Singapore: niente sfugge al grande fratello
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Singapore: niente sfugge al grande fratello

Ogni passo di ogni cittadino, nella città-Stato asiatica, viene controllato e "spiato" attraverso internet, e reso pubblico: è il "governo dell'algoritmo"

La scomparsa delle nazioni, sostituite da Città-Stato governate attraverso il Big data, cioè l'immensa massa di dati informatici e di e algoritmi che corrono su internet, è una delle visioni dei futurologi della Silicon Valley.

Londra potrebbe essere il primo esempio europeo, Milano quello italiano. Ma a Singapore è già realtà. La Svizzera d'Oriente, anche grazie a un potere che dal 2004 è nelle mani del presidente Lee Hsien Loong, ha messo in pratica in pochi anni le teorie delle grandi università americane sulle società connesse, sperimentando in parte il cosiddetto "governo dell'algoritmo".

Singapore è un'isola e una città-Stato da poco più di 50 anni, con tre etnie da 7 milioni di abitanti, cinesi, malesi e indiani. Ed è il luogo più connesso di tutta l'Asia.

Qui, l'82 per cento della popolazione usa internet e il 67 per cento è attiva sui social media. Così facendo, produce miliardi di dati che vengono analizzatie organizzati dallo Stato: come Pollicino, i cittadini lasciano tracce e umori in rete. Basta raccoglierli e analizzarli per anticipare i bisogni futuri di chi li ha seminati. Orientando tutti "dolcemente" verso comportamenti utili a loro e allo sviluppo di una comunità efficiente.

Una politica paternalistica e disciplinare, dunque, che costruisce a monte le strutture che determineranno la vita sociale. "I Big data sono eticamente neutrali. Il compito della politica è utilizzarli per il bene" è scritto a caratteri cubitali in un'esposizione nel Marina bay sand, l'hotel-monumento più famoso di Singapore con le sue tre torri, una per ogni etnia, unite dalla piscina-barca che offre la vista più bella sulla città. Qui la vita sociale e politica è determinata dal web; dalle telecamere, disseminate ovunque, ai Big data prodotti da sensori, smartphone, ipad.

Se un uomo butta una carta a terra davanti a una delle migliaia di webcam per le strade, sarà costretto a indossare per una settimana una maglietta rossa con su scritto: "Litterer" (cioè "Insozzatore"). Se lo rifà, dovrà pulire un parco. Con la certezza di essere ripreso, nessuno tocca un portafogli abbandonato se non per portarlo all'Ufficio oggetti smarriti (un esempio personale: il mio smartphone è rimasto una giornata in piscina e l'ho ritrovato dove lo avevo lasciato). E a cosa serve il chewing-gum? Non fa bene, rischia di sporcare a terra, potrebbe essere usato per oscurare le webcam. Quindi è proibito: per il bene del singolo e della comunità, può essere masticato solo in casa.

Questo è un mondo in cui l'analisi dei dati orienta tutto, anche l'educazione. A 12 anni un bambino già conosce il nome della sua università; un ricercatore fa carriera e viene finanziato (o viceversa invitato a cambiare progetto, o addirittura mestiere) di pari passo con i dati prodotti dalla sua ricerca. È una specie di dittatura della meritocrazia. Il merito lo stabilisce la "data analysis".

Anche gli oggetti connessi a internet parlano tra loro, rilasciando informazioni sui comportamenti umani. L'ascensore, per esempio, non ha pulsanti: basta l'identificazione digitale al piano terreno e la macchina sa da sola qual è il piano dove sbarcare il visitatore o il residente, consentendogli l'accesso solo all'ambiente previsto. Ma segnalerà al sistema se avete raggiunto piani diversi da quelli abituali.

Quando il fondatore Lee Kuan Yew, padre dell'attuale premier, chiamò dagli Stati Uniti gli esperti delle più avanzate università, aveva in mente di costruire la "società perfetta", dove tutti abbiano da mangiare, non ci siano reati (è il secondo Paese al mondo per rarità di crimini e senza troppa Polizia per le strade) e dove a tutti lo Stato possa garantire una "public house" in un elegante condominio. C'è riuscito. Ora tutto il mondo sta lì, a guardare se farne o no un modello universale.

