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Pierluigi Diaco: «Vi racconto ‘Ti sento’ e le mie interviste speciali»

Pierluigi Diaco: «Vi racconto ‘Ti sento’ e le mie interviste speciali»

Il conduttore torna in tv su Rai2 con un programma in seconda serata al via da martedì 19 gennaio. Il primo ospite sarà il ct della Nazionale, Roberto Mancini, poi arriveranno Donatella Rettore, Claudia Gerini e Michele Bravi. Ecco i segreti del nuovo format

Basta una canzone per sbloccare i ricordi, per intrecciare la memoria personale con quella collettiva, per rivivere emozioni forti, passioni dimenticate e momenti complicati. Parte da questa idea Ti sento, il nuovo programma di Pierluigi Diaco, sette appuntamenti al via su Rai2 da martedì 19 gennaio in seconda serata. In ogni puntata il conduttore e speaker radiofonico metterà in scena un faccia a faccia inedito con un personaggio dello spettacolo, dello sport e della cultura giocando con l’aiuto di dieci frammenti sonori per dare vita a un’intervista speciale. «Mi piace entrare nel mondo interiore degli altri», spiega a Panorama.it il conduttore e ideatore del format alla vigilia del debutto, quando intervisterà il ct della Nazionale, Roberto Mancini.

Diaco, com’è nato questo nuovo format?

«Nel programma Io e te, che ho condotto su Rai1 per due stagioni, c’era uno spazio in cui ascoltavo una canzone e ho avuto l’intuizione di trasformare quel momento in un format a sé stante. Ne ho parlato con Filippo Mauceri, uno degli autori, e da lì è nata l’idea di costruire un progetto partendo dai ricordi che una canzone è in grado di innescare».

Dunque è un programma più radiofonico che televisivo?

«Non direi. La radio per me è lo strumento più moderno che ci sia. Ma in questo caso l’impianto è televisivo è preponderante, a partire la costruzione scenica e visiva di grande impatto: ci sarà uno studio avvolgente, a 360 gradi, e sugli schermi proietteremo anche i lavori di un artista, Gek Tessaro, che realizzerà in tempo reale una serie di pitture sull’acqua. Volevo una scena eterea, che non assomigliasse al classico studio televisivo».

In ogni puntata ci sarà un ospite diverso: chi vedremo in queste sette puntate?

«Partiamo con il ct della Nazionale Roberto Mancini, poi ci saranno Donatella Rettore, Claudia Gerini e Michele Bravi. Non ci saranno politici. Il resto lascio che sia una sorpresa».

Come li ha scelti gli ospiti?

«Ho voluto personaggi non avevo mai intervistato e con cui non mi ero mai confrontato televisivamente».

C’è un nome che vorrebbe?

«La lista è potenzialmente infinita ma la tengo per me».

Lei ha sempre detto che la sua è una “tv jazz” perché punta sull’improvvisazione. Anche in Ti sento sarà così?

«In parte. In questo caso c’è un lavoro di solida costruzione del canovaccio: facciamo un lavoro artigianale nella scelta e nella ricerca della voce di un familiare, di un breve estratto da un tg o da un programma d’epoca, un rumore della quotidianità o ancora un dialogo rubato in strada o preso da un film. Nell’intervista poi mi lascio guidare dalle suggestioni che arrivano da chi ho di fronte».

Si spieghi meglio.

«Entro in studio trenta secondi secondi prima della sigla, non incontro mai gli ospiti. La scintilla scatta a telecamera accesa: ascolto la risposta precedente e lego la domanda successiva. Da sempre lavoro così. Mi metto in ascolto, mi faccio portare dall’ospite nel suo mondo».

Per entrare in quel mondo, lo stratagemma è una canzone.

«Questa volta la canzone non l’ascolto da solo ma con l’ospite che ho di fronte: scegliamo un brano evocativo legato ai suoi ricordi d’infanzia».

Se l’ospite fosse lei, che canzone sceglierebbe?

«Costruire di Nicolò Fabi. La trovo uno canzone che rappresenta il mio senso di costruzione dell’esistenza».

Se invece potesse scegliere la voce di una persona cara che non c’è più, esclusa quella di suo padre, quale vorrebbe riascoltare?

«Quella di Sandro Curzi. È stato grazie a lui che potuto muovere i primi passi nella comunicazione. Era una persona meravigliosa».

Tornando all’intervista, non crede che sia un genere abusato in tv?

«No, affatto, perché ogni intervistatore ha il suo stile. Se è sincera e imprevedibile è gustosa per chi la fa e per chi la segue. Io poi non solo legato ai temi d’attualità, posso concentrami sulle storie ed entrare nel mondo interiore di chi ho di fronte».

Chi l’ha colpita di più tra gli intervistati che ha incrociato negli ultimi anni?

«Paolo Mieli: mi ha colpito che avesse accettato il mio invito e che si raccontasse in maniera a tratti inedita. E poi Rocco Siffredi, con cui abbiamo parlato di tutto tranne che del suo mestiere. La cosa divertente è quella: andare oltre l’iconografia in cui un personaggio viene spesso incasellato».

Che consigli le ha dato Maurizio Costanzo, con cui lavora da anni come autore del Costanzo Show, per la partenza di Ti sento?

«Lavorare con lui è già un’esperienza da cui trarre benefici e consigli, anche quelli non richiesti. Magari glie ne chiederò quando avrà visto la prima puntata».

Quanto agli ascolti, qual è l’obiettivo che vi siete posti?

«Non faccio previsioni né do numeri. Il Costanzo Show insegna che nella fascia della seconda serata c’è un pubblico che ha voglia di conoscere gli altri. C’è un bacino potenzialmente largo e trasversale che potrebbe apprezzare la formula artigianale e per certi aspetti spericolata di Ti sento».

Guardiamo al futuro: ci sarà un’altra edizione di Io e te?

«Con il direttore di Rai1 Stefano Coletta ho un buon rapporto e un dialogo costante ma francamente non ne abbiamo affatto parlato».

Considera una “retrocessione” il passaggio da Rai1 a Rai2?

«E perché dovrei? Ho scelto io di andare a Rai2. Ho letto ricostruzioni fantasiose anche sui social – che ho abbandonato da mesi – ma la verità è che mentre uscivano retroscena bizzarri io ero già da settimane al lavoro con Ludovico Di Meo, il direttore di Rai2, che voleva sperimentare in quella fascia oraria. I percorsi sono legati alle idee e questo è programma è perfetto per Rai2. Tutto il resto sono chiacchiere».

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