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DANIEL DAL ZENNARO / ANSA
Lifestyle

I 50 anni del Governatore, Paul Ince

Temperamento, leadership e tecnica, due stagioni indimenticabili in nerazzurro. Oggi sarebbe perfetto per fare l'assaltatore per Luciano Spalletti

Massimo Moratti sognava di portarlo a Milano, insieme con il compagno di squadra, Eric Cantona. Andò anche in Inghilterra per ammirarli insieme contro il Crystal Palace, ma il francese in quella partita si lanciò su un tifoso avversario con un calcio da kung fu e il "double" sfumò. Nell'estate del '95 Paul Ince fu il primo acquisto del nuovo corso morattiano, con lui arrivarono anche Javier Zanetti e Roberto Carlos.

Il suo addio a Manchester fu paragonato a quello di Robbie Williams dai Take That. All'Inter fu accolto già dal primo giorno da un contagioso entusiasmo, tanto da farlo dire, il giorno della presentazione, "here are all crazy".

Ci mise poco tempo ad affermarsi come un leader, un trascinatore in una squadra dove mancava invece una guida sicura in panchina: tre tecnici il primo anno (Bianchi, Suarez, Hodgson), due nel secondo (Hodgson, Castellini).

"Come on, Paul Ince, come on", gridava la Nord al suo beniamino, che dopo solo due stagioni decise di tornare in Premier League per volere della moglie, colpita da una saudade britannica.

Decisione che fece piangere Moratti. «Quando gli dissi di voler tornare in Inghilterra, scoppiò in lacrime. Aveva appena acquistato Ronaldo, mi sarebbe piaciuto giocare con il brasiliano, ma per motivi familiari decisi di andare via. Per Moratti nutro un grande rispetto e parlo ancora con lui. Adoro quell’uomo. Rese possibili quegli anni fantastici. Non li dimenticherò mai».

Una dichiarazione d'amore ricambiata dall'ex numero uno che tre anni dopo la separazione confessò di essere stato tentato dal riportarlo a casa: «Mi manca, Ince. Un giocatore, ma soprattutto un uomo immenso. Mai una simulazione, anzi ricordo che andava a insultare i suoi compagni che facevano scena. Quest'estate ho anche proposto a Lippi di riprenderlo, essendo in scadenza di contratto». 

Ince ha rappresentato anche un'icona dell'antirazzismo.

Per Moratti fu importante per frenare alcune frange estremiste del tifo, mentre in Inghilterra si è affermato come primo capitano nero della Nazionale e, dopo il ritiro, primo allenatore di colore in Premier League. 

«In una partita contro la Cremonese sfidai il portiere e finii a terra. Quando mi rialzai tutto lo stadio cantava: 'Negro di merda'. Provai un senso di disgusto, per fortuna arrivarono tante scuse più avanti. Da quel momento in allenamento anche i miei compagni dell'Inter erano soliti chiamarmi negro, ma lo facevano con affetto. Per risolvere il problema del razzismo nel calcio affrontai la questione anche con George Weah». 

In nerazzurro Ince fu impiegato in ruoli diversi, prima di trovare la collocazione nel centro del gioco, nel pieno della battaglia. «Bianchi mi metteva nella posizione sbagliata, largo a sinistra nel 3-5-2. Ho giocato persino difensore centrale, fu difficile da accettare». E dire che lui, fusto d'ebano, nella prima intervista estiva si era ben descritto: «come gioco? in mezzo al campo, per rubare palloni e distribuirli ai compagni, scambiando rapido, quickly. Mi piace giocare duro, senza risparmiarmi, come piace alla gente».

La personalità strabordante lo portò durante i Mondiali del '98 in Francia affrontò, insieme con Alan Shearer, a muso duro il ct Glenn Hoddle, per chiedere (e ottenere) la promozione a titolare del giovane David Beckham.

Ma Ince non aveva solo grinta e temperamento, era dotato anche di un'ottima tecnica e capacità di inserirsi, uno Spalletti avrebbe potuto trasformarlo in assaltatore alla Nainggolan. Nonostante gli equivoci tattici, realizzò infatti tredici gol in 73 partite. Qualche stagione fa l'Inter ha trattato, invano, per il cartellino del figlio Tom, attaccante esterno dell'Huddersfield Town.    

Happy birthday Governor, and come on, Paul Ince, come on.

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Filippo Nassetti