Ma come funziona? A dire il vero, è un po' inquietante: dalla dimensione della casa agli studi, dal lavoro al prestigio sociale, tutto è diretta conseguenza dei dati prodotti. La reputazione è moneta sonante. Ed è frutto non tanto di "quante" cose si fanno ma di "come" si fanno. Un chip inserito nella carta d'identità, provvista di impronte digitali, contiene tutta la vita di una persona così come l'ha memorizzata il governo: dalla salute ai dati familiari e professionali. Informazioni cui può accedere però, con il consenso del cittadino, anche un'azienda privata che debba fare affari con quella persona, o che debba assumerla in base a un mix di curriculum e reputazione.

Il tasso di felicità e di benessere è alto, anche grazie all'offerta di cibo continua e accessibile, ma i baluardi di questa felicità nei giovani lasciano un po' perplessi: i ventenni di Singapore non saltano la scuola e non organizzano proteste, ma perdono ancora la testa per Hello Kitty, arrivando a fare file chilometriche per una bambola vestita con il costume locale.

I giovanissimi influencer di youtube qui plasmano i coetanei attraverso gli stereotipi della ragazza dolce, o del caro amico. Nessuno va mai completamente in pensione, ma viene gradualmente e dolcemente riassegnato a incarichi meno impegnativi. Il governo, insomma, riesce a disegnare l'identità dei cittadini. Tenendo conto delle loro attitudini culturee religioni li "ricrea". Anche per questo qui pensano che l'era di internet sia il nuovo Big bang. Lo chiamano "Big bang data".

La città-Stato, una Repubblica a suo modo, è una capitale della finanza internazionale e, anche se non approva il gioco d'azzardo (è proibito ai residenti), lo legalizza e alimenta per non perdere il turismo di lusso.

Un viaggio in quest'isola, che vuole essere la prima "smart nation" dell'infosfera, è il modo migliore per capire come sarà la nostra vita se lasciamo che le aziende tecnologiche costruiscano il mondo intorno a interessi commerciali ed esigenze di ordine e sicurezza. Un esempio eclatante sono i tassisti, monitorati lungo il tragitto attraverso sensori posti a ogni isolato: il sistema sa esattamente a che velocità procedono, e sulla piattaforma è possibile monitorare il rapporto età-stile di guida, decidendo quando spostarli ad altro incarico.

La prostituzione è legale e controllata anche attraverso esami medici regolari e, sempre nell'ottica della prevenzione, per diventare residenti bisogna passare il test dell'Hiv. Le auto costano un occhio, in media tre volte più che in Italia, ma ogni 70 cittadini c'è una Porsche. E sono davvero tante: solo per la targa gli abitanti spendono 10 mila euro, anche se dura solo dieci anni.

Quando le auto saranno autonome e connessea internet, qui sarà difficile per un marito andare dall'amante senza che la moglie o lo Stato lo sappiano; come per un impiegato allontanarsi dal posto di lavoro durante l'orario: non si potrà commettere alcuna azione scorretta spostandosi in macchina. Ma già oggi è difficile anche mettersi le dita nel naso, davanti alle webcam in ogni abitacolo, senza immaginare che quell'immagine possa finire davanti agli amici, o ai nemici.

Pian piano, ma non c'è voluto troppo, i cittadini sono stati gentilmente spinti a non parlare al telefono. Qui si chatta e basta, così tutte le conversazioni lasciano una traccia che può essere ordinata e utilizzata per capire i network e le relazioni. Se l'obiettivo era ottenere un ordine più o meno spontaneo, qui ha funzionato.

La qualità della vita è altissima. Per ricchezza media degli abitanti e per sicurezza. Il sistema giudiziario è tra i più efficienti. Le pene, esemplari, non escludono quelle corporali e la pena di morte. I pochi crimini, o i comportamenti scorretti, vengono puniti severamente: un funzionario della pubblica amministrazione è stato condannato a sei mesi di reclusione per aver accettato in dono dolci dal valore di 20 dollari.

Per prevenire la corruzione, piaga asiatica, gli stipendi dei dipendenti statali sono molto elevati. Chi viene trovato con della marjuana in tasca viene condannato a morte; ma, a parte la pena definitiva, il danno peggiore è macchiarsi di un reato: scalfirsi la reputazione che è moneta sonante.

Ogni azione, bella o brutta che sia, infatti, viene "caricata" sulla catena elettronica, consultabile dalla carta d'identità o attraverso Google.

