Vi spiego perché Huawei diventerà il primo produttore di smartphone
Roberto Catania
Tecnologia

Vi spiego perché Huawei diventerà il primo produttore di smartphone

Da perfetta sconosciuta a terza forza del mercato: Daniele De Grandis, numero uno di Huawei Italia, ci svela segreti e ambizioni dell’azienda

Cinque anni fa era un brand praticamente sconosciuto, o perlomeno conosciuto solo dagli addetti ai lavori del mondo telco, una sorta di colosso invisibile al grande pubblico. Poi l’escalation, inarrestabile, fino al terzo gradino assoluto del segmento smartphone. Solo Apple e Samsung fanno meglio, almeno per ora.

Huawei è senza dubbio l’astro nascente della telefonia mobile. Lo dicono i numeri: più di 100 milioni di cellulari venduti in un anno (il 2015) e l’ingresso nell’elite dei brand più importanti del mondo (88esimo posto della classifica Interbrands, primo marchio cinese nella storia a fare il suo ingresso nella top 100).

Ma come si spiega un fenomeno di questo tipo e, soprattutto, dove può arrivare questa azienda, oggi temuta da tutti i pesci grossi dell’elettronica di consumo? Per capirne di più, abbiamo intervistato Daniele De Grandis, Executive Director Huawei CBG Italia.

Iniziamo dai numeri. Huawei è oggi il terzo produttore mondiale di smartphone. Ci può dire qual è la situazione in Italia?
Siamo terzi anche in Italia. Abbiamo chiuso il 2015 con il 15% di market share, una quota più che raddoppiata rispetto all’anno precedente. L’Italia è anche il primo mercato al mondo dopo la Cina, meglio di Stati Uniti e Giappone.

Come si spiega un successo di questo tipo?
È un discorso che nasce da lontano, ed è figlio della visione di prodotto di questa azienda. In questo senso credo che la proposizione Huawei incontri il gusto dei consumatori, soprattutto quelli italiani. Decisiva anche la modalità con cui lavoriamo coi nostri partner, siano essi operatori o insegne retail, è anche grazie a loro se abbiamo acquisito un certo credito.

Il vostro ingesso sul mercato ha provocato un vero e proprio terremoto; per molti produttori storici della telefonia siete considerati i "guastafeste". Ora che siete entrati fra i grandi non teme che possa arrivare anche per voi il momento di fronteggiare un competitor più aggressivo?
La vera sfida non è tanto entrare sul mercato con un prodotto bello e un posizionamento aggressivo. Se non hai la capacità finanziaria di sostenere certi investimenti e un percorso di marketing adeguato non puoi puntare in alto. Bisogna raccontare al consumatore perché acquistare un certo prodotto, noi abbiamo sviluppato un percorso ben preciso che ci ha portato a essere molto presenti nel punto vendita, in poche parole siamo credibili.

Di certo la potenza, anche quella finanziaria, che avete acquisito grazie alle reti aiuta…
È un discorso di sostenibilità del business. Il motivo per cui Huawei è riuscita a crescere in maniera così importante sta nella sua capacità di sviluppo, la sostieni se hai dei margini operativi adeguati, in questo senso Huawei ha dimostrato nel corso degli anni di avere un approccio al business molto salubre; facciamo del business e lo facciamo con profitto. C’è poi un discorso di mix di prodotto: non è puramente incentrato sul value for money, c’è qualcosa in più.

Il successo di Huawei rappresenta un riscatto anche per tutto il Made in China
Indubbiamente. Qualche anno fa il prodotto cinese era visto come fumo negli occhi, oggetti di bassa qualità a poco prezzo. La stessa Huawei è partita spingendo un prodotto entry level, ai tempi non avevamo ancora il brand, in pochi si fidavano di un marchio cinese. Oggi le cose sono cambiate: abbiamo un posizionamento diverso, basta vedere quello che stiamo facendo su altre categorie di prodotto, penso ad esempio al Watch o al Matebook che abbiamo appena presentato, articoli che non toccano più la leva del prezzo come unico argomento di vendita, ma prodotti stilisticamente riusciti, ben disegnati e con materiali pregiati, come acciaio e alluminio.

A proposito, come va il Watch?
È ancora un prodotto di nicchia in termini di pezzi venduti, però abbiamo dei riscontri interessanti sul punto vendita, non solo sull’elettronica di consumo ma anche nelle gioiellerie. C’è attenzione, la tendenza è positiva, un rumore di fondo che cresce. Credo che quando Android Wear riuscirà a migliorare la propria esperienza il tasso di adozione ne risentirà positivamente.

