Elisabetta Canalis ambasciatrice Unicef: cosa ho scoperto
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Elisabetta Canalis ambasciatrice Unicef: cosa ho scoperto

La showgirl in visita al centro smistamento aiuti a Copenaghen racconta come si è avvicinata all'organizzazione internazionale e dove vuole arrivare - VIDEO

Sveglia all’alba tutte le mattine ("mio marito si sveglia presto e mi piace preparargli la colazione") e poi sport, corsi di recitazione e vita quotidiana a Los Angeles, tra spesa e casa di cui occuparsi.

È lontana anni luce dalla soubrette che ballava sul bancone di Striscia la Notizia. Oggi Elisabetta Canalis è una donna a tutti gli effetti, sempre bella e sexy ma soprattutto matura e consapevole. Ne sa qualcosa il marito Bryan Perri che ogni giorno cerca di tenere a bada i suoi entusiasmi per le cause benefiche: “Fosse per me, dagli animali ai bambini, le sposerei tutte”, dice.

Ora il suo obiettivo è l’Unicef e da qualche mese è parte attiva dell’organizzazione che a marzo l’ha eletta ambasciatrice, dopo un viaggio in Libano a visitare i campi profughi dei bambini siriani e poi a Copenaghen, il più grande centro di smistamento di aiuti dell’Unicef al mondo, da cui partono i vaccini per le emergenze.

Cosa le ha lasciato l’esperienza a Copenaghen?
Mi sono resa conto di quanto l’Unicef sia un’organizzazione capillare e funzioni alla perfezione. E soprattutto gli aiuti, come vaccini, medicine e latte in polvere, arrivino a destinazione. Hanno una flotta aerea e navale che si attiva a ogni emergenza, dentro lo stabilimento ci sono impiegati pronti a partire per le emergenze, siano esse l’ebola o una guerra di frontiera.

Qaul è la scoperta migliore che ha fatto?
Ce ne sono molte, ma mi ha colpito che l’head quarter di Unicef sia stato donato interamente dal governo danese. Non c’è un euro che vada sprecato.

Dopo questa promozione ad ambasciatrice cosa le piacerebbe fare nel breve periodo?
Le emergenze ci sono ogni giorno e il mio ruolo è quello di tenere alta l’attenzione sui problemi dei bambini. Ho sposato questa causa perché la sento profondamente mia e ogni volta che Unicef mi chiederà di andare a fare una visita nei paesi più caldi io sarò pronta.

Com’è nata l’esperienza di Unicef?
Seguivo Andrea Iacomini, il portavoce su Twitter, e già da tempo mi occupavo della vendita delle pigotte per Natale. È nata l’occasione per caso, abbiamo parlato e in tre anni mi sono avvicinata sempre di più all’organizzazione. Credo fortmentente negli aiuti, soprattutto per dare una mano ai profughi a ricostruirsi un futuro nei loro paesi d’origine. Partendo dai bambini che sono creature indifese e non hanno colpe.

Qual è il suo modello di riferimento?
Su tutti Sean Penn per tutto quello che sta facendo per Haiti, poi l’ineguagliabile Angelina Jolie.

Segue anche altre cause?
Certo, negli Usa Peta e Humane society e in Italia i Cavalli della giara, in Sardegna.

E delle polemiche di chi non le dà credito cosa pensa?
Vado per la mia strada, sono un bulldozer e non mi sposto. Io sono uno strumento di Unicef per arrivare a più persone e credo che servano anche le polemiche perché più ce ne sono e più destano attenzione sui problemi. In realtà si parla molto dei detrattori ma c’è anche molta gente che si fida di me, mi sta vicino e sostiene Unicef. Il mio scopo l’ho raggiunto. E a proposito di concretezza, posso dirle un'ultima cosa?

Sì, prego
È possibile sostenere i progetti dell’Unicef con una donazione anche piccola.

Ecco come:
- bollettino di c/c postale numero 745.000, intestato a UNICEF Italia,
- carta di credito online sul sito www-unicef.it
- bonifico bancario sul conto corrente intestato a UNICEF Italia su Banca Popolare Etica: IBAN IT51 R050 1803 2000 0000 0510 051.

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Annalia Venezia

Portatrice sana di occhiali, giornalista prestata alle ore piccole (o nottambula prestata al giornalismo?), da sei anni curo la rubrica Periscopio di Panorama. Dopo ogni festa, prima di addormentarmi, ripeto come un mantra la frase di Nietzsche «se scruterai a lungo nell’abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te» e ogni volta mi chiedo come abbia fatto a scriverla senza essere mai stato a un party della fashion week.

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