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ANSA /MICHELE NACCARI
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Processo Stato-Mafia: la Cassazione rigetta il ricorso della Procura di Palermo

La Suprema Corte mette un punto fermo sull'assoluzione del prefetto Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu

La Cassazione l'8 giugno ha messo un punto fermo su un processo giudiziario durato 20 anni mettendo in estremo imbarazzo i magistrati che hanno costruito l'inchiesta sui presunti rapporti Stato-mafia. Un processo iniziato con la mancata perquisizione del covo di Riina e proseguito con la mancata cattura del boss Provenzano che, secondo l'impianto accusatorio dei magistrati, era frutto di una trattativa tra Stato e mafia.

I giudici supremi della Cassazione, hanno rigettato il ricorso della procura di Palermo nei confronti del prefetto Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, dopo due assoluzioni in primo e secondo grado dall'accusa di aver favorito la latitanza del boss Bernardo Provenzano, per non averlo catturato nel 1995 a Mezzojuso vicino Palermo.

I magistrati di Palermo e anche la procura generale in Appello nei confronti di Mori e della sua squadra (in questo caso il capitano Utimo assolto con sentenza inappellata dalla Procura e resa effettiva da luglio del 2006, quindi definitiva ndr) hanno riproposto in dibattimento la mancata perquisizione del covo di Riina, per sostenere l'esistenza di "un'organizzazione militare parallela allo Stato eversiva guidata da Mori". Una squadra di briganti, in parole povere, che agiva parallelamente e non per il bene dello Stato. Un'onta per coloro che con dedizione e senso dello Stato, dopo aver catturato Riina, si sono trovati in aula giudiziaria con l'accusa di favoreggiamento a Cosa nostra.

È toccato sempre al prefetto Mori e al suo braccio destro, il colonnello Mauro Obinu, difendersi dall'accusa di aver favorito la latitanza del boss Provenzano, per la mancata cattura nel 1995 a Palermo. Poi altre accuse come la mancata cattura di Leonardo Bagarella a Terme Vigliatore, nel messinese, nel 1993. Infine, gli uomini di Mori sono finiti nel mirino dei pm, imputati di aver trattato con la mafia per un allegerimento morbido del 41 bis ai boss di Cosa nostra.

Le reazione di Mori

"Sono sereno, ho rinunciato alla prescrizione perché sono un fedele servitore dello Stato. E non darei un buon esempio a coloro che sono stati sotto il mio comando, sia bacchettati sia encomiati. Non ho nulla da nascondere e mi sottopongo al giudizio di un altro organo dello Stato, fiducioso. Mi spiace che tutta la mia squadra abbia avuto problemi... Credo da servitore fedele dello Stato nella Magistratura. Poi saranno gli organi competenti della Magistratura a valutare se chi ha sbagliato debba pagare".

L'avvocato Basilio Milio, difensore del Prefetto Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, dichiara: "La Corte suprema con questa sentenza, ha suggellato quelle che sono state le valutazioni espresse dai giudici di merito su queste vicende, condensate in due monumenti di diritto di circa 1800 pagine, le sentenze di primo e secondo grado". E continua: "Si è condensata in primo luogo una vittoria delle Istituzioni e poi, anche quella degli imputati, i quali hanno sempre servito fedelmente questo Paese e hanno dato, con il loro comportamento processuale e con la rinuncia alla prescrizione, l'ennesima prova di correttezza, di attaccamento allo Stato e fiducia nella Giustizia... Questa sentenza rappresenta anche la sconfitta di teorie e teoremi che necessariamente soccombono davanti ai fatti".

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Anna Germoni