L’incidente accaduto ieri, 29 maggio, sul piazzale dell’aeroporto di Amsterdam Schipol deve far riflettere su diversi aspetti legati al settore dell’aviazione commerciale. I fatti: una persona è stata risucchiata da uno dei due motori di un velivolo Embraer 190 della compagnia Klm che alle 14:25 avrebbe dovuto servire il collegamento KL1341 verso Billund, Danimarca. Durante l’operazione di push-back, ovvero mentre il trattore spingeva l’aeroplano, è stata autorizzata la messa in moto (prassi normale per guadagnare tempo). A quel punto i passeggeri hanno udito un forte rumore e qualcuno è riuscito a vedere la persona che veniva risucchiata da una delle ventole. E’ immediatamente scattata l’emergenza ma i sanitari non hanno potuto fare nulla. Dopo qualche minuto, i passeggeri, visibilmente sotto choc, sono stati fatti sbarcare mentre arrivavano le squadre della Polizia che ora dovrà indagare sull’accaduto. La morte dell’uomo è stata orribile e mentre scriviamo sono in corso le operazioni per il riconoscimento, reso difficile a causa dello stato del cadavere fatto a pezzi dalle palette della turboventola. Per capire come sia possibile che il motore di un aeroplano possa aver risucchiato un uomo serve però qualche spiegazione. Fateci caso la prossima volta che prendete un aeroplano: in mancanza del finger, la struttura a tubo che collega il gate d’imbarco con l’aeroplano, il percorso da fare a piedi dal pullman o dalla porta del terminal alla scaletta dell’aeroplano è delimitata da un nastro e da birilli. Ciò perché il piazzale di ogni aeroporto è un luogo che nasconde pericoli e tutt’altro che tranquillo.
Quanto al motore, semplificandone molto il funzionamento, un moderno turbofan (appunto come quello dello E190, aspira aria, ne scalda una parte e la espelle dalla parte posteriore fortemente accelerata. Ma per poterlo fare, quindi per produrre la reazione di spinta necessaria per muovere l’aeroplano, deve aspirare un volume d’aria idoneo e questo, a seconda delle dimensioni e prestazioni del motore stesso, può variare da poche decine di chilogrammi d’aria al secondo fino a qualche migliaio. E tutto ciò che è presente e non fissato in prossimità della presa d’aria può essere aspirato all’interno del motore. Per questo motivo durante le operazioni a terra, il personale di rampa delimita e mette in sicurezza un’area antistante l’ingresso della presa d’aria, per intenderci dove c’è la grande ventola che vediamo girare guardando il motore, in modo che nessun oggetto, tantomeno le persone, possano fare quella fine. Gli oggetti a terra, vaganti, in aviazione si chiamano FOD, da Foreign Object Debris – detriti di oggetti estranei – e anche se di piccole dimensioni possono danneggiare le preziose e molto costose parti del motore. Tornando al tragico incidente, che non è stato l’unico di questo tipo quest’anno, a Dallas qualche mese accadde la stessa cosa, ma ora i giudici olandesi dovranno capire se per esempio la presenza dell’uomo in quella posizione fosse motivata da qualcosa, se il motore fosse al minimo (e probabilmente non lo era, quindi il flusso d’aria in entrata nel motore poteva essere notevole). Non è difficile comprendere il “perché” i motori vengano messi in moto, almeno uno, in fase di push-back, e la risposta è la continua attenzione al risparmio di tempo. Mentre riguardo al come abbia fatto un operatore, anche addestrato a operare sulla rampa, a non accorgersi che stava per finire nella presa d’aria, servono alcune considerazioni. Innanzi tutto i piazzali aeroportuali sono luoghi molto rumorosi; il personale indossa cuffie e dispositivi di protezione acustica ma questi spesso limitano la percezione della reale situazione. Seconda considerazione: da quanto appreso, nella fretta di completare le operazioni di decollo, i mezzi di servizio posizionati attorno all’aeroplano erano numerosi, e anche questo può aver influito accentuando le condizioni negative che hanno portato all’incidente. Di norma il movimento dell’aeroplano coordinato tra l’operatore del mezzo, il capo-rampa e l’equipaggio, che sono collegati mediante un interfono. C’è quindi da comprendere se e perché il movimento dell’aeroplano sia stato autorizzato in quella situazione ese il responsabile del movimento avesse in vista i presenti. Infine, poco poteva fare il pilota, perché negli aeroporti definiti “controllati” la messa in moto viene autorizzata dalla torre di controllo e perché dalla sua posizione non ha alcuna visibilità dei motori.