Tagli alla sanità. Aiuto, mi si è ristretta la cura
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Tagli alla sanità. Aiuto, mi si è ristretta la cura

È stato Monti a lanciare l'allarme. Ma già oggi i cittadini ne fanno le spese

di Fabrizio Paladini e Maria Pirro

Rimandati a casa. Niente operazioni programmate, niente accertamenti diagnostici, posti letto cancellati, niente liquidi di contrasto per le risonanze magnetiche, blocco del turn over... La scure dei tagli alla sanità viene calata senza distinguo e chi ne fa le spese sono i cittadini che hanno bisogno di cure. Dopo le proteste, persino il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha insistito, martedì 11 dicembre, sulla necessità di compiere scelte «selettive», per impedire che il raggiungimento della cifra totale dei tagli previsti alla sanità faccia «nascere difficoltà, tensioni, casi delicati ed errori». Il caso Lazio è forse il più emblematico perché la regione è quella che più affoga nel deficit della sanità (oltre 14 miliardi di euro accumulati negli ultimi dieci anni) e non è in grado di rispettare il piano di rientro. Ma disagi e proteste si verificano ovunque.

Alle inadempienze delle regioni si aggiungono gli effetti dei tagli della legge finanziaria di Giulio Tremonti e della spending review di Mario Monti e Renato Balduzzi. Di quest’ultimo provvedimento si vedranno gli effetti ancor più severi nel 2013 e 2014, ma già si sa che dovranno essere tagliati 7.389 posti letto e che ospedali e reparti «inefficienti» dovranno chiudere. Un esempio su tutti: al Policlinico Umberto I di Roma ci sono ben 22 reparti di chirurgia che eseguono interventi di colicistectomia laparoscopica, ognuno col suo primario, vice e personale vario. Bene, la somma di questi elementari interventi nei 22 reparti è minore di quelli che si eseguono in soli tre reparti di tutta la città di Modena. Intanto, il ministro Balduzzi annuncia la presentazione di una proposta per l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza, le prestazioni sanitarie garantite gratuitamente o con il ticket. Per il finanziamento della sanità generale e anche per la compartecipazione della spesa, un’ipotesi è che chi ha di più paghi di più. Ma in attesa della riorganizzazione dell’intero sistema i tagli producono disagi, Panorama ha fatto una ricognizione in tutte le regioni d’Italia per raccontare la lista ragionata (e certamente parziale) di queste quotidiane difficoltà.

BLOCCO INTERVENTI
La spending review impone di ridurre del 5 per cento le spese per le forniture del secondo semestre 2012: per questo al Cardarelli di Napoli, il principale ospedale, fino al 31 dicembre sono sospese le operazioni programmate di emodinamica, le protesi, l’impianto dei mezzi di sintesi vertebrali, le procedure di neuroradiologia come l’ozonoterapia e quelle in videolaparoscopia applicate per talune patologie. Si tratta di prestazioni ad alto costo, non urgenti ma necessarie. Sul rinvio l’ultima parola spetta, non a caso, ai primari, chiamati a valutare il quadro clinico di ogni paziente e dal dispositivo sono esclusi gli ammalati oncologici. «E lo stop sta causando disagi pesantissimi» dice Franco Verde, del sindacato Anaao- Assomed. Un caso emblematico: «Gli anziani, che sono in lista di attesa da mesi o da più di un anno, per un intervento chirurgico di ortopedia, spesso non escono più di casa per le difficoltà di deambulazione. Non vivono, sopravvivono: diventano prigionieri dei tempi lunghi dell’assistenza».

I tagli colpiscono un sistema già in affanno. Nell’ospedale dei Pellegrini, nel centro storico partenopeo, i dati sui ricoveri ordinari programmati, diffusi a ottobre scorso dai sindacati, mostrano che in certi casi non urgenti si può aspettare, in media, più di 1.000 giorni, quasi tre anni dalla prenotazione. «Sarà forse vietato ammalarsi?» attacca Verde. Ma i disagi attraversano tutta la Penisola.

In Liguria, tra obbligo della Asl 2 di rientrare nel pareggio di bilancio e spending review, sono sette le settimane di attività sospesa per la chirurgia programmata negli ospedali di Savona, Cairo Montenotte, Albenga e Pietra Ligure. Spostati anche gli interventi «non differibili» già programmati. Il blocco delle attività chirurgiche deriva dalla necessità di risparmiare sugli straordinari del personale, come pure su farmaci e costi delle apparecchiature. Così a Livorno, in Toscana, i chirurghi hanno già iniziato le vacanze di Natale. Torneranno dopo il 14 gennaio: un mese e mezzo di ferie forzate per i medici della Asl 6 di Livorno e Cecina: sono garantiti gli interventi di emergenza, quelli legati a patologie tumorali e ad alta priorità. Doppio il risparmio, anche per l’abbattimento dei costi, ammesso dalla direzione della asl. Ma queste disposizioni sull’attività operatoria in elezione, che riguardano diverse strutture sanitarie, hanno riempito la cronaca locale delle ultime settimane tanto da spingere il difensore civico della Regione Toscana, Lucia Franchini, a scrivere ai manager delle asl di Livorno, Massa, Carrara e Firenze per chiedere chiarimenti. Si legge nella lettera: «L’operazione mi lascia dall’esterno perplessa». E se per l’assessore regionale alla Sanità Luigi Marroni «tale riduzione rientra nell’ambito di un normale rallentamento», i sindacati medici avvisano: «Il peggio deve ancora arrivare».

