Popsophia, viviamo nell’era del pensiero pop
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Popsophia, viviamo nell’era del pensiero pop

La rivista filosofica “Lo sguardo” dedica un numero monografico alla cultura di massa

Il libro

In che direzione sta andando la cultura di massa? Quali sono le nuove domande a cui la filosofia deve rispondere? La pop-filosofia è il futuro del pensiero occidentale o solo fuffa da quattro soldi? Per rispondere a queste domande la rivista filosofica “Lo guardo”, in collaborazione col festival Popsophia, dedica il suo ultimo numero monografico (curato da Lucrezia Ercoli) all’analisi della cultura pop da Rihanna agli X-men, da Downton Abbey a Dylan Dog, coinvolgendo alcune delle penne pensanti più interessanti del panorama italiano. La rivista è consultabile (e scaricabile) gratuitamente qui.

La rivincita di Dickens

È Dickens il vero nume tutelare della cultura pop dell’ultimo decennio. Dal Cardellino di Donna Tartt a Breaking Bad, da Neil Gaiman a The Wire, autori e critica si rifanno al grande scrittore inglese per raccontare personaggi e luoghi, temi e ambientazioni. Secondo Tommaso Auriemma, nell’ultimo decennio sarebbe in atto un vero e proprio cambio di paradigma: dall’impostazione aristotelica dello storytelling, fino a oggi dominante nella cultura occidentale (basata sulla prevalenza della trama), a quella dickensiana che consegna alle caratteristiche dei personaggi (e alla loro evoluzione) il compito di motore della narrazione.

La filosofia di True Detective

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Le serie tv non saranno i nuovi romanzi, ma secondo Marco Filoni forse per True Detective potremmo fare un’eccezione. Scritta interamente da Nic Pizzolatto, e diretta da un solo regista, Cary Fukunaga, True Detective è una serie unica nel suo genere, caratterizzata da un’impostazione autoriale fortissima (contrariamente alla maggior parte delle serie tv, scritte a più mani da molti sceneggiatori diversi). La visione del mondo e le ossessioni di Pizzolatto prendono forma nei discorsi di Rust e Marty, cupamente nichilista il primo, più pragmatico il secondo, poli opposti e necessari fra cui si sviluppano ragionamenti ispirati a Nietzsche e Cioran. Due razionalismi di marca diversa: quello di Rust assoluto e risoluto a confrontarsi col vuoto (possibilmente per farsene inghiottire), quello di Marty più dimesso ma ben deciso a raggiungere un risultato riducendo al minimo i danni collaterali, a costo di chiudere gli occhi di tanto in tanto. 

Rihanna, la star totale

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È lei, la star che riempie gli stadi e invade l'internet, che Francesco Patriarca mette al centro del suo discorso sullo showbiz. Ma cosa fa di una star una star? Anzitutto il lavoro di un mucchio di persone: truccatori, manager, musicisti, uffici stampa, parrucchieri, personal trainer, dietologi, coreografi. Nell’era della star totale la sua unicità è sempre frutto di una molteplicità. C’è poi il gioco fra realtà della vita personale e rappresentazione, fra modello da raggiungere e identificazione, fra talento puro e seduzione, tutto concorre alla creazione del fenomeno pop. 

Downton Abbey, la bellezza perduta

Come si spiega un successo di 120 milioni di spettatori in 220 paesi del mondo? Secondo Cesara Catà, il merito è del nostro inconscio collettivo. Fra la prima guerra mondiale e il secondo dopoguerra si consuma in Europa la caduta di quel mondo fatto di eleganza, nobiltà d’animo, rituali ineludibili, riverenze, ossequi e principi inviolabili che tanto bene Julian Fellows ha saputo mettere in scena nella dimora di Lord Grantham. Un nuovo secolo sorgeva, il nostro: più libero e democratico, foriero di opportunità per tutti, ma anche pieno di incertezze, brutture e disordini. Un secolo difficile e duro, che spesso nella nostalgia inconfessata per ciò che è stato trova conforto e serenità, come se la libertà che il nuovo mondo ci ha portato sia a volte un fardello troppo pesante per le nostre giovani spalle.

Apocalisse zombie

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Sarebbero simili, per Antonio Lucci, le cause del successo degli zombie nella cultura di massa contemporanea. Figli di un tempo che ha perso ogni illusione politica e religiosa, la nostra generazione guarderebbe all’apocalisse zombie come all’ultima spiaggia del cambiamento: un evento radicale che ci sollevi dalla responsabilità di cambiare i rapporti di potere esistenti da cui ci sentiamo schiacciati. Ma dove ci porterebbe tutto questo? Secondo The walking dead in un futuro di stampo hobbesiano, dove dominano violenza e arbitrio, in cui l’uomo è per l’altro uomo un lupo pericoloso.

Dylan Dog, filosofo dell’incubo

Sergio Bonelli Editore

Per il filosofo Giulio Giorello, la vera arma di Dylan Dog sarebbe l’ironia, ordigno capace di minare ogni discorso che pretenda di dire la verità sul nostro mondo. Lavora sulla sua incompletezza, l’indagatore dell’incubo, e lavorando su se stesso lavora su di noi, esercitando al contempo il nostro scetticismo e la nostra capacità di abbandonarci all’incomprensibile.            

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Giulio Passerini