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Tappa dopo tappa, il viaggio del "latitante" Puigdemont

Da Helsinki era diretto a Bruxelles dove si sarebbe costituito. Ma in Germania viene arrestato. Ora rischia fino a 30 anni di carcere

L'autogrill: splendida scenografia pop per il nuovo capitolo di una delle vicende politiche più appassionanti degli ultimi mesi, legata a doppio filo con le peripezie del suo protagonista principale, Carles Puigdemont, il presidente catalano destituito dal governo spagnolo.

Erano le 11.19 quando il Nostro forse per un caffè, forse per un rifornimento alla Renault Espace con targa belga sui cui viaggiava, viene avvicinato dalla polizia tedesca nell'area di servizio su un'autostrada dello Schleswig Holstein, vicino a Flensburg, a nord di Amburgo, mentre procedeva in direzione sud proveniente dalla frontiera danese che aveva lasciato da poco alle sue spalle. 

La causa catalana in giro per l'Europa

Puigdemont proveniva da Helsinki, da cui era partito venerdì sera dopo aver tenuto una conferenza in Parlamento su invito di un deputato che simpatizza con la causa catalana. Era diretto in Belgio, dove risiedeva, che aveva raggiunto in auto da Girona, il 30 ottobre scorso, meno di due giorni dopo la dichiarazione unilaterale di indipendenza del parlamento catalano.

Si sarebbe costituito a Bruxelles ma il governo spagnolo - che da mesi aveva incaricato i servizi segreti di seguire le sue mosse - ha preferito intercettarlo e fermarlo attraverso la Polizei.

Inizialmente, l'ex-presidente avrebbe dovuto rientrare in aereo ma dopo aver saputo, appunto, che Madrid aveva riattivato il mandato di cattura europeo sospeso dallo scorso dicembre cambia strategia e intraprende un viaggio nel Nordeuropa di duemila chilometri, varcando diversi confini.

La prima tappa è Stoccolma dove arriva in traghetto al termine di tredici ore di navigazione. Poi sale in automobile e giunge in Danimarca. Lì decide di fermarsi per la notte tra sabato e domenica. Quindi riparte. Fino alla cattura. 

Portato in un commissariato tedesco è stato formalmente incriminato per presunta "ribellione" con altri 24 dirigenti catalani dal tribunale supremo spagnolo.

Rischia fino a 30 anni di carcere per avere portato avanti pacificamente il progetto politico dell'indipendenza e per la proclamazione della "repubblica" il 27 ottobre scorso.

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Luciano Lombardi