Matteo Salvini
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
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Salvini: "Il consenso? Mi spaventa" | intervista a Panorama

Migranti, Governo, Baglioni, Berlusconi, Bossi... Matteo Salvini si racconta tra politica e vita

Il vino portato da Al Bano, cinque litri di rosso, è sul comò in posizione d’onore. Vicino alla ruspetta gialla abbandonata sullo scaffale e a una bambola di Hello Kitty ancora nella scatola rosa. Poi tanti «pass», forse anche quello del congresso del luglio 2012, quando Roberto Maroni indicò nello sbarbatello con l’orecchino il suo successore e Umberto Bossi, tra le lacrime, prese il microfono per dire a Bobo: «Tieni, il bambino è tuo». Ma si riferiva alla Lega…

Il ministro dell’Interno, nonché vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, arriva nel suo ufficio annunciato da tre squilli di campanello, come un vero sovrano-sovranista. La cattura di Cesare Battisti risale a due giorni prima, ma è già cosa vecchia. Lui si accomoda alla scrivania, vicino c’è la caricatura che gli hanno fatto un anno fa, al festival dei consulenti del lavoro. Di fronte, una marea di cartelle con scritto «riservato». Mi siedo incautamente sul giubbotto della polizia appoggiato sulla sedia, ma non se ne accorge. Ha gli occhi puntati sulle agenzie: «Guardi qua, anche Tajani... Ricevo in media 50 attacchi al giorno, che arrivino dal Pd ci sta, ma da Forza Italia no». Da vicino ha un leggero strabismo che gli dà un’aria quasi indifesa. Ma se un’amica ti chiede di fare incontrare il figlio diciottenne con Salvini, di cui è fan accalorato e Instagram-dipendente, nella speranza che lo convinca a non abbandonare il liceo, vuol dire che quello sguardo è considerato potente. E le ultime immagini che arrivano dalla Sardegna, con «Sai Baba Matteo» toccato dalla folla come un predicatore indiano lo confermano.

Con questa sua irresistibile ascesa aumentano i cortigiani, quelli che di solito fa piacere avere intorno e che poi, nei momenti di disgrazia, svaniscono. Pier Ferdinando Casini diceva sempre che si accorgeva di precipitare quando vedeva alcuni precisi personaggi scomparire dal suo orizzonte…

Vado a naso, a pelle e soprattutto ho buona memoria. Mi ricordo di chi telefonava e faceva gli auguri quando eravamo al 4 per cento e di chi compare e scompare a seconda della convenienza.

Fascista ormai è l’insulto minore. Lo scrittore Sandro Veronesi dice che, finito il problema dei «negri», lei non avrà più motivo di esistere, e lo pensa anche Giuliano Ferrara.
Loro non sono con me in ufficio, sennò vedrebbero su questa scrivania i dossier antimafia, anti racket, anti usura, anti droga, tutta sicurezza, al di là dell’immigrazione. Avere abbattuto gli arrivi rode parecchio a tutti ’sti chiacchieroni. Siamo stati costretti a far da soli: da 300.805 sbarchi nel 2016-2017, ai 23.370 nel 2018.

Su Repubblica Francesco Merlo ha scritto che lei e Cesare Battisti «siete solidali di grugno e di ghigno».
È un poveretto.

Ma in un’intervista a Panorama, nel 2015, lei disse testualmente: «Non bisogna mai esibire un catturato. Se devi portare via uno, lo porti via di nascosto, la notte».
Sì, ma mi riferivo alla mamma del piccolo Loris. C’è una bella differenza tra una tragedia famigliare e l’arresto di un terrorista latitante che per anni ha preso in giro il nostro Paese, approfittando dell’inerzia o addirittura di coperture cosiddette intellettuali.

La notte che hanno arrestato Cesare Battisti, ha detto di avere dormito dalle 3 alle 7, quattro ore. È il suo ritmo normale?
No, per fortuna ne dormo cinque o sei. Non bevo caffè alla sera, al massimo prendo un Braulio, amaro della Valtellina. La notte di Battisti ero con i miei due figli, da bravo papà separato.

Ha sensi di colpa per il tempo che sottrae ai suoi bambini?
Sì.

Pensa che gli odiatori possano in qualche modo nuocere alla sua famiglia, anche a scuola?
Prendo tutte le precauzioni, stiamo vivendo tempi strani, li proteggo, non dico che nascondo i miei figli, ma quasi.

