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Ecco perché la nazionale indossa la maglia verde in Italia-Grecia

La corsa al fatturato della Figc e le esigenze degli sponsor dietro la rivoluzione della terza divisa (e perché la vedremo ancora)

Non c'è nulla di sentimentale o scaramantico dietro la scelta della Figc di far giocare la nazionale all'Olimpico in Italia-Grecia, gara che ci può regalare il pass per l'Europeo 2020, con l'inedita terza maglia color verde. Una divisa già indossata nel 1954 per un'amichevole contro l'Argentina e che è stata presentata pomposamente come omaggio al rinascimento del nostro calcio, simbolo dell'attenzione ai giovani che il ct Mancini sta coltivando.

La realtà parla di un'operazione di marketing commerciale che apre una nuova fase della vita della Federcalcio e della nazionale. Dovremo abituarci a ragionare come se si trattasse di un club - un grande club - con tutti i vantaggi e i limiti di questo nuovo approccio. Non è detto sia una cattiva notizia in termini assoluti, ma significa anche metabolizzare future concessioni fatte in ragione di logiche commerciali.

Il colore verde nella notte dell'Olimpico non sarà un'eccezione. Anche contro l'Armenia in novembre sarà utilizzato e poi chissà, sperando che almeno nelle grandi occasioni ufficiali ci sia il rispetto del colore azzurro (o bianco se necessario) che ha scritto la storia della nazionale.

Italia, contro la Grecia ecco la maglia verde per la nazionale I VIDEO

Quanto incassa la Figc dagli sponsor

Ad aver progettato, disegnato e prodotto la terza maglia verde è stata la Puma, sponsor tecnico della nazionale dal 2003. Ogni anno versa circa 18 milioni di euro nelle casse della Figc con un sistema di bonus/malus legato ai risultati della rappresentativa maggiore e con royalties che vanno ad incrementare gli incassi della federazione.

L'operazione terza maglia non porterà un euro in più da questo punto di vista, ma certamente servirà a Puma a muovere un po' il mercato con un prodotto che è pensato per le giovani generazioni. Così è stato lanciato anche nel video promozionale e non è una sorpresa in un'epoca in cui i club lavorano molto sulle terze maglie per avvicinare quote di mercato altrimenti tagliate fuori dal merchandising classico.

La Figc, invece, tenta un approccio più dinamico al settore commerciale che nel precedente quadriennio 2015-2018 ha portato in via Allegri un fatturato da 63 milioni di euro. L'obiettivo per il 2019-2022 è andare oltre quota 100 con un incremento costante da una decina di milioni a stagione, partendo dalla scelta di gestire internamente la partita delle sponsorizzazioni dopo aver risolto l'accordo con l'advisor Infront.

Numeri in crescita anche per l'esigenza di trovare altrove le risorse che il Coni continua a tagliare. Nel 2018 i contributi alla Figc si sono fermati a 36,4 milioni di euro contro gli 81 di dieci anni fa (senza andare ancor più indietro nel tempo ad altre epoche d'oro): per comprendere il peso dei tagli, si è passati da un'incidenza del 43,9% sul bilancio complessivo della Federcalcio a una del 20,7%. Non solo soldi per pagare lo stipendio del ct, ma denaro che serve per finanziare l'attività calcistica a qualsiasi livello, stipendiare gli arbitri, consentire lo sviluppo dell'impiantistica giovanile.

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Quante maglie della nazionale vengono vendute

Quello delle maglie e del merchandising ufficiale della Figc, marchiato Puma, è un mercato legato molto ai risultati della nazionale e all'alternarsi delle stagioni pari (Mondiali ed Europei) e dispari (prive di grandi eventi). Nel 2017 sono stati venduti in giro per il mondo 600mila articoli ufficiali contro il milione e 200mila del 2016, anno dell'Europeo, e il milione e 400mila del 2014 del Mondiale brasiliano.

Il record nella serie storica dell'ultimo decennio è stato toccato nel 2010 con 2 milioni di pezzi. La curiosità è che il merchandising tira più all'estero che in Italia. Nel 2018 l'81% delle vendite è stato realizzato fuori dal nostro Paese che nel dettaglio continua a rappresentare il mercato più attivo (19%) tallonato da Stati Uniti (14%), Germania (9%) e Francia (8%).

Dati che legano il successo delle maglia azzurre e dei prodotti di abbigliamento alla presenza di forti comunità italiane. Il futuro potrebbe riservare qualche novità di non poco conto.

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Giovanni Capuano