In particolare Cgil Fp e Uil Fpl lanciano l’allarme sulla situazione lombarda: «Per effetto dei tagli conseguenti alla spending review (tagli per 144 milioni di euro nel 2012), molte strutture pubbliche e private hanno già raggiunto in queste settimane i tetti di spesa, con conseguente blocco delle prestazioni». Dove? «A Milano e Varese il gruppo Multimedica (di primo piano nell’assistenza sanitaria) non accetta prenotazioni in convenzione con il Servizio sanitario nazionale e le sposta al prossimo anno; il Monzino opera con attività fuori budget». Di più: a Bergamo l’Istituto Palazzolo chiude le sale operatorie fino al 7 gennaio e mette in ferie forzate i lavoratori, annullando gli interventi programmati, mentre a Mantova l’azienda ospedaliera Poma non accetta prenotazioni per le cure fisiche riabilitative.

L'ASSISTENZA (ORA) SI PAGA
Ai tempi della crisi curarsi può diventare un lusso. Soprattutto nel Lazio. Come dimostra la situazione al Fatebenefratelli, all’Isola Tiberina, fra i centri preferiti dalle donne incinte, dove è sospesa fino al 31 dicembre l’erogazione delle prestazioni ambulatoriali e di ricovero ordinari in regime di convenzione (sono esclusi dalla sospensione i servizi di emergenza e le prestazioni essenziali). La situazione, comunica la direzione dell’ospedale, è causata dalla riduzione dei budget già concordati per il 2012 con la Regione Lazio e, poiché ora si paga ogni singola prestazione, «al fine di venire incontro all’utenza», nella struttura sono state predisposte tariffe agevolate. Per i tagli ai servizi i pazienti sono però esasperati. All’ospedale Cristo Re, segnala la Cgil, una paziente ha chiamato i carabinieri per segnalare lo stop alla prestazione in regime di convenzione e con il ticket. Dal 6 dicembre in questa struttura, come al Santo Spirito e in altre strutture della regione, si rinviano al 2013 appuntamenti e ricoveri programmati per il mese in corso. Ed è in bilico l’assistenza anche per gli ammalati già sull’orlo di una crisi di nervi. Nella casa di cura Villa Armonia Nuova, specializzata nel trattamento di patologie psichiatriche anche per acuti, sono a rischio le degenze e i ricoveri: qui il budget previsto dalla convenzione con la regione ha consentito la copertura finanziaria fino al 10 dicembre.

GIRO DI VITE AL 118
Regione che vai, paradosso che trovi. Al servizio 118 della Provincia di Bari sono contingentate persino le placche del defibrillatore. «Le richiediamo, ci rispondono dall’amministrazione che le risorse non ci sono» riferisce il medico Francesco Papappicco, che ricorda anche come i lavoratori del 118 «siano costretti ad acquistare con i propri soldi l’abbigliamento antiinfortunistico». Giro di vite anche sull’elisoccorso: in Calabria la «punta di diamante» dell’emergenza. «Nelle quattro basi regionali» afferma Vito Cianni, del sindacato Aaroi-Emac, quest’anno sono previsti circa 200 interventi e 220 ore di volo in meno rispetto alle 1.250 ore del 2011. Se l’impiego dell’elicottero risulta essere “improprio”, le spese di volo sono a carico del medico che lo attiva: 800 euro l’ora».

STOP ALLA GUERRA MEDICA
Sono state colpite dagli ultimi tagli anche le reti di assistenza territoriale. Disco rosso per gli autisti della guardia medica del capoluogo ligure. Lì i dottori della Fimmg, la Federazione italiana dei medici di medicina generale che assicurano il servizio di continuità assistenziale (visite a domicilio di notte e nei giorni festivi), protestano contro la delibera 837 sulla spending review dell’Asl 3 di Genova, che dovrebbe ridurre gli autisti. Dopo 38 anni, in alcune zone, dovranno fare le visite a domicilio con la difficoltà di non trovare un parcheggio. «Diventeranno più lunghi i tempi di intervento» prevede Paola Berti, segretario provinciale del sindacato che sottolinea anche i rischi per la sicurezza.

