Ecco perché un giorno forse comprerai uno smartwatch al tuo cane
Melody Jackson / Georgia Tech
Tecnologia

Ecco perché un giorno forse comprerai uno smartwatch al tuo cane

Una ricercatrice americana sta sviluppando un dispositivo mobile indossabile per consentire ai cani di comunicare a distanza con i propri padroni. Nonostante sia pensato per cani da soccorso e cani guida, l'idea potrebbe trovare mercato anche tra i comuni padroni di cani

Funziona così: c’è un mercato relativamente giovane e in forsennata espansione, basta lanciare un dispositivo sufficientemente innovativo per creare nuove esigenze, nuovi utenti, nuove opportunità per racimolare dati personali e piazzare annunci pubblicitari, il risultato è che finché il ferro è caldo i grandi attori del panorama tecnologico cercano di batterlo in ogni modo possibile, assicurandosi che nessuna possibilità rimanga inesplorata. 

Vanno capiti, stando agli ultimi calcoli di Juniper Research nel 2013 verranno venduti 15 milioni di dispositivi indossabili, generando un traffico di 800 milioni di dollari. Si prevede inoltre che di qui al 2017 il mercato si impennerà fino a raggiungere quota 70 milioni di esemplari venduti.

E così, terrorizzati dalla possibilità che qualche colosso del mondo hi-tech accumuli montagne di denaro commerciando nuovi dispositivi che loro avevano liquidato come assurdi, molti sono già al lavoro per sviluppare dispositivi indossabili come vestiti dotati di sensori per monitorare i valori fisiologici di un utente e smart-denti istruiti a monitorare quello che mangiamo.

Tra tutti, c’è anche chi ha pensato alla possibilità che, in un giorno non molto lontano, i dispositivi indossabili potranno essere indossati anche da utenti non umani. È il caso di Melody Jackson , direttrice del BrainLab, un istituto di ricerca ospitato dal Georgia Tech College of Computing che si occupa di sviluppare nuove interfacce uomo-macchina per aiutare le persone con qualche disabilità, la quale sta lavorando al primo dispositivo indossabile ideato specificamente per i cani.

Il nome del progetto è FIDO, acronimo per Facilitating Interactions for Dogs with Occupations, e il suo obiettivo è quello di realizzare uno strumento che consenta a cani guida, cani da soccorso o cani poliziotti, di comunicare a distanza con il proprio padrone. 

FIDO sarebbe l’equivalente di uno smartwatch per cani, un dispositivo connesso che permetta di raccogliere dati e inviare informazioni a distanza. Naturalmente sarebbe folle pensare di dotare un cane di un orologio, e infatti il team guidato dalla Jackson (di cui fa parte anche un ricercatore che ha lavorato a Google Glass) sta lavorando su due possibili prototipi: un collare e una pettorina. Il primo prototipo sperimentato è una pettorina dotata di microprocessore Arduino. Sulla pettorina sono disposti sensori, con cui il cane può interagire mordendo, strattonando o avvicinando la bocca a un’apposita estensione, per comunicare una specifica informazione.

L’obiettivo finale è fare sì che il cane possa essere addestrato a comunicare a distanza una serie di informazioni di interesse. Un cane da soccorso può utilizzare un determinato pattern per informare una squadra di recupero che ha trovato un uomo sotto una slavina, un cane guida può informare il suo padrone non vedente che la via è finalmente sgombra, e perché no, un cane domestico può imparare a interagire con i sensori della sua pettorina per reclamare la sua dose di cibo o l’urgenza di uscire.

Perché dispositivi come FIDO possano tentare un ingresso nel mercato mobile, è innanzitutto necessario risolvere problemi di batteria e di resistenza su cui attualmente il team della Jackson sta lavorando.

Ma non saranno certo questo tipo di problemi a impedire a dispositivi come FIDO di tentare la strada verso il successo. E per quanto possa suonare ridicolo, non faccio più tanta fatica a immaginarmi coppie smaltate di facoltosi consumatori che portano a spasso il loro cane, chiuso dentro una smart-pettorina all’ultimo grido.

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Fabio Deotto