rifiuti-roma
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
News

Roma, i rifiuti del Sud e una scomoda verità

Il caos immondizia nella capitale e le ricorrenti emergenze nel Mezzogiorno sono causate dalla mancanza di termovalorizzatori. Ma nessuno lo dice

Siamo alle solite, a Roma e nel Mezzogiorno torna l’emergenza dei rifiuti urbani. A Roma ci sono mille tonnellate di immondizia da collocare da qualche parte in sette giorni mentre si cerca un Paese che se ne prenda un po' (a pagamento' s'intende). Intanto tra Roma e Regione Lazio volano gli stracci.

In Campania in settembre si fermeranno per manutenzione tre linee del termovalorizzatore di Acerra (in provincia di Napoli) e i comuni devono attrezzarsi per gestire temporaneamente un’enorme massa di rifiuti: ora capiscono quanto è importante un impianto che nessuno voleva e fu costruito sotto la protezione dei militari. Il presidente della Regione Vincenzo De Luca ha lanciato un appello il 21 giugno alle amministrazioni locali per spingerli ad individuare siti di stoccaggio, visto che 80 mila tonnellate di rifiuti per 40 giorni non potranno essere bruciati nell’impianto. De Luca ha accusato i comuni di essere «distratti» e di muoversi in ritardo: in effetti si sa da mesi che l’impianto di Acerra deve fermarsi per una manutenzione programmata da tempo e sarebbe paradossale che la Campania di trovi impreparata davanti a quella che di fatto non sarebbe un evento straordinario.

Inutile dire che di emergenze non si parlerebbe se il Lazio e le regioni del Sud si dotassero di impianti per il trattamento dei rifiuti e per la loro trasformazione in energia: in Lombardia, dove il conferimento dell’immondizia in discarica è pari allo 0,5 per cento, ci sono 13 termovalorizzatori e la raccolta differenzia sfiora il 70 per cento. Nel Lazio, dove Roma soffoca sotto la spazzatura e c’è la più grande discarica d’Europa e c’è un solo termovalorizzatore; in Campania ce n’è uno; in Sicilia, dove il sistema delle discariche ormai è al collasso, non ce n’è neppure uno. In media nel Sud la raccolta differenziata è al 42 per cento. Il risultato è che queste amministrazioni tentano di esportare i loro rifiuti in altre regioni trovando però gli impianti saturi e dovendo sborsare cifre sempre più alte. Che finiscono nella Tari pagata dai cittadini.


Forse ai cittadini di Roma, di Napoli o di Palermo bisognerebbe far fare una gita a Milano: mostrargli che per strada non ci sono cassonetti e che è improbabile che un ristoratore butti per strada sacchi di rifiuti come succede a Roma. E questo accade a Milano perché la città ha i suoi inceneritori, come tutte le città europee. Perché Roma no? 

I più letti

avatar-icon

Guido Fontanelli