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(Ansa)
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Lo Sport è nella Costituzione. Ora il paese cambi mentalità

All’indomani dell’inserimento tra i valori della nostra Carta costituzionale, Giovanni Sciancalepore, giurista dello sport nell’Università degli Studi di Salerno, commenta come «la novità dovrà condurre, necessariamente, ad un mutamento del nostro atteggiamento mentale nei confronti dello sport»

Rimarrà una data storica, per lo Sport italiano, quella del 20 settembre 2023. Infatti con la seconda e ultima deliberazione della Camera dei deputati, si è positivamente concluso l’iter legis che ha condotto all’approvazione del disegno di legge costituzionale che ha inserito lo sport, appunto, nella nostra Carta costituzionale, proprio nei giorni che ne ricordano il settantacinquesimo anniversario dalla sua entrata in vigore. La modifica unanime dell’art. 33 della Costituzione ha, così, permesso, l’introduzione del secondo comma: «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme». Un comma che sintetizza, in poche e chiare parole, il significato vero e profondo di una vera rivoluzione costituzionale che nel corso degli anni a venire potrà migliorare la qualità della vita dei cittadini e delle comunità da essi formate. Un’impostazione che segue pedissequamente, nel solco della storia democratica del nostro Paese, la forza programmatica dei valori e dei principi di rango costituzionale chiamati a penetrare nella nostra vita quotidiana. Dunque il sacrosanto riconoscimento di un valore che da oggi sarà anche un diritto di rango costituzionale, per ciò stesso arruolabile tra quelli posti nella superiore gerarchia delle stesse fonti del diritto.

Panorama.it ha chiesto al professore Giovanni Sciancalepore, un commento sulla rivoluzionaria novità giuridica, intesa ad innovare diritto e mentalità quotidiana.

Professore, un traguardo giuridico fondamentale…

«Lo è, sia dal punto di vista formale che sostanziale. Dal primo versante, visto l’inserimento nella nostra Carta costituzionale, intesa come regina delle fonti del diritto, e poi anche sostanziale, perché la modifica dell’art. 33 di tale fonte apicale riconosce, nell’ambito dei valori costituzionali, la centralità dell’attività sportiva».

…caratterizzato da un alto valore sociale.

«Direi che l’attività sportiva e non lo “sport” in sé, si caratterizza per un’alta valenza sociale proprio perché espressione di un valore educativo. Nel contesto costituzionale non viene presa in considerazione la performance agonistica, la prestazione e la massimizzazione dei risultati, ma un’attività che sia strumentale al raggiungimento di un equilibrio psico-fisico, a sua volta diretto alla piena realizzazione della persona umana. Concetti, questi ultimi, già conducenti tra i valori sanciti dalla Costituzione».

Addentriamoci nel campo del diritto: cosa cambia adesso?

«Dovrà cambiare, innanzitutto, l’approccio di noi tutti al tema della pratica sportiva, non intesa come mero esercizio fisico, ma come messa in pratica dei valori della civile convivenza, che lo sport, da sempre, ha cercato di rendere parte integrante della nostra coabitazione sociale. Cambia, quindi, nella misura in cui lo sport, il suo diritto, assumerà la piena rilevanza costituzionale. Nella ben nota gerarchia delle fonti -lo sappiamo bene- la Costituzione rappresenta la “fonte delle fonti”, quindi parliamo di una nuova impostazione culturale che dovrà necessariamente farsi largo a partire dalla nostra vita quotidiana, dalla pratica sportiva di ognuno di noi».

Le parla di convivenza civile…

«Ragioniamo di concetti portanti l’assetto democratico e liberale del nostro ordinamento, non c’è che dire. Se volessimo virare, nello specifico, proprio sul tema del “diritto dello sport”, al di là di questa consapevolezza, mi permetterei di sottolineare, con estrema franchezza, che non è che si stravolgerà il mondo. E’ il nostro approccio mentale e culturale che dovrà necessariamente modificarsi alla luce di tale importante innovazione».

