Studente morto in gita: nessuna novità, tanta disinformazione
Dopo gli ultimi interrogatori dei compagni di Domenico, le dichiarazioni collimano alla perfezione. Ma per molti è la prova che mentono
La vera novità, se così si può chiamare, è che dai nuovi interrogatori a cui sono stati sottoposti i compagni di classe, quelle che erano piccole differenze iniziali risultano superate.
Le versioni fornite dai ragazzi che erano in gita con Domenico Maurantonio, lo studente padovano precipitato dal quinto piano di un albergo di Milano, collimano perfettamente e non lasciano crepe o margini di dubbio. Da questo si desume che i ragazzi dicano la verità. A meno che qualcuno non possieda degli elementi concreti che dimostrino il contrario.
Dovrebbe funzionare così, nei paesi civili, nei quali il garantismo non è soltanto un colluttorio con il quale sciacquarsi la bocca. Ma l’Italia evidentemente non lo è, perché il presupposto di partenza è esattamente il contrario: siccome dicono tutti la stessa cosa, questo significa che mentono, che si sono messi d’accordo e sono omertosi.
Certezza che si ricava da inattaccabili presupposti oggettivi, ovvero i nostri ricordi sulle scorribande notturne in fatto di gite scolastiche. Esperti di goliardate e scherzi di cattivo gusto, non possiamo non ritenere che le cose siano andate in questo modo, come ha ricostruito alla lettera Giorgio Dell’Arti sulla Gazzetta dello Sport di oggi: “Devono avergli dato qualcosa per farlo sentir male. Poi devono averlo preso per le braccia e per le gambe, gli devono aver tolto le mutandine e i pantaloncini, lo devono aver trascinato fino a quella finestra, e devono aver tentato di farlo defecare nel vuoto, con il sedere che sporgeva fuori dal davanzale. Non hanno saputo sorreggerlo, o il ragazzo di è agitato troppo...è caduto giù e quelli hanno tirato in cortile le mutande e i pantaloncini, e sono corsi a rintanarsi nelle loro camere».
Deve essere andata per forza così, conclude dell’Arti. Frase che la dice tutta sulla fondatezza e serietà della ricostruzione. E siccome è universalmente assodato che le cose sono andate in questo modo, il Corriere della Sera nell’intervistare il papà della vittima chiede il suo pensiero sulla proposta avanzata da “qualcuno”, ovvero che i ragazzi che mentono non vengano ammessi all’esame di maturità.
I "ragazzi che mentono" è un principio ormai inscalfibile, che si ricava anche dal sequestro dei loro telefoni cellulari, un provvedimento normalissimo in casi come questi per andare ad analizzare il flusso dei messaggi nei momenti precedenti e successivi la morte del compagno. Ma qui si lascia intendere che dietro ci sia una pista investigativa concreta. Se poi a questo aggiungiamo il fatto che questi ragazzi non sono andati alla messa in suffragio di Domenico, ecco il quadro probatorio si completa e si può emettere la sentenza: colpevoli!