I robot del futuro dovranno sudare, respirare e avere i brividi
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Tecnologia

I robot del futuro dovranno sudare, respirare e avere i brividi

Un team di ricerca giapponese sta dando ai robot la capacità di simulare le reazioni fisiologiche che gli esseri umani mostrano quando interagiscono tra loro. L'obiettivo: mettere l'interlocutore umano più a suo agio

Che l’abbiate visto in un film o in uno dei tanti video girati in laboratorio, è probabile che la sensazione che avete provato sia la stessa: un uomo parla, il robot risponde; un uomo chiede al robot una cosa, il robot la fa; un uomo manda al diavolo il robot, il robot risponde con la stessa, inossidabile piattezza. Se c’è una cosa che rende difficile immaginare una vera relazione sociale tra uomo e macchina consiste in gran parte nel fatto che, per definizione, una macchina non prova emozioni, di conseguenza la comunicazione con essa può essere unicamente verbale e concettuale.

Ma se anche è impensabile (per ora) che un robot provi emozioni, c’è chi sta lavorando perché possa almeno mostrarle

Tomoko Yonezawa dirige un gruppo di ricerca alla Kansai University, in Giappone, che si concentra sullo sviluppo di prototipi robotici in grado di mostrare comportamenti sociali e reazioni fisiologiche tipici dell’uomo. Per ora, Yonezawa ha mostrato al mondo tre prototipi che non saprei se definire sconvolgenti o semplicemente assurdi.

1. Il primo è un robot che, in risposta a determinate situazioni, è in grado di farsi venire la pelle d’oca. Metti che nella stanza arriva un refolo d’aria gelida, o che un interlocutore umano racconti una storia del terrore, e il dispositivo tattile che utilizza come surrogato della cute reagisce di conseguenza.
2. Il secondo è un robot in grado di sudare. Più che un androide, in realtà, è una testa robotica che in determinate condizioni (caldo, stress emotivo simulato) secerne liquidi in superficie.
3. Il terzo è un robot in grado di respirare. O meglio, è un robot dotato di una piccola ventola in corrispondenza della bocca che si attiva quando la macchina deve comunicare, e modula la potenza a seconda del volume di voce utilizzato.

Per quanto questi prototipi possano sembrare inutili, secondo Yonezawa e colleghi vanno a rispondere a un’esigenza che diverse persone hanno manifestato dopo aver avuto a che fare con androidi e intelligenze artificiali: il fatto di non poter percepire le intenzioni di un interlocutore mette inconsciamente a disagio; e la cosa non ha tanto a che fare con la mimica facciale (dopo tutto di robot che sorridono e si imbronciano già se ne sono visti) ma con quel novero di reazioni involontarie e non verbali che affiancano ogni comunicazione tra esseri umani.

I prototipi di Yonezawa, comunque, stanno già suscitando polemiche: alcuni addetti ai lavori infatti si chiedono a cosa dovrebbe servire un robot capace di sudare e respirare come un uomo. In effetti, a meno di voler immaginare un robot da compagnia in grado di fungere da surrogato di amico (o partner), le funzionalità sopra descritte rischiano di rivelarsi orpelli costosi e, fondamentalmente, inutili.

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Fabio Deotto