Imbecilli e social network: le parole esatte di Umberto Eco
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Social network

Imbecilli e social network: le parole esatte di Umberto Eco

Il semiologo ha anche riconosciuto le potenzialità politiche della rete. Ma le sue frasi sono sparite dalle pagine dei quotidiani cartacei

I social network hanno dato davvero il diritto di parola a legioni di imbecilli, come ha sostenuto Umberto Eco? Ma soprattutto: che cosa voleva dire esattemente il grande semiologo e medievalista italiano, quando ha preso la parola all'Università di Torino? Siamo proprio sicuri che le sue parole non sia state, almeno parzialmente, travisate, non dagli utenti in rete, ma proprio dai grandi (e «affidabili») mass media italiani? Per capire il senso della parole di  Eco, forse, bisognerebbe semplicemente leggerle e pubblicarle senza «tagli» né forzature titolistiche.

Le parole di Eco che hanno citato tutti i grandi media, trovando poi in rete uno straordinario riverbero, sono note:

I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli. La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità

Meno noto è quanto ha dichiarato Eco, nella premessa, rispondendo alla domanda di una delle persone presenti. Dopo aver sottolineato che «uno dei grandi problemi della scuola italiana è aiutare i ragazzi a filtrare le informazioni su Internet» - cosa di cui nessuno dotato di senno può sinceramente dubitare - lo scrittore medievalista è entrato nel cuore della questione. Senza assumere una posizione arcaica e «reazionaria» come parrebbe a leggere i titoli e gli articoli pubblicati sui giornali cartacei, anzi, riconoscendo anche le potenzialità politiche della rete.

Il fenomeno dei social network è anche positivo, non solo perché permette alle persone di rimanere in contatto tra loro. Pensiamo solo a quanto accaduto in Cina o in Turchia dove il grande movimento di protesta contro Erdogan è nato proprio in rete, grazie al tam-tam. E qualcuno ha anche detto che, se ci fosse stato Internet ai tempi di Hitler, i campi di sterminio non sarebbero stati possibili perché le informazioni si sarebbero diffuse viralmente. 

Per farsi un'idea completa di quanto dichiarato dal professor Eco basta comunque postare il video (integrale), reso disponibile su Youtube. E lasciarvi poi con una domanda: è più «imbecille» e dannoso un anonimo «imbecille» su Facebook oppure un «sistema» che, per esigenze sensazionalistiche,  giunge spesso a decontestualizzare le parole di chi le pronuncia, al punto da renderle caricaturali? 

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Paolo Papi