E' il caso di Fiorentina-Juventus: prima piccole scaramucce, alimentate più dalla grande differenza di valori in campo che da reali sollecitazioni del cuore, poi il grande buio, che prese forma di tempesta il 16 maggio del 1982. Nell'ultima giornata di campionato, la Juventus strappa sul traguardo lo scudetto alla Fiorentina con un rigore e una spinta. A Catanzaro, i bianconeri di Trapattoni vincono la gara con i padroni di casa grazie a un penalty concesso dall'arbitro Pieri per un tocco di mano del difensore di casa Celestini su tiro di Fanna. Dal dischetto, Brady fulmina Zaninelli: 0-1 Juve. A Cagliari, i viola di De Sisti si vedono annullare un gol a Graziani per un precedente contatto tra Bertoni e il portiere Corti. Per il direttore di gara Mattei è carica sul portiere: tutto da rifare. La Fiorentina ci prova e ci riprova, ma non andrà oltre lo 0-0. Al 90', la classifica dice Juve 46, Fiorentina 45. E' scudetto bianconero e disperazione (e rabbia) viola. Il popolo di Firenze canta "meglio secondi che ladri", quello della Torino a strisce brinda al tricolore. E' l'inizio del grande freddo. 

Seguirono salti nel vuoto da cartellino rosso (le ingiurie viola senza giustificazione per la tragedia dell'Heysel, con lo striscione esposto in Curva Fiesole che declamava: “Heysel: 39 gobbi in meno”), partite infinite dense di accuse e rimandi (la doppia finale Uefa del 1990, con il giocatore viola Pin che dopo il 3-1 dell'andata a Torino grida "Ladri" ai microfoni Rai), storie di fuoriclasse che hanno cambiato maglia per ragioni di portafogli (il trasferimento di Roberto Baggio alla Juventus nell'estate del '90 creò scossoni da prima pagina a Firenze), quindi piccoli e grandi sgambetti che negli anni non hanno fatto altro che alimentare un livore carico di ansie, sospetti e dispetti da entrambe le parti (l'ultimo caso, il braccio di ferro delle due società sul tesseramento, poi mancato, dell'attaccante bulgaro Berbatov). Sulla tratta Firenze-Torino si fa fatica a calare il sorriso. Ogni sfida è un derby. Ogni derby è una gara da dentro o fuori, da giocare con il coltello tra i denti, fin quando fa male, fin quando ce n'è. Sul piatto, tre punti che valgono almeno il doppio. Chi vince, vola e intona il canto. Chi perde, smette di sognare gloria fino al prossimo incrocio.

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Dario Pelizzari