Tutti pro Renzi: la scomparsa dei ditini alzati
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Tutti pro Renzi: la scomparsa dei ditini alzati

Dov'è finita tutta la pletora di intellettuali, editorialisti e conduttori tv re della critica (a Berlusconi) e che ora tacciono?

Nell’anno primo dell’era renziana ci tocca celebrare la morte dei ditini alzati. Laddove per ditino alzato si intende la figura dell’intellettuale in servizio permanente, dell’indignato a corrente alternata, dell’editorialista turbato a guardia dell’integrità civile, del conduttore televisivo disgustato dalla deriva dei tempi. Forse, c’è da dire, quel ditino s’era anchilosato e loro s’erano pure stancati dopo che per 20 anni hanno puntato l’indice quotidianamente per additare i peggiori vizi di Berlusconi e del berlusconismo.

E oggi? Niente. Oggi viviamo l’autunno dello spirito critico, la stagione del letargo. Si celebra, come e peggio dei cinegiornali Luce, ogni atto e bisbiglio del presidente del Consiglio. Perfino Eugenio Scalfari s’è deciso a ingurgitare la marmellata renziana. In mezzo a cotanta celebrazione, il novello Migliore continua a occupare la tv e lancia slogan non proprio beneauguranti tipo «avanti come un treno», come il Mario Monti che nel 2013 vedeva «la luce in fondo al tunnel della crisi» ma non si rendeva conto che erano i fari del treno tedesco forsennatamente lanciato contro gli italiani.

Non apparteniamo alla categoria dei rosiconi, come Renzi ama definire chiunque osi dissentire dal suo verbo. Rivendichiamo il diritto di ripetere verità amarissime e inconfutabili. E dunque: il presepio renziano che, nell’erogazione del bonus dimentica i poveri, i pensionati e i diversamente fiscali (cioè i lavoratori autonomi) non ci piace; la torta del pasticciere fiorentino che aumenta le tasse per finanziare la sua promessa elettorale ci è indigesta; i fuochi d’artificio della spending review farlocca che taglia poco (la sforbiciata sulle auto blu celebrata dai cantori del renzismo vale circa lo 0,1 per cento dei 6,65 miliardi necessari per il bonus) e male (gli interventi per 2,1 miliardi, se mai si faranno, rischiano di essere tagli lineari senza senso) ci sembrano solo petardi di carnevale.

Dire tutto ciò significa remare contro il Paese? Battersi per un’operazione verità è sintomatico di pregiudizio politico? Niente affatto. Proprio perché questo giornale è orgogliosamente in prima linea nel sostenere chi non si arrende, come dimostra l’impegno del nostro tour «Panorama d’Italia», sentiamo oggi più che mai il dovere di alzare quel ditino che la cosiddetta intellighenzia ha invece deciso di abbassare. Renzi se ne faccia una ragione. Un’altra ragione.

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Giorgio Mulè