Ha 165.000 follower su Instagram, sfoggia outfit impeccabili, posa con nonchalance nei posti giusti e sorseggia il drink giusto. Ultimamente è apparsa a Wimbledon, fotografata a bordo campo e sugli spalti dell’All England Club, occhiali da sole e Pimm’s in mano. Un sogno in technicolor da 50.000 like a post.
Solo che… non è mai stata lì. Anzi, non è mai stata da nessuna parte. Perché Mia Zelu non esiste. È frutto dell’intelligenza artificiale. Una diva generata da un algoritmo.
Eppure, per giorni ha ingannato migliaia di utenti, facendo credere di essere davvero presente al celebre torneo di tennis londinese. “Quale partita di Wimbledon è stata la vostra preferita?”, chiede candidamente ai suoi follower. In un altro post scrive: “Non abbiamo ancora finito l’evento… ma la festa è tutta un’altra storia.” E la gente risponde. Commenta. Condivide. Si emoziona.
Tra i sedotti e (abbandonati) c’è anche Rishabh Pant, celebre giocatore di cricket indiano. Il 27enne, presente realmente a Wimbledon, è rimasto colpito dalle immagini della presunta influencer e ha lasciato qualche like qua e là, finché non ha scoperto che il profilo era… fake. Ha quindi cancellato in fretta e furia tutte le sue interazioni. Chi può biasimarlo? Anche il più attento degli atleti può inciampare in un filtro ben fatto.
Il profilo di Mia è gestito da un creatore misterioso che si limita a definire l’account come “influencer-AI” e “narratore digitale”. Nella bio, c’è anche un accenno a una “sorella” di nome Ana, che ha già superato i 266.000 follower.
E nonostante le dichiarazioni piuttosto trasparenti (per chi ha voglia di leggere), i follower continuano a trattare Mia come se fosse in carne, ossa e filler. Tra i messaggi che riceve ci sono anche proposte di matrimonio. Perché l’amore, si sa, non conosce confini – nemmeno quelli tra reale e virtuale.
Morale della favola? Non tutto quello che luccica su Instagram è oro. A volte è solo un codice ben addestrato, con un buon filtro, uno sfondo credibile e l’algoritmo dalla sua.
