Ha mai riflettuto sul fatto che il suo modo di rispondere, spesso di provocare, possa aizzare i cattivi, persino quelli che stanno dalla sua parte?
Io non provoco, se mangio pane e Nutella non provoco. Se dico semplicemente che l’Italia ha bisogno di ordine, regole e rispetto, non provoco. E se qualcuno si arrabbia per questo è un problema suo, io vado avanti.

Di Beppe Grillo, che l’ha offesa tirando in ballo sua mamma, che cosa pensa sinceramente?
Non lo conosco, se la poteva risparmiare. Fai il comico, puoi far ridere anche senza tirare in ballo le mamme degli altri.

Perché spedisce bacioni e sorrisi a chi la insulta? Rispondendo a Grillo ha detto che gli mandava un sorriso come avrebbe fatto sua mamma Silvana. Ha preso da lei?
All’odio rispondo con un mazzo di margherite. Mi sono abituato a non arrabbiarmi. No, mia madre si scalda molto di più, lei è fumantina.

Quante querele ha fatto finora a chi la offende?
Dieci.

Solo dieci?
Sì, oggi il giornalista che ha scritto che sono più pericoloso di Battisti, per esempio, l’ho querelato.

Lei sembra un treno in corsa, fa pensare alla Locomotiva di Guccini. Ci sono momenti in cui ha paura di schiantarsi?
La Locomotiva... Pensi che la sapevo suonare. Sì, ci sono momenti in cui ho paura di schiantarmi, e allora cerco di non cambiare. Il consenso, devo dire la verità, mi spaventa. Primo partito, mamma mia... Però l’impegno è rimanere me stesso, non cambiare mai. Anche nel modo di dormire. Devo avere sempre due cuscini perché uno lo devo abbracciare, stringere a me. Sarò da psicoanalizzare?

Forse ha bisogno di affetto, ma di questo ha già detto che non vuole parlare.
Esatto.

Il suo rapporto con il potere deve essere cambiato per forza.
Beh, su questo telefono parlo con ambasciatori, presidenti, primi ministri. Se sei ministro e hai un problema, puoi risolvere il problema.

Ministro senza laurea e che non ha lavorato granché. Le stesse cose che vengono imputate a Luigi Di Maio.
Veramente io ho fatto 15 anni il giornalista, quindi ho lavorato.

Tutti giurano sulla vostra reciproca lealtà.
Luigi è una persona seria, coerente, corretta. Ogni tanto litighiamo. Due o tre telefonate arrabbiate su manovra e immigrazione ce le siamo fatte. Mi inalbero quando viene messa in dubbio l’onestà dei miei ministri. Sulla storia della presunta manina leghista nel decreto legge fiscale mi sono davvero girate.

E lo ha preso a male parole?
Mai.

Si sente più affine a Di Maio o al premier Giuseppe Conte?
Li conosco entrambi da sette mesi, non sono miei amici, sono colleghi con i quali ogni tanto vado a mangiare la pizza.

Che cosa pensa di Alessandro Di Battista, le piace come si sta muovendo? Può essere un vero rivale per Di Maio?
È una persona di valore. Ha le sue idee, che rispetto anche quando non le condivido. Per quanto riguarda il governo, quello che conta è il contratto che abbiamo fatto per far ripartire il Paese.

Pensa che prima o poi dovrà vedersela con lui invece che con Di Maio?
Se dovrò fare i conti con lui? Ma no, lo aspetto per dare una mano al governo.

Si è sentito più parricida nei confronti di Umberto Bossi o di Silvio Berlusconi?
Con nessuno, in entrambi i casi sono state scelte democratiche. Con Bossi da parte dei militanti, con Berlusconi da parte degli elettori italiani. Stimo e rispetto entrambi perché sono due che hanno fatto la storia.

Ma pensa o no che un vero leader debba, se occorre, uccidere il padre?
Un vero leader non deve uccidere, deve avere coraggio. Io proverò eterna riconoscenza per Bossi, non sarei qua se non ci fosse stato lui.

Silvio Berlusconi candidato alle europee.
Ha un’esperienza politica ultradecennale, chiunque aiuti me, la Lega e l’Italia a cambiare l’Europa, che oggi evidentemente non funziona, fa cosa buona e giusta.

