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Queste vuote teste di "Rap"

I pezzi di alcuni cantanti rap sono agghiaccianti. e la cosa peggiore è che fanno preseliti

Bisognerebbe fargli un monumento al prete anti-rap. E invece la sua battaglia, ancora una volta, sta pericolosamente scivolando nel silenzio. E dire che ce l’ha messa tutta don Pietro Cesena, 60 anni, parroco di Borgotrebbia, in provincia di Piacenza, per farsi notare. L’altro giorno, durante la predica, non ha esitato a rompere il tabù della parolaccia: «Stronzi» ha gridato dall’altare, lasciando di stucco le pie donne in attesa di fare la comunione. E poi l’ha ripetuto una seconda volta sempre a voce alta: «Stronzi». E infine ha spiegato il motivo di tanta indignazione in un’intervista al Quotidiano nazionale: «Era ora di fare qualcosa, non si poteva più stare a guardare. Non è possibile che i nostri ragazzi ascoltino da questi stronzi che ciò che vale sono solo la carriera, i soldi, il sesso e la droga» ha detto. E poi ha concluso con parole che avrebbero fatto la gioia di don Camillo: «I rapper? Se li incontro, li picchio».

Nelle stesse ore a Jesolo, un gruppo di ragazzi multietnico, un po’ di italiani e qualche straniero, ha preso a botte due bagnini, mandandoli all’ospedale. La colpa dei bagnini? Hanno cacciato i ragazzi dai lettini, dove non potevano stare. Cioè, probabilmente, hanno fatto soltanto il loro mestiere. Ma al di là della ricostruzione della vicenda, e di chi si assume la responsabilità dell’origine della lite, ciò che colpisce è l’arroganza di questi ragazzi, la mancanza di pentimento, l’orgoglio con cui rivendicano la violenza («Era giusto farlo»), prima nei loro video, poi anche davanti ai giudici, la certezza di essere dalla parte della ragione e di avere, per questo, pure l’approvazione di mamma e papà («I genitori sono d’accordo con noi»).

Tutti elementi di uno spaccato adolescenziale da paura. Che c’entrano, però, i baby violenti di Jesolo con il prete anti-rap di Borgotrebbia? Perché li ho messi in collegamento? Semplice: perché sul Corriere della sera ho trovato un articolo che tracciava il profilo dei violenti della battigia. E cominciava così: «Si muovono in gruppo, ascoltano musica trap e uno dei loro miti è il rapper Mostro».

Mi è venuta la curiosità di andare a leggere i testi di questo cantante (si fa per dire) che fin dalla scelta del nome di battaglia appare piuttosto aggressivo. E ho letto espressioni di odio alla vita, inviti più o meno larvati a sballare, aggressività. «Mostro è tornato, simpatico come un conato» canta (si fa sempre per dire). E poi ancora: «Senza chiedere aiuto, continuo a fottermi la vita». E poi ancora: «Ho troppo odio in corpo... Brutta stronza fallo forza, se non vuoi un buco in faccia».

Ho pensato che sarebbe bello se don Pietro incontrasse il Mostro (simpatico come un conato) in mezzo a una strada. Magari finirebbe tutto a tarallucci e vin santo, forse si troverebbero ad alzare il calice della messa per un brindisi a base di birra, forse si accorgerebbero che è tutto uno scherzo da prete. Ma se invece il Mostro si prendesse una sacrosanta lezione e due schiaffoni, non sarebbe meraviglioso?

Perché è vero che, da che mondo è mondo, i più anziani non hanno mai capito le canzoni dei più giovani. Ma è anche vero che mai come ora dentro le canzoni dei più giovani c’è stato tanto odio, disprezzo, nichilismo. Vuoto cosmico riempito di violenza verbale.

La polemica era già esplosa qualche mese fa, dopo la tragedia di Corinaldo, nella Marche. Sei morti, oltre 50 feriti al concerto di Sfera Ebbasta, frequentato da ragazzini tutti impazziti per le sue canzoni. Ma cosa dicono le sue canzoni? ci si chiese allora. Ed ebbero un po’ di risonanza i testi più famosi. Come: «Hey troia, vieni in camera con la tua amica porca, quella dell’altra volta». Oppure: «Pusher sul mio iPhone, pute (puttane) sul mio iPad, fanculo il Moet prendiamo tutto il bar».

Emerse chiaro, già allora, che lo spazio riferimento, di quest’uomo è tutto compreso tra l’iPhone e l’iPad, arricchendosi ora di troie, ora di pute, ora di sostanze eccitanti («sciroppo cade basso, come l’Md») e ora di soldi («Solo facendo soldi senza più pensieri»). E la domanda che ci si fece allora è: può essere costui un modello, un campione, un esempio per l’esercito dei 14-15enni? Purtroppo la domanda di allora è la stessa che ci poniamo oggi. Non è cambiato molto, se non che alcuni di quei 14-15enne che a Corinaldo volevano solo divertirsi non ci sono più. Sfera Ebbasta, invece, ha ripreso i concerti, riempendosi le tasche di applausi e soldi. Buon tour, sia chiaro. Ma speriamo che almeno una delle tue tappe sia nel paese di don Pietro...

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Mario Giordano

(Alessandria, 1966). Ha incominciato a denunciare scandali all'inizio della sua carriera (il primo libro s'intitolava Silenzio, si ruba) e non s'è ancora stancato. Purtroppo neppure gli altri si sono stancati di rubare. Ha diretto Studio Aperto, Il Giornale, l'all news di Mediaset Tgcom24 e ora il Tg4. Sposato, ha quattro figli che sono il miglior allenamento per questo giornale. Infatti ogni sera gli dicono: «Papà, dicci la verità». Provate voi a mentire.

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