CONCORSI CONGELATI
Dal 5 dicembre l’assessorato regionale siciliano alla Salute ha imposto lo stop a tutti i concorsi di medici e paramedici nelle aziende sanitarie e ospedaliere: si tratta di oltre 2 mila posti. Per ora sono garantiti solo gli incarichi a tempo determinato per assicurare i servizi e i livelli essenziali di assistenza. Ma la vertenza dei precari in tutta Italia è esplosiva. Le carenze in organico si registrano soprattutto nelle regioni dove il blocco del turnover è scattato da anni, per effetto del piano di rientro dal debito della sanità. A volte con risvolti incredibili. Come i contratti a tempo determinato di 30 giorni: all’Asl di Taranto il chirurgo vascolare Francesco Gallo ha declinato l’offerta: «Sarebbe stato assurdo non potersi rapportare con un paziente nel tempo adeguato e dovergli addirittura dire addio dopo la prima visita».

FORNITURE LIMITATE
«Agli Ospedali riuniti di Trieste è ritornata la cerata con l’elastico per proteggere il materasso, che non viene più impacchettato e disinfettato, al momento della dimissione di ogni paziente» segnala Rossana Giacaz, della Cgil. Al Policlinico di Palermo la ditta di pulizia lavora nei vari reparti solo due ore e mezzo al giorno e se c’è necessità viene ricontattata. Dal Nord al Sud, e ritorno: «Pulizie ridotte anche nei corridoi e nelle scale delle strutture sanitarie di Belluno. Qui il taglio imposto dalla spending review è stato rimodulato senza intaccare ambulatori e aree di degenza, ma le cooperative che assicurano il servizio vorrebbero mettere in mobilità il 25 per cento dei lavoratori e il rischio è che a lungo andare la sforbiciata sul personale possa tradursi in una non corretta bonifica degli spazi» afferma la Cgil con Ludovico Bellini. Non solo: «C’è preoccupazione per gli altri tagli sulla manutenzione di apparecchiature e sulle altre forniture di materiale sanitario». Dice Leo Damiani, dirigente medico dell’ospedale Di Venere di Bari: «Per spendere meno ci forniscono siringhe e cerotti cinesi». Intanto all’Asl Roma G è stato ridotto di 30 minuti l’orario del centro unico prenotazione in seguito al taglio del 5 per cento dell’appalto alla ditta che gestisce il servizio.

MENU TROPPO LEGGERI
Può sembrare una questione minore, ma per gli ammalati ricoverati per giorni e settimane in ospedale il cibo può essere l’unico «piacere». E ora i menu sono ridotti nella scelta. «Negli Ospedali riuniti di Trieste sono spariti anche i budini serviti a fine pasto» dice Giacaz. Il consigliere regionale Peppino Longo il 5 dicembre lamenta invece che nel centro per la dialisi del Policlinico pugliese «la spending review impone scelte tra fette biscottate e cornetti e non ci sarebbero soldi a sufficienza. Stiamo parlando di un piccolo gesto». Per i celiaci la sorpresa amara è arrivata via raccomandata con ricevuta di ritorno firmata dall’Asl 10 di Firenze: da restituire i buoni da 130 euro mensili come contributo per l’acquisto di prodotti senza glutine. Nella lettera si fa riferimento alla spending review, ma il direttore del settore farmaceutico della Toscana smentisce: i buoni sono stati ritirati perché il costo dei prodotti senza glutine sul mercato si è abbassato e quei soldi non erano più necessari.

Nei presidi di Crema e di Rivolta d’Adda, invece, lo stop alla fornitura dell’acqua ai pazienti, durante i pasti, è durato due settimane, spiega la sindacalista Monica Vangi. Il provvedimento è stato annullato dopo le proteste: sciopero della sete, distribuzione gratuita di 100 mila bottiglie di minerale, manifestazioni e petizione popolare con migliaia di firme raccolte in poche ore.

DAI LETTI ALLE BARRICATE
L’agitazione contro i tagli unisce gli ammalati d’Italia. A Torino 300 donne si sono fatte fotografare a seno nudo per salvare l’ospedale Valdese. In Valle Peligna a difesa del punto nascita nell’ospedale di Sulmona è iniziato lo sciopero del sesso, singolare e provocatoria iniziativa di un comitato femminile. Sciopero della fame annunciato (contro il parere dei medici) dai cardiopatici di Termoli, che hanno già raccolto oltre 500 firme per difendere l’ospedale dal piano di ridimensionamento: digiuneranno per dire no alla riduzione, da 30 a 10, dei posti letto. Il piano prevede un unico centro operativo notte e giorno a Campobasso. Ciò significa che le emergenze, in futuro, potranno essere gestite all’ospedale termolese solo fino alle 14, dopo sarà necessaria la corsa in ambulanza fino al capoluogo molisano. Intanto Monserrato, in provincia di Cagliari, è diventato il simbolo della protesta più dura, quella dei malati di Sla. Qui risiede Salvatore Usala, segretario del comitato 16 novembre. Pronto a lasciarsi morire davanti al ministero dell’Economia per esaurimento delle batterie del respiratore pur di bloccare i tagli all’assistenza.
(hanno collaborato Enzo Beretta, Michele De Feudis, Emiliano Farina, Marco Madonia, Daniele Pajar, Dario Pellizzari, Lia Romagno, Giorgio Sturlese Tosi, Giuliana Susi, Giuseppina Varsalona)

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