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Fifa, un rapporto accusa: "Federazioni calcistiche poco trasparenti"

168 su 209 non rendono pubblici i bilanci né comunicano la gestione dei contributi. Russia e Qatar nella lista nera, Italia promossa

La buona notizia è che c’è almeno una classifica internazionale dove l’Italia figura tra i Paesi più virtuosi. Quella cattiva è che quasi tutti gli altri Paesi, invece, non lo sono. E visto che purtroppo si parla di calcio - un settore dove le transazioni internazionali sospette, speso su aree offshore, sono all’ordine del giorno - e di Fifa - un’organizzazione già fiaccata nell’ultimo anno da importanti scandali su questo fronte - non c’è da stare molto allegri.

Le entrate? "Segrete"
Il report che getta nuove ombre sulla gestione finanziaria del pallone globale è stato firmato dalla ong indipendente Transparency International, pubblicato questa mattina e all’interno del quale si può leggere, per esempio, che “ben 168 federazioni calcistiche su 209 non rendono pubblici i loro bilanci, con particolare riferimento a ciò che riguarda i capitoli in entrata”. L’inchiesta, infatti, ha preso il via all’indomani dei Mondiali brasiliani del 2014, dopo che (dalle ricche Figc, FA e Liga spagnola fino alle minuscole isole Vanuatu, dove giocano a calcio poche decine di dilettanti) si è vista girare in media due milioni di dollari derivanti dai proventi della kermesse. Ebbene, soltanto 14 di loro hanno reso pubblico il dato attraverso i loro canali abituali: tra questi, oltre come detto alla Figc, ci sono le federazioni di Canada, Danimarca, Inghilterra, Islanda, Giappone, Irlanda del Nord, Lettonia, Nuova Zelanda, Norvegia, Portogallo, Eire e Svezia.

Molte di più quelle che invece hanno fatto finta di niente, un approccio peraltro con il quale hanno parecchia familiarità. “I tifosi di calcio hanno il diritto di sapere come le loro federazioni gestiscono i soldi. Una maggiore trasparenza ridurrebbe i rischi di corruzione che sono alti in tutto il mondo, mentre la carenza di informazioni ingarbuglia il problema”, ha spiegato il numero uno di Transparency International Cobus De Swardt, rilevando anche come “il quartier generale della Fifa, con i suoi ripetuti scandali a sfondo finanziario, rappresenti solo una parte del problema e costituisca la logica prosecuzione di ciò che accade alla base del movimento”, dove vengono gestiti quotidianamente i flussi di denaro.

Gli standard minimi richiesti
Sono quattro le misure fissate dalla ong come standard minimi per la propria trasparenza: la pubblicazione di bilanci certificati, una relazione annuale dell’attività svolta, un codice etico di condotta e procedure organizzative e gestionali in linea con quelle di una società privata di pari dimensioni e fatturato. Ebbene, 87 federazioni nazionali, quasi la metà del totale, non adempiono a nessuno di questi compiti, compresi gli organi di quattro dei 15 membri del comitato esecutivo Fifa: Congo, Cipro, Kuwait e le isole Turks e Caicos. La Russia, Paese ospitante della Coppa del Mondo 2018, ha centrato appena due dei quattro requisiti e l’organizzatore del mondiale 2022, il Qatar, ha segnato a sua volta zero.

Insomma, non certo un quadro rassicurante, considerate anche le polemiche che hanno coinvolto proprio la Fifa e i comitati promotori locali in merito all’assegnazione dei due tornei. Staremo a vedere se gli organi di vigilanza e l’Europol, come fatto già altre volte in passato, troveranno nuovi spunti di indagine nelle 16 pagine del rapporto firmato da De Swardt.

Il rapporto, pagina per pagina


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Gianluca Ferraris

Giornalista, ha iniziato a scrivere di calcio e scommesse per lenire la frustrazione accumulata su entrambi i fronti. Non ha più smesso

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