Pino Daniele, tre anni senza: i 5 album più belli
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Musica

Pino Daniele, tre anni senza: i 5 album più belli

Da “Nero a metà” a “Mascalzone latino”, i dischi che non possono mancare nella discografia dei suoi fan

Pino ha allargato costantemente i suoi confini musicali, senza mai tradire le sue radici partenopee

Grinta e dolcezza, virtuosismo chitarristico e cantabilità, ricerca di nuove sonorità, ma sempre al servizio della forma canzone. Sono questi i motivi che hanno permesso a Pino Daniele, morto prematuramente tre anni fa, il 4 gennaio 2015, di restare sulla cresta dell’onda per trentotto anni, allargando costantemente i suoi confini musicali senza mai tradire le sue radici partenopee.

Non è semplice scegliere i 5 album più belli in una discografia così ricca e articolata, che vanta 24 album in studio e 5 live, ma quelli che vi proponiamo sono tutti dischi che hanno fatto non solo la storia dell’artista partenopeo, ma della musica italiana. [Cliccare sopra su Avanti]

1) Nero a metà (1980)

Il terzo album di Daniele, che ne ha consacrato il talento, è classificato dalla rivista Rolling Stone al diciassettesimo posto dei 100 album più belli di sempre della musica italiana. Nero a Metà ha segnato una svolta non solo nella nuova canzone napoletana, ma soprattutto  nella musica italiana, che si apriva per la prima volta al blues e al funky, generi da noi sempre di nicchia. L'album è dedicato a Mario Musella, il cantante degli Showmen, scomparso poco prima della pubblicazione del disco. Musella fu definito da Pino Daniele “Nero a metà” in quanto figlio di madre napoletana e di padre americano.

2) Vai mo’ (1981)

“Finalmente ero riuscito a creare una band forte –ha sottolineato Daniele- tutti solisti con alle spalle un passato di contaminazioni musicali. Yes I know my way portò l’album in Europa e canzoni come Sulo pè parlà mi ispirarono a proseguire una ricerca sulla melodia. Quest’album per me fu molto importante e diede alla mia musica una nuova direzione”. Imperdibili l’assolo di sax di James Senese in Notte che se ne va, la batteria di Tullio De Piscopo che trascina Yes I know my way e il trombone di Fabio Forte in Have you seen my shoes, esemplari della ricchezza musicale di Vai mo’.

3) Pino Daniele (1979)

Pensate a quanto fosse coraggiosa, nell’Italia degli anni Settanta, la frase “Je so pazzo e nun ce scassate ‘o cazzo”. Oltre al brano-manifesto Je' so pazzo, l’album Pino Daniele contiene al suo interno perle come Chi tene ‘o mare, Jes stò vicino a te e Donna Cuncetta da cui emerge tutta l’anima napoletana del quartiere Porto dove è cresciuto l’artista.

 

4) Terra mia (1977)

Sarebbe bastata la sola canzone iniziale Napul’è, in grado di sciogliere un iceberg per le emozioni che è in grado di suscitare,  per consegnare agli annali il disco d’esordio Terra mia. Invece tutto l’album mostra già una maturità sorprendente per un artista di soli 22 anni, in grado di attualizzare la tradizione napoletana e mediterranea con inediti innesti di blues e fusion. "Terra mia fu scritta sul divano di casa a S. Maria La Nova 32 –ha raccontato Pino- le mie ambizioni erano quelle di scrivere canzoni come Luigi Tenco e suonare con i grandi chitarristi, a metà tra futuro e tradizione”.

5) Mascalzone latino (1989)

Uno degli album preferiti dallo stesso Daniele, realizzato a quattro mani insieme all’amico Bruno Illiano, dove è riuscito a realizzare il desiderio di coniugare l’acustica con l’elettronica. Anna verrà, dedicata all’icona del cinema italiano Anna Magnani, è stata una delle sue prime canzoni in italiano. Faccia gialla, A speranza è semp' sola e Giungla sono brani trascinanti, mentre Sambaccussì è un perfetto esempio di come si possa scrivere una canzone d’amore originale, senza ricorrere a stilemi prevedibili e sdolcinati.

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Gabriele Antonucci