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(Ansa)
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Nel Qatargate naufraga la favola buonista delle Ong

Le frasi di Francesco Giorgi su «Fight Impunity» e «No Peace Without Justice» dicono molto di un mondo dove, dietro uno strato di buone intenzioni si celano troppe cose misteriose

La frase che potrebbe scoperchiare il vaso di Pandora è tutta qui: “Quelle Ong ci servono per far girare i soldi”. Le parole di Francesco Giorgi, fidanzato della vicepresidente del parlamento europeo Eva Kaili e assistente storico di Antonio Panzeri, ben raccontano ciò che rischia di saltar fuori da questa Qataropoli. La chiamiamo così, all’italiana, anziché “Qatar-Gate”, perché italiani sembrano, stando alle accuse, gli uomini chiave attorno ai quali ruota l’inchiesta. Tutti accomunati da un particolare: l’appartenenza alla sinistra globalista, quella che lotta per i diritti dei più deboli, e che vive di lezioni morali impartite all’avversario.

Fatte le dovute premesse (aspettiamo gli sviluppi delle indagini, accertiamo le responsabilità), il dato storico-politico è che mentre ai tempi di Tangentopoli si rubava per sé o per il partito, stavolta, a dar retta agli inquirenti belgi, si ruba spacciandosi per buoni. Si accumulano sacchi di soldi dietro il paravento dei buoni sentimenti nei confronti dei più sfortunati. Alla faccia della tanto sbandierata superiorità morale. E tutto ciò attraverso il cavallo di Troia delle tanto celebrate Ong, organizzazioni non governative e a quanto pare nemmeno tanto “gentili” come qualcuno vorrebbe far sembrare. Sempre border line tra legalità e illegalità, tra propositi di interesse pubblico e cascami di interesse privatissimo.

E’ una (nuova?) forma di corruzione, quella nel nome della pace e dell’amore, corruzione vera o presunta, che cela tuttavia una tendenza odiosa. Fare business sulla bontà. Dal caso Soumahoro alla losca vicenda di Mimmo Lucano, fino alla bufera Panzeri che rischia di portarsi dietro le macerie delle istituzioni comunitarie, comincia ad essere lunga la lista degli oscuri accadimenti all’ombra della beneficienza. Cooperative, associazionismi, galassie oscure che dietro il paravento del bene, nascondono ipocrisie e malfunzionamenti, nel migliore dei casi, e vere e proprie truffe, nei casi peggiori. A ulteriore dimostrazione che sono tempi magri, nei quali occorre guardarsi dalla bontà ostentata, o sventolata politicamente. La vera bontà, i veri buoni sentimenti, di solito restano discreti e nascosti: quando risalgono in superficie per essere messi su un piedistallo, quello è il momento in cui farsi prendere dai sospetti. Gli stessi sospetti che in queste ore, a Bruxelles, lasciano immaginare l’impensabile.

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Federico Novella