La primavera russa di Putin
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La primavera russa di Putin

L’annessione della Crimea dà nuova linfa a rivendicazioni territoriali che sembravano confinate ai libri di storia. E che lo zar del Cremlino sfrutta in chiave strategica.

Dalla "Novorossija" (la Nuova Russia nel sud-est dell’Ucraina) alla sconosciuta Transnistria, dai tremebondi paesi baltici ai frammenti del Caucaso. L’annessione della Crimea è solo il primo tassello del nuovo puzzle geopolitico del Cremlino. Per contenere l’espansione della Nato e dell’Unione europea verso Est, lo zar Vladimir Putin mira a proteggere e inglobare territori dimenticati o sepolti dalla storia dove vivono milioni di russofoni.

Una strategia "imperiale" tracciata da Aleksander Dughin, ideologo degli euroasiatici, con uno scenario in dieci punti battezzato "la primavera russa". Una Crimea dopo l’altra, piccola o grande, a cominciare dalla Novorossija, il vasto territorio a nord del Mar Nero, da Odessa a Donetsk, che Caterina la grande colonizzò nel Diciottesimo secolo dopo una lunga lotta con gli ottomani. Oggi in Ucraina, dove vivono 8 milioni di russi, la fetta orientale della Novorossija è già sconvolta dalla rivolta armata dei separatisti filo Mosca. Il 17 aprile il presidente russo Vladimir Putin ne ha parlato per la prima volta in diretta tv: "Sotto gli zar questa regione si chiamava Nuova Russia e i suoi territori passarono all’Ucraina nel 1920. Solo Dio può sapere perché il governo sovietico autorizzò questo passaggio".

Dughin, il dottor Stranamore molto ascoltato dal Cremlino, non ha dubbi: "Scoppierà la guerra civile e Mosca aiuterà i russofoni, mentre l’Occidente appoggerà Kiev". E poi: "La Russia invierà le truppe nell’Ucraina orientale e inizierà la liberazione della Nuova Russia".

La dimenticata Transnistria, un lembo di terra secessionista della Moldavia dove vivono 200 mila russi, è la cerniera con il sud-est dell’Ucraina. Il 16 aprile le autorità del paese che nessuno riconosce, ma che è presidiato da un contingente di "truppe di pace" del Cremlino, hanno chiesto l’unificazione alla Russia. La stretta del Cremlino prosegue in Bielorussia, con 785 mila russofoni, e arriva fino ai paesi baltici. I russi rappresentano il 26,2 per cento della Lettonia e il 24,6 per cento dell’Estonia. Dai tempi del crollo dell’Urss, i russi lettoni sono di fatto senza cittadinanza, perché non vogliono fare l’esame della lingua nazionale. Non a caso il 21 aprile Putin ha semplificato la procedura per la cittadinanza a favore dei russofoni che vivono negli ex territori dell’Urss. Solo nel lontano Kazakhstan sono il 23 per cento della popolazione. E pure le regioni georgiane separatiste dell’Ossezia del Sud, che vuole riunificarsi con il Nord, e quelle dell’Abkhazia sognano l’annessione.

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Fausto Biloslavo