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CLAUDIA DACONTO
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Primarie del Pd a Roma: il surreale confronto tra i candidati

Domenica si vota in 195 seggi per la scelta del candidato sindaco del centrosinistra. Ma il rischio flop è dietro l'angolo

A tre giorni dalle primarie di domenica per la scelta del candidato sindaco di Roma del centrosinistra, presso la sala conferenze della sede nazionale del Pd è andata in scena la replica della figuraccia di domenica scorsa nel salotto televisivo di Lucia Annunziata. I sei candidati hanno partecipato a un confronto che non ha aggiunto né tolto nulla a un dibattito già di per sé esanime.

Roberto Giachetti, Roberto Morassut (febbricitante), Stefano Pedica, Gianfranco Mascia (accompagnato dall'Orso), Domenico Rossi e Chiara Ferraro (la ragazza autistica rappresentata dal padre Maurizio e che rimarrà seduta solo per pochi minuti) hanno risposto alle domande poste dal direttore de L'Unità Erasmo D'Angelis e da Daniela Preziosi de Il Manifesto. Doveva esserci anche Gaia Tortora del Tg de La7, ma non si è presentata.

Segregati in una stanza attigua, tutti gli altri giornalisti hanno potuto seguire il confronto solo in tv. Un minuto e mezzo per rispondere a ciascuna delle 5 domande poste, 30 secondi in più per approfondire un argomento a scelta e la possibilità di replicare per due volte a uno degli avversarii. I membri degli staff ammessi in sala non hanno applaudito, non hanno fischiato. Hanno solo sbadigliato.

Unico sussulto in un dibattito persistentemente monocorde, il riferimento a Denis Verdini e alle sue truppe cammellate pronte a votare domenica per Roberto Giachetti. Una notizia già smentita dai diretti interessati ma che Mascia ha commentato mostrando alle telecamere il cartello: “meglio verdi che verdini” e Giachetti tagliando corto che “ai romani non interessa. Sono molto più preoccupati dall'invasione di topi in città”.

Giachetti il favorito, Giachetti l'uomo da battere, colui che non può permettersi di perdere queste primarie perché se ciò avvenisse per Renzi suonerebbe un campanello d'allarme assordante. Giachetti che, potendo, oggi avrebbe volentieri disertato il Nazareno. Giachetti che, secondo i rappresentanti del comitato di Morassut sarebbe avanti di soli 5 punti percentuali, 5mila voti su una previsione di 50mila elettori.

Scenario avvincente ma che non basta a giustificare la scelta di celebrare questo appuntamento nonostante Mafia Capitale, nonostante il commissariamento, nonostante la cacciata di Ignazio Marino, nonostante “un'emergenza democratica” altrettanto grave di quella che nel 2013, dopo la fine anticipata della giunta Polverini per la vicenda delle spese pazze dei consiglieri regionali, “costrinse” Nicola Zingaretti a rinunciare alla sua corsa per il Campidoglio e a farsi candidare governatore senza passare per le primarie.

La domanda è perché invece questa volta sì. Da un partito che si era assunto la responsabilità di far decadere un sindaco eletto direttamente dal popolo, il minimo che ci si sarebbe aspettati è che si assumesse anche quella di scegliere il proprio candidato alla guida di Roma sottoponendosi al giudizio degli elettori direttamente il 5 giugno.

Senza coinvolgere i militanti e gli elettori nella certificazione, ex post, di una decisione già concordata a tavolino. Militanti che domenica voteranno alle primarie ma, in alcuni casi, fuori dalle sedi dei propri circoli. Circoli chiusi da tempo perche' troppo cattivi o destinati ad essere accorpati ad altri perché troppo buoni.

Come quello di Donna Olimpia, promosso dalla relazione di Fabrizio Barca, ma escluso da Matteo Orfini (che con il circolo monteverdino ha più di un conto aperto in sospeso) dalla lista dei seggi di domenica perché reo di non aver mai restituito le chiavi e accettato l'accorpamento. Una vicenda che ha scatenato polemiche infuocate e contribuito ad avvelenare ulteriormente un clima già denso di sospetti e malumori

Con i supporter dei rispettivi candidati che su Facebook litigano tra di loro e con gli web-hooligans di Ignazio Marino. Con le accuse di brogli che già sono inziate a circolare nonostante i seggi non siano stati nemmeno ancora allestiti. Con i circoli chiusi che non si possono riaprire nemmeno per qualche ora “altrimenti ci si ammazzano”. Una situazione previdibile ma che nessuno ha potuto o voluto scongiurare permettendo a una comunità politica, già profondamente scossa, delusa e frantumata, di continuare a scannarsi in nome di un esercizio molto ma molto astratto di democrazia mentre al Nazareno va in scena un dibattito surreale tra controfigure di candidati. 

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