Seveso, 10 luglio 1976. Il giorno della diossina
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Seveso, 10 luglio 1976. Il giorno della diossina

Un incidente a un reattore chimico 40 anni fa provocò una nube tossica che avvelenò il centro brianzolo. La verità sul disastro solo una settimana dopo

La nube tossica si levò silenziosa poco dopo le 12,30 di sabato 10 luglio 1976

Nessuno se ne accorse, mentre il vento che soffiava da Nord verso Sudest la spingeva da Meda verso gli abitati di Seveso e Cesano Maderno, in Brianza. 

La nuvola velenosa si era sprigionata dallo stabilimento chimico dell'ICMESA, una fabbrica di componenti per diserbanti di proprietà della società svizzeraGivaudan. L'incidente si era consumato per un errore umano presso uno dei reattori chimici dello stabilimento. Gli addetti fermarono la produzione senza azionare il raffreddamento del sistema. Le alte temperature raggiunte nel reattore fecero si che le sostanze presenti subissero una reazione chimica anomala, trasformando il contenuto in un composto dal nome scientifico di 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina (TCDD), comunemente chiamato diossina. Simile ma non esattamente uguale all'Agent Orange, il diserbante ampiamente utilizzato nella guerra in Vietnam, il TCDD era escluso da utilizzi militari per il grado di altissima contaminazione che avrebbe reso vano ogni tipo di penetrazione di truppe sul territorio irrorato. 

L'incidente del 10 luglio avrebbe dovuto far scattare immediatamente l'allarme ambientale e l'evacuazione rapida della popolazione interessata nella zona raggiunta dalla nube. Invece, nessuno parlò dell'accaduto per una intera settimana. I primi a mostrare i gravi sintomi dell'intossicazione da diossina furono gli animali domestici e da cortile, che cominciarono a morire in gran numero. A seguire i bambini, che tra i primi mostrarono gli evidentissimi segni della cloracne, gravissima dermatosi da esposizione a derivati del cloro. Contemporaneamente morirono in grande quantità i vegetali, uccisi dall'alto effetto diserbante del TCDD. 

Tra i primi a lanciare l'allarme fu il dottor Aldo Cavallaro, direttore del Laboratorio di Igiene e Profilassi dell'Amministrazione Provinciale. Assieme al sindaco di Seveso Francesco Rocca si recarono all'ICMESA per avere spiegazioni dai responsabili della produzione. Era il 18 luglio 1976, era passata più di una settimana dall'incidente. Alle domande dei due rappresentanti delle istituzioni, i tecnici risposero vagamente. Ammisero quanto accaduto il sabato precedente, ma temporeggiarono sull'effettiva azione del TCDD. Mercoledì 21 luglio il pretore fa arrestare l'ingegnere svizzero Zwehl e il direttore italiano dello stabilimento, mentre a Zurigo cominciano le prime deboli ammissioni.

La zona ad alto tasso di contaminazione (zona "A") viene evacuata mentre sul posto giungono i militari dei nuclei NBC, per le prime valutazioni in vista della bonifica del territorio. Gli sfollati furono 733, gli affetti da cloracne circa 250. La bonifica iniziò con l'asportazione totale del terreno contaminato, parallelamente al processo che vedeva indagata la società svizzera alla quale già nei mesi precedenti l'incidente la Provincia di Milano aveva contestato diverse irregolarità ed infrazioni delle norme ambientali. L'azione giudiziaria giunse ad una prima transazione nel 1980, che prevedeva il versamento di 103 miliardi di lire per la tragedia di Seveso, esclusi i risarcimenti alle famiglie dei cittadini contaminati dalla diossina che furono gestiti direttamente dagli uffici italiani della ICMESA. Da allora si sono succedute altre azioni giudiziarie nei confronti della multinazionale svizzera per i danni morali come stress e danno biologico in tre grandi cause in 30 anni tra ricorsi, appelli e richieste di prescrizione da parte dei rappresentanti elvetici. Nel 2001 la Givaudan chiede addirittura un rimborso di parte dei risarcimenti per danno esistenziale, prima di essere messa essa stessa in liquidazione.

In seguito al disastro della diossina si aprì il dibattito sulle conseguenze a lungo termine della contaminazione, dall'aumento dell'incidenza di tumori alla crescita delle malformazioni fetali. Molte tra le donne incinte al momento dell'incidente spinsero per l'interruzione della gravidanza, che fu in molti casi concessa con una deroga speciale del Governo Andreotti. La tragedia di Seveso fece indirettamente da volano al dibattito nazionale che porterà al referendum popolare del 1981 in materia di aborto. Riguardo alle conseguenze sulla salute degli abitanti delle zone contaminate, per anni i giudizi derivati dagli studi scientifici sui campioni sono rimasti contrastanti. Si registrano tassi più alti di alterazioni ormonali (TSH) sui neonati di circa il 6,6% mentre gli studi condotti negli anni presso la Clinica del Lavoro di Milano e contestati dai comitati civici non indicherebbero una sensibile crescita di patologie tumorali conseguenza dell'incidente di 40 anni fa. Seveso è stato più grave disastro ambientale italiano, e il dodicesimo nel mondo.

Ansa
Il reattore chimico A101 dell'ICMESA di Meda, dal quale si sprigionò la nube tossica

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Edoardo Frittoli