Intravede un erede di Berlusconi?
No.

No e basta?
Non entro nelle logiche di Forza Italia, non le capisco.

Che cosa pensa di Giovanni Toti?
Che è un bravo governatore.

Vi sentite spesso?
Non lo sento da tempo.

Pensa che sia possibile una rinascita di Forza Italia, magari con un ruolo diverso?
Se in Forza Italia pensano di recuperare voti e credibilità colpendo me, sbagliano. Facciano proposte. Gelmini, Carfagna, mi attaccano un giorno sì e l’altro pure.

È vero che un sacco di parlamentari vogliono passare alla Lega, soprattutto da Forza Italia? E lei è pronto ad accoglierli?
Vero, a livello di consiglieri comunali e sindaci ben vengano, a livello di consiglieri regionali e parlamentari ci facciamo più attenzione, non siamo un tram dove si sale per essere eletti.

Lei ha detto che quando avrà fatto una serie di cose si ritirerà in montagna a godersi il panorama. Dicono tutti così... Ma pensa già a futuri delfini che non possano rivelarsi sardine?
Veltroni lo stanno ancora aspettando in Africa. Delfini? Non faccio nomi, farei torto a qualcuno, ma c’è una classe dirigente di sindaci, governatori, parlamentari su cui punto, niente sardine. Non farò l’errore di Silvio.

Esattamente come a Renzi, le piace molto don Lorenzo Milani. Quali altre cose, oltre al nome e all’amicizia con la giornalista Annalisa Chirico pensa di avere in comune con il Rottamatore?
La passione per il calcio e poco altro, abbiamo due universi valoriali differenti. Alla cena organizzata da Chirico, che ha fatto tanto discutere, sono andato per confrontarmi sui temi della giustizia e per incontrare Carlo Nordio, un magistrato che stimo moltissimo. Annalisa? Brava a fare quello che fa.

Quando vi siete parlati l’ultima volta con l’altro Matteo? Le sta sempre «sulle palle», come ha scritto nella sua autobiografia?
Mesi fa. Non ci messaggiamo, come scrive falsamente qualcuno. Se mi sta sulle palle? Mi esprimevo così quando era onnipotente, ora no. Ora è uno sconfitto e io non infierisco mai sugli sconfitti.

Con il suo predecessore Marco Minniti non ha mai fatto il passaggio di consegne: c’è qualcosa di personale che non sappiamo?
Niente di personale, forse ho aspettato troppo, poi lui ha iniziato ad attaccarmi e allora non l’ho più cercato.

Giuseppe Sala, sindaco dissidente sul decreto sicurezza. Come amministra secondo lei la sua Milano?
Ho l’impressione che Sala creda di poter fare il sindaco giocando a nascondino. Compare ai tagli dei nastri, alle inaugurazioni dei salotti, ma diventa improvvisamente irreperibile appena gli si parla di periferie, moschee, clandestini, spaccio di droga. Il suo è un bluff che non durerà.

Può essere lui il suo vero rivale nel centrosinistra?
Sala? Assolutamente no, a Milano nelle periferie si può fare di più e meglio.

Torniamo alla Lega. Giancarlo Giorgetti, che anche i suoi avversari politici stimano per lo stile, i modi, la sapienza tecnica, lei lo ha mai considerato un competitor?
No, ci integriamo perfettamente. Lui non rimprovera me e io non rimprovero lui. Rido quando leggo i giorgettiani, i salviniani, siamo amici.

Che cosa le manca del Senatur, che cosa ha preso da lui e che cosa ha sempre detestato (oltre al cerchio magico)?
Mi chiamava alle 3 e lo detestavo per questo, io non disturbo nessuno di notte, lui mi telefonava a casa sul fisso e i miei si spaventavano. Mi trattava male, trattava male tutti, forse Giorgetti meno. Non era generosissimo di complimenti, ma riconosceva i meriti. È stato un genio.

Lei non ha un cerchio magico? Eugenio Zoffili, Alessandro Morelli, Igor Iezzi, Stefano Bolognini. Erano e sono suoi amici, tutti con ruoli importanti in politica. Ogni leader ha il suo «inner circle», lo aveva anche Renzi...
Non ho un «cerchio magico». Io faccio riunioni con 30 persone, alcuni anche fuori dalla Lega. Fedelissimi? Guardi i ministri e i sottosegretari, ci sono persone di ogni tipo.

