Primarie Pd in Liguria: il triste scontro Cofferati-Paita
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Primarie Pd in Liguria: il triste scontro Cofferati-Paita

Tra accuse di imbrogli, file di cinesi ai seggi e minacce di ricorsi in Procura, la brutta figura del partito democratico che torna nel caos

Specchio di un partito che anche a livello nazionale stenta a trovare compattezza e identità, le primarie in Liguria per la scelta del candidato a governatore hanno gettato il Pd nel caos. Ha vinto la renziana Raffaella Paita, ma il suo avversario, il bersaniano Sergio Cofferati, non ha riconosciuto i risultati.

I numeri

La 40enne assessore regionale alle infrastrutture, sostenuta dall'ex presidente Claudio Burlando e dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, ha ottenuto 28.916 voti contro i 24.827 di Cofferati. Il candidato di Centro democratico, Massimiliano Tovo, si è fermato a 687. Tra la vincitrice e il secondo classificato il distacco è stato di 4.300 preferenze. In tutto sono andati a votare in 55mila. Raffaella Paita ha superato l'ex sindaco di Bologna in tre province su quattro (La Spezia, Imperia e Savono) mentre a Genova è andata meglio a Cofferati.

Le accuse di irregolarità

Ma l'ex segretario della Cgil che portò un milione di persone in piazza contro Silvio Berlusconi non riconosce questo risultato. A suo avviso ci sarebbero state gravi irregolarità al punto da minacciare un ricorso in Procura. Si parla di foto scattate nel seggio con il cellulare e di file di cinesi e marocchini ai seggi che dopo il voto avrebbero chiesto dove sarebbero dovuti andare a ritirare il compenso. Ma anche della presenza di esponenti del centrodestra. I sospetti sono concentrati soprattutto su Albenga, il paese dove su 1.500 votanti in 1.300 hanno scelto la Paita. Lei però si mostra tranquilla. Se ci sono da fare dei controlli si facciano, ma per uno scarto di 4.300 preferenze è troppo largo per ipotizzare un ribaltamento.

Cofferati non sa perdere

Come dire: Cofferati accetti la sconfitta. Anche perché secondo quanto risulterebbe a lei i marocchini che avrebbero fatto la fila in alcuni seggi, come a quello di Migliarina, avrebbero votato proprio per il suo avversario. “Non so se sia vero – ha detto Paita – ma in ogni caso non ci vedo nulla di male. Sono per l'integrazione, trovo normale che anche comunità di stranieri partecipino alle nostre votazioni”. Strano che un uomo che si dice di sinistra, quanto e più della sua giovane concorrente renziana, si lamenti della partecipazione di persone di etnie diverse che nel Pd piace così tanto da volerla estendere anche alle amministrative vere e proprie. Viene in effetti il dubbio che lo faccia solo perché a vincere non è stato lui.

“La buona politica”

Quanto accaduto alle primarie, infatti, non è riconducibile – ha detto lui stesso - alla sua idea di “buona politica”. Ci sarebbe da chiedergli se invece lo sia il fatto di lasciare il proprio seggio al Parlamento europeo, dove gli elettori lo avevano riconfermato appena sei mesi fa, per cercare di accaparrarsi un'altra poltrona in Italia. Ovviamente senza mai dimettersi da eurodeputato visto che in caso di sconfitta – come si è verificato – un paracadute comodo e ben remunerato ci vuole.

Chi vince con i voti della destra

Anche la vincitrice, tuttavia, qualche motivo d'imbarazzo dovrebbe pure averlo. Nonostante gli sforzi del Collegio dei garanti del Pd per tenere fuori dai seggi esponenti di altre forze politiche e movimenti “che nel corso di tutta la legislatura regionale hanno tenuto una posizione di contrarietà ad alleanze politiche di centrosinistra”, Ncd alla fine si è presentata lo stesso per sostenere la candidata renziana. Nemmeno la  minaccia di rendere pubblici nomi e cognomi di tutti coloro che avrebbero votato ha potuto infatti scoraggiare chi, in fondo, è il principale alleato del Pd nel governo di Matteo Renzi.

Primarie, più croce che delizia

Guai a metterle in discussione o a pensare di poterne fare a meno. Le primarie, come stabilito dallo Statuto, sono e restano l'unico strumento di selezione delle candidature dem ad ogni possibile livello: dal segretario nazionale, al candidato premier all'ultimo consigliere comunale. Unico strumento, certo, a parte le eccezioni. Come in Campania per esempio, dove pare ci si stia per rinunciare. In vista delle prossime regionali meglio imporre direttamente la candidatura, “unificante”, di Gennaro Migliore, capo dell'area di Sel confluita a giugno scorso nel Pd. A parte questo, le primarie si stanno dimostrando per il Pd sempre più spesso un pericoloso boomerang. Intanto per via degli imbrogli ricorrenti, ma poi anche per i loro effetti divisivi. Una volta decretato il vincitore, gli sconfitti dovrebbero impegnarsi a sostenerlo. Invece il più delle volte, come oggi in Liguria, si finisce per rinfacciarsi le accuse più infamanti con il risultato di creare profonde spaccature non solo a livello dirigenziale ma anche nel corpo elettorale. 

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Claudia Daconto