Il vostro percorso ricorda un po’ quello della Volkswagen, un’azienda che è partita producendo auto per il popolo e che oggi fa la guerra ai brand di fascia alta
È un paragone corretto, abbiamo sviluppato un percorso dal basso che ci ha portato a diventare il terzo produttore mondiale di smartphone. In questo settore gli equilibri cambiano in fretta, basti vedere ciò che è successo a certi brand dal passato glorioso. Tutto ruota intorno alla visione di prodotto; il consumatore respira e vive il brand attraverso il prodotto, se lo sbagli, rischi di scivolare in fretta.

Restiamo per un attimo al parallelismo con il mondo automobilistico: cosa risponde ai maligni che sostengono che chi costruisce utilitarie non potrà mai produrre ammiraglie?
Non sono d’accordo, c’è un’evoluzione in tutti i brand, basta essere bravi e capaci. Bisogna avere una visione lungimirante sui prodotti e saperli realizzarli con stile, qualità e in un compromesso di prezzo che trovi il favore del pubblico.

Dunque il prezzo ha ancora la sua importanza?
Non voglio entrare in discorsi macroeconomici, dico solo che non tutti possono permettersi di spendere 800 euro ogni mese per comprare il nuovo prodotto top di gamma. In questo senso credo che Huawei abbia fatto capire a tutta l’industria che i prezzi possono essere calmierati. Di sicuro l’utente riconosce in Huawei un prodotto affidabile, di qualità e che dal punto di vista stilistico non ha nulla da invidiare ad altri marchi. Il passaparola ha fatto il resto, permettendoci di fare evolvere il marchio; se fino a qualche anno fa era un marchio sconosciuto e rinchiuso in una nicchia, oggi attraverso l’ingaggio con il consumatore finale riusciamo a parlare su livelli diversi

L’Internet of Things punta a cambiare il nostro modo di interagire con tutto ciò che circonda. Di fatto sono sempre di più le applicazioni pensate per interfacciarsi con altri oggetti, soprattutto in casa. Non crede che i grandi produttori dell’elettronica di consumo possano avere un vantaggio nella costruzione di un ecosistema di oggetti interconnessi?
Non dobbiamo dimenticarci che Huawei è soprattutto un’azienda di tecnologia, siamo fra le prime tre aziende al mondo per numero di brevetti, il background nel campo delle reti di telecomunicazione ci porta a essere sempre proiettati al futuro. Forse non tutti sanno che alcuni dei prodotti presenti nelle case - penso ad esempio alla Vodafone Station o al Pocket Cube di Tre - sono realizzati proprio da Huawei, e lo stesso dicasi per il mondo automobilistico. Abbiamo un ecosistema di tecnologie che ci permette di mettere il piede in tanti settori. 

Dunque è ipotizzabile che prima o poi decidiate di entrare anche nel settore degli elettrodomestici?
Il mondo dell’elettronica di consumo sta vivendo una profonda trasformazione, l’unico comparto che continua a crescere anno su anno è quello degli smartphone e dei piccoli elettrodomestici; Tv, bianco e bruno hanno performance negative. Questo si ripercuote anche nel retail: se oggi entriamo in una grande catena, ci accorgiamo che gli smartphone sono il vero punto focale dello spazio vendita e quali sono i marchi che hanno un certo tipo di visibilità. In questo senso mi sento di dire che Huawei ha un peso che non è più trascurabile.

Davanti a voi solo Apple e Samsung, il vostro successo dipende anche dalle mosse della concorrenza...
La declinazione del prodotto ci dà un’idea della bontà della visione di un’azienda. In questo ambito Apple sembra stia facendo una corsa a sé, ha un ecosistema che sembra imperturbabile, ma con questa ampiezza di prodotti e di gamma anche i brand principali cominciano ad accusare il colpo, non sono i soli ad avere proposizioni premium. Per quanto riguarda Samsung, il 2015 ci ha detto che la strategia non è stata sempre vincente, sia sul prodotto che sul canale, alcune scelte sul portafoglio prodotti sono state un po’ di avvertimento. Il futuro, comunque, lo vedremo dopo gli annunci quando i prodotti saranno sul punto vendita.

Ok, proviamo a fare un pronostico. Oggi siete terzi. Quanto tempo vi serve per diventare il primo produttore di smartphone?
Con questo ritmo direi che ce la possiamo fare in tre anni.

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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