Prima della modifica dell'articolo 33, nella Costituzione italiana l’unico riferimento allo sport era presente all’articolo 117 comma 3.

«Quella norma inseriva l’ordinamento sportivo (già presente nella legislazione ordinaria) tra le materie di legislazione concorrente, ossia a metà tra le competenze dello Stato e quelle delle Regioni. E’ stata finalmente bilanciata l’attività sportiva passando da un contesto di carattere “procedimentale” a un profilo più marcatamente “sostanziale”. Si rifletta sulla seguente circostanza sistematica: l’art. 33 seguire l’art. 32 che sappiamo bene valorizzare la salute umana come diritto di rango primario».

Pare di capire che lei faccia riferimento ad un processo di riassetto dell’economia generale della Costituzione…

«Esatto, un riassetto non insignificante o formale, ma che acquista, evidentemente, un suo senso nell’inserimento dell’attività sportiva in quel novero di diritti e valori fondamentali che caratterizzano la Carta come centrale nel nostro ordinamento».

La Costituzione finora non aveva però annoverato alcun riferimento specifico all’attività sportiva o allo sport in generale.

«Non è stato però scelto il termine “sport”, preferendosi invece quello di “attività sportiva”. Senza assumere atteggiamenti aprioristici, molto verosimilmente la terminologia non è stata dettata dalla casualità, visto che l’“attività sportiva” rappresenta un’attività ludica ma che, al contempo, può sfociare in qualcosa di professionistico, cioè di agonistico. Probabilmente il legislatore, pensando al contesto costituzionale, ha prediletto il concetto di “attività” forse anche come forma espressiva, quasi a voler sottolineare l’evolversi di un procedimento sportivo».

Il passaggio sembra essere centrale!

«Con l’attività sportiva è come se ci trovassimo di fronte ad una forma espressiva della persona, ad una sua peculiarità, ad una sua attitudine, anche come momento di realizzazione e di attuazione della singola persona. Se questa è -come penso- la ratio della norma, ci troviamo innanzi ad un passaggio nobile nell’atteggiamento assunto dal legislatore costituzionale, diretto ad un inserimento della pratica sportiva nel novero fondante il nostro assetto costituzionale».

Una distinzione soltanto formale?

«Una chiara scelta politica per sottolineare l'attenzione verso la pratica sportiva generalizzata, quella di tutti i giorni, piuttosto che nei confronti dell’agonismo d’élite professionistico».

Lei è un giurista dello sport, ora si sentirà più responsabilizzato?

«Una delle prime lezioni che tengo ai miei studenti, ad inizio corso, serve sempre a far capire loro che pur nella peculiarità del contesto sportivo in cui ci troviamo, il tutto va inquadrato in una logica sistematica di natura costituzionale. Personalmente non cambierà quasi nulla, nel senso che ho sempre parlato e predicato della necessità che lo sport -e la stessa autonomia del suo ordinamento, dichiarata dal legislatore- continuano a fare parte integrante del sistema ordinamentale statuale. In primis di quello costituzionale, ovviamente».

Ora, però, c’è un riconoscimento al più alto livello…

«Certo, oggi il riconoscimento “nominale” da parte del legislatore costituzionale amplifica questo aspetto e, personalmente, questo passaggio mi inorgoglisce ancora di più ».

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Giovanni Sciancalepore, salernitano, classe 1967, è professore ordinario di Sistemi giuridici comparati presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche (Scuola di Giurisprudenza) dell’Università degli Studi di Salerno di cui è direttore. Dal 2000, è titolare dell’insegnamento di Diritto dello Sport. In tale ambito ha pubblicato, tra gli altri, Lineamenti di giustizia sportiva (a cura di G. Sciancalepore e P. Stanzione, S. Palazzi, Giappichelli, 2015), mettendo in risalto -tra l’altro- la considerazione delle modalità operative della giustizia sportiva per la ricostruzione di una giurisdizione domestica nel contesto delle regole di talune federazioni sportive, illuminando le regole proprie del processo sportivo.

Panorama.it Egidio Lorito, 22/09/2023

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