Il valore della reputazione cambia la natura stessa della politica, della società dell'economia, del marketing. Per questo a Singapore il nuovo brand è il "debranding": man mano che aumenta lo status sociale il marchio scompare da vestiti e oggetti. Sostituito dal personal branding. Che si basa appunto sulla reputazione: io valgo tanto; quindi io divento il marchio: il debranding è la logica degli influencer e degli youtubers del web che si fa economia.

Danilo Giannoni, italiano, vive felicemente in una zona residenziale di Singapore con sua moglie Lym-Ja, che lavora in uno dei fondi d'investimento più importanti del mondo: Pimco.

Lui, artigiano orafo del nord Italia trasferito prima in America, poi a Hong Kong e infine, per amore, a Singapore, oltre ad avere una sua linea disegna oggetti e gioielli su commissione. Ci mostra foto di pietre destinate a miliardari orientali e arabi, disposti a spendere dai 9 ai 150 milioni di dollari. "L'unica cosa che conta per i Paperoni dell'Est è che il loro oggetto sia unico al mondo. E irreplicabile".

Un cinese si è fatto costruire un gabinetto da 3 milioni e mezzo di dollari. Già, proprio una tazza del cesso, rivestita in oro e diamanti. Quando lo ha commissionato ha aggiunto: "Voglio ricordarmi sempre che ho tanti di quei soldi da poterci c...re dentro". In effetti un gabinetto non si esibisce e, a differenza dei gioielli delle capricciose mogli dei miliardari, non può dirsi uno status symbol. "Abbiamo clienti che ci chiamano da Hong Kong anche alle 2 di notte, insonni perché insoddisfatte del gioiello che loro stesse avevano contribuito a disegnare: dopo soli 20 giorni già lo vogliono cambiare" racconta Giannoni "e i mariti glielo lasciano fare anche 4 o 5 volte in un anno, con costi dai 30-40 mila dollari in su per ogni piccola modifica".

Le cosiddette "Tai Tai", cioè le asiatiche ricche e famose, indossano invece il gioiello in un paio d'uscite, rigorosamente senza marchio, e poi lo rivendono al doppio o al triplo del suo valore solo per averlo indossato. Perché sono diventate loro stesse in qualche modo il brand del gioiello debrandizzato. Il contrario, per dire, di Bulgari che sceglie la testimonial Carla Bruni per il proprio marchio, che resta comunuque proprietario del gioiello e indiscusso protagonista della campagna.

Nonostante questo, i negozi dei marchi tradizionali misteriosamente riescono a pagare affitti che raggiungono anche 1 milione di dollari al mese. Tutti, a Singapore, hanno una casa. Lo Stato (o l'algoritmo?) le attribuisce a seconda del reddito. In certi casi gli affitti sono concessi alla famiglia per 99 anni, dopo i quali il bene torna allo Stato. Se il reddito familiare è troppo alto, avere una proprietà privata è impossibile.

Il mondo connesso e tracciabile è costruito perché tutti siano felici; e perché, insieme ai crimini, scompaiano mistero e riservatezza. La privacy sembra diventare un furto; il segreto una bugia.

Il senso di colpa è diffuso e costante come un'ombra, anche se non si è fatto nulla di male. Non essere tenuti a rendere conto delle proprie azioni rende possibili i reati, quindi ci si deve sempre sentire osservati. Così a Singapore, ordinando i dati degli abitanti, si fanno marciare all'unisono 7 milioni di persone, divise nelle tre etnie. Ma se i dati sono diamanti, hackerandoli si può arrivare a manipolare salute e identità dei cittadini.

Qui ne sono pienamente consapevoli. Per questo il presidente ha da poco preso una decisione drastica: bloccare l'accesso a internet dai computer dei dipendenti pubblici e creare connessioni protette, per evitare attacchi informatici da parte di Paesi stranieri. "Abbiamo deciso così. Ne siamo contenti? No, perché questa misura rallenterà la produttività. Ma in termini di sicurezza per i dati dei nostri cittadini e delle informazioni su di loro, anche sulla salute, è assolutamente necessario" ha spiegato Lee Hsien Loong davanti alle telecamere a fine giugno. A rischio, insieme ai dati, c'è la fabbrica delle identità.

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Barbara Carfagna