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Unioni civili: l'inedita strategia di Renzi

La scelta del premier di mantenere i toni bassi non è dettata solo dal rispetto per le coscienze dei singoli. Dietro ci sono calcoli politici ben precisi

Non può essere solo perché unioni civili e adozioni gay hanno a che fare con i convincimenti profondi delle persone se Matteo Renzi, diversamente dal passato, in questi giorni si muove con passo felpato invece di azionare il trattore come ha sempre fatto in tante altre occasioni, dal Jobs act fino alla riforma costituzionale su cui ha addirittura indetto un referendum-ricatto: o votate sì oppure io me ne vado.

Intanto, nonostante lui stesso provenga da quella componente, forse l'ex chierichetto Matteo ha sottovalutato la pattuglia cattolica militante nel suo partito e si è ritrovato spiazzato di fronte alla determinazione dimostrata nel difendere, quasi a ogni costo, il matrimonio tradizionale da una possibile equiparazione con qualsiasi altra fattispecie di unione.

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Da qui la rinuncia alle maniere forti, normalmente imposte ai dissidenti alla sua sinistra, e la scelta di usare con loro i guanti di velluto. Altrettanto nei confronti di chi sabato parteciperà al Family Day di Roma. Matteo Renzi ha dichiarato di rispettare molto quella piazza che lo vide presente nel 2007 e ha evitato in ogni modo di metterglisi muscolarmente contro. Un comportamento non usuale da parte di chi deve gran parte della sua fortuna politica a un uso particolarmente aggressivo della dialettica più contro chi, come sindacalisti e intellettuali, è in grado di esercitare una forte influenza sull'opinione pubblica, che verso gli avversari politici.

Tuttavia, il fatto che egli non voglia inimicarsi la Chiesa non significa che intenda anche inginocchiarglisi davanti. Al di là del merito della legge – e il premier è davvero convinto che l'Italia debba mettersi al paro degli altri paesi europei e dotarsi di una norma che riconosca le unioni tra gay o eterosessuali non definite attraverso il vincolo del matrimonio – il presidente del Consiglio è anche uno che fa le cose se pensa che gli torni utile farle. Altrimenti, semplicemente, non le fa.

Quindi la domanda vera girata in queste setitmane tra Palazzo Chigi e il Nazareno è quanto consenso, in termini elettorali e non solo, il ddl Cirinnà può togliere o dare. La risposta è che la maggioranza del Paese reale, che pure si dichiara cattolica, è a favore delle unioni civili. E lo è soprattutto gran parte di quella generazione dei 30-40enni, e anche più giovani, che già votano Pd e che potrebbero smettere di farlo se il Pd rinunciasse ad arrivare fino in fondo a questo percorso. Mentre gli altri, quelli contrari alle unioni civili ma non necessariamente anche al Pd o a Matteo Renzi, anche qualora il Parlamento le approvasse non avrebbero oggi altre sponde cui guardare se non proprio a quella del Pd di Renzi.

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Il fatto poi che per approvare le unioni civili sarà necessario ricorrere a una nuova maggioranza variabile non dovrebbe provocare particolari maldipancia da parte di nessuno. I numeri del Senato ci dicono che andrà inevitabilmente così. Ne servono 161 e senza i 30 senatori dem non sarebbe possibile arrivarci. Bisognerà dunque pescarli un po' tra i centristi di Alfano, un po' tra i verdiniani (che più probabilmente usciranno dall'Aula per far abbassare il quorum), un po' tra le fila di Forza Italia.

Mentre appare francamente improbabile che il M5S arrivi a votare contro il provvedimento anche qualora venissero apportate modifiche al testo. Una minaccia agitata soprattuto per esercitare una pressione politica ma che non potrà avere uno sbocco concreto. Se nel corpo elettorale dei dem ci sono delle divisioni, gli attivisti a 5Stelle hanno già espresso praticamente all'unanimità il loro accordo alle unioni civili e sarebbe davvero complicato per i vertici giustificare la rinuncia a una legge tanto importante con la scusa di aver voluto così mettere i bastoni tra le ruote al Pd.

Tutto ciò induce a ritenere che nelle prossime ore il Pd raggiungerà al proprio interno un accordo sui punti più contestati della legge, e quindi in particolare sulla stepchild adoption, che sia digeribile anche dagli avversari esterni. Senza dover rinunciare all'intera legge - che senza modifiche in questo senso rischia di essere affossata - rischiando di conseguenza una guerra senza confine da parte della sinistra fuori e dentro il Pd che rischia di farlo soccombere già alle prossime amministrative.

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Claudia Daconto