Prima di andare al governo, era un politico vergine dal punto di vista amministrativo. L’impatto con la macchina dello Stato le ha provocato crisi di nervi come a Rocco Casalino?
No, l’impatto con lo Stato non mi ha provocato crisi di nervi. Anche perché il Viminale è una macchina perfetta con i suoi prefetti, questori, polizia, vigili del fuoco.

La sua ex compagna Giulia Martinelli è a capo della segreteria del governatore della Lombardia, Attilio Fontana, e in Regione viene considerata molto potente... Merito di Giulia o del timore reverenziale verso Salvini?
È brava lei, non ho mai mosso un dito né per la mia ex moglie, che lavora nel privato, né per Giulia.

Che cosa le manca del ragazzo col Nokia e con l’orecchino?
L’anonimato. Bohemian Rapsody, per esempio, l’avrei già visto e invece non sono ancora andato. Mi hanno detto che è un film bellissimo.

Leggere può…
Sto leggendo Nel muro, l’ultimo libro di Mauro Corona.

Uno ruspante come lei…
Uno che ama la montagna come me. Avevo appena finito Andrea Vitali, mi piace svagarmi. Finito Vitali ho iniziato Corona.

Si sente culturalmente inferiore a persone come Roberto Saviano, Massimo Cacciari, Ferrara e altri intellettuali anti salviniani?
Affatto. Non sono la laurea o la cultura enciclopedica a fare la differenza, ma la vita quotidiana. Oggi ho ricevuto il messaggio di un bambino disabile che abbiamo aiutato ad andare a scuola. Per me vale di più di otto libri.

Non pensa sinceramente che la Lega abbia bisogno di più rappresentanti con un certo appeal culturale?
Ce ne sono tanti di intellettuali, si stanno avvicinando sempre di più.

È d’accordo con Flavio Briatore quando dice che non è necessaria una laurea per governare un’impresa? Lo penserebbe anche lei a proposito dei suoi figli?
Briatore l’ho sentito mezz’ora fa, lo conosco e lo stimo. Penso di fare bene il ministro pur non essendo laureato, se i miei figli vorranno lavorare e non laurearsi non sarò certo io a obbligarli.

Che cosa fa nei momenti in cui è da solo a casa? Pensa, medita, prega...
Quando ho cinque minuti cerco di godermeli in santa pace. Mi è sempre piaciuto moltissimo, anche quando ero consigliere comunale, stare tra le persone: nelle strade, nelle piazze, ai mercati rionali, nelle aziende. Ma non ho mai avuto problemi con la solitudine, anzi. Fabrizio De André diceva che da soli si riesce «ad accordarci meglio con il circostante, si trovano spesso le soluzioni migliori sia per sé che per gli altri». Credo valga anche per la politica che, per come la intendo io, non è una cosa diversa dalla vita di tutti i giorni.

Sul settimanale Chi sono uscite le foto di lei in chiesa...
Ah sì? Sono andato a comprare frutta secca in via del Corso, mi sono fermato nella chiesa dei Santi Ambrogio e Carlo dove c’è una reliquia di San Carlo e sono entrato, ho parlato con due preti.

Chi la ritrae mentre incrocia Olivia Paladino, la fidanzata del premier, e fa finta di non vederla.
Non conosco la fidanzata di Conte.

Perché il mondo cattolico la attacca, non crede alla sua buona fede?
(Tira fuori il rosario di legno dalla tasca destra, evidentemente lo porta sempre con sé). C’è qualche gerarchia vaticana che mi attacca, non so perché. Ma per un cardinale contro, ho dieci parroci a favore, stia certa.

Che cosa le ha detto confidenzialmente Al Bano quando è venuto qui?
Al Bano mi ha portato quel bottiglione-spettacolo che aprirò in un’occasione speciale. Abbiamo cantato, ma soprattutto abbiamo parlato di come aumentare l’export del vino italiano in Cina, che è solo il 5 per cento del mercato.

Prima «Faber», Fabrizio de André, ora Vasco Rossi, il suo idolo. Lo ha mai incontrato?
Mai, mi piacerebbe, lo adoro come cantante, ma non gli rompo le scatole.

Pensa che possa condividere le sue idee?
Non mi interessano le sue idee, mi piace e basta. Scindo la politica dalla musica. Non voglio usare la musica per motivi politici.