La Confederation Cup non è una cosa seria
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La Confederation Cup non è una cosa seria

Titoloni, inviati, diretta tv, pure l'album di figurine. Ma non chiamatelo calcio, per favore...

Quando abbiamo saputo che la Panini, mito e leggenda per tutti noi, ci ha fatto un album, ci sono cascate se non le braccia, almeno le dita. Ora temiamo fortemente che il passo successivo possa essere l’instant album sul Trofeo Birra Moretti o il mini-album sul Berlusconi d’agosto.

Senza dita, scriviamo col cuore, anche perché di preghiera si tratta: non fateci passare la Confederation Cup per qualcosa di serio, al di là della denominazione pomposa. Sono amichevoli di fine stagione, con giocatori tirati all’osso da un centinaio di partite, un certo giro di soldi in ballo e il pretesto di collaudare la macchina mondiale. Quando sappiamo bene che in un anno tutto o molto può cambiare, si spera in meglio e non con un paio di mani di vernice.

Vacanza premio in Brasile. Ci sono posti peggiori. Pagata anche per mogli, amici, amanti al seguito. O se preferite, una specie di Erasmus per fuori corso. Mica si va in Groenlandia con l’Erasmus, ma da qui a Barcellona o Siviglia per esempio: qualche sbirciatina ai libri e tanta movida. Giusto così. Non stiamo dicendo il contrario. Basta saperlo e prenderne atto. Poi nella seconda metà di giugno degli anni dispari, gli entusiasmi sono facili, possiamo capire anche questo.

Tutto finito da qualche settimana, mercato ovviamente fatto solo di aria, Galliani in crociera sociale, Moratti che recita Amleto in thailandese, Marotta che rompe tutti i salvadanai per andare a caccia del miracoloso top player e Osvaldo forse a Formentera a tirare il gruppo della Serie A. Che se dovessero organizzare lì un torneo di questi tempi, forse davvero ci sarebbe da divertirsi davvero e da fare un buon album delle figurine. Dunque in questo clima, ormai afoso, arche il torneo intercontinentale dei bar diventa qualcosa di eccitante. Anche perché in diversi, in quei quattro milioni e mezzo di italiani che hanno avuto il coraggio di vedere Italia-Haiti almeno, comincia la sindrome di quello che gli inglesi chiamano “cold turkey”. Chi ha letto Trainspotting, magari ha già capito. Per gli altri traduciamo in “astinenza”. Bisogno di qualche dose di pallone.

La prima in arrivo sabato sera: Italia-Messico, da non perdere. Con la Gazzetta che già usa dodici colonne per scrivere “Il mondo aspetta Balotelli”. Quasi non avesse altro di meglio da fare, povero mondo. Lui intanto, Mario, concede l’amicizia su FB a Neymar e scrive tweet preoccupanti, come quello su “professionalità, umiltà e impegno”. Lo fa tra una sfida e l’altra alla Playstation con Abate. Ma va bene, giusto così. Non è che in gita non ci si debba divertire. Anzi, ragione lui da vendere. Sui videogames naturale. Sul tweet facciamo finta di non aver letto, che è meglio. Così come ha più che ragione la Nigeria: il prezzo non è giusto, veniamo se ci date qualche dollaro in più. Staccato l’assegno sono saliti di corsa sull’aereo per il Brasile. Questo è lo spirito della Confederation Cup. L’importante, come già detto, è saperlo prima.

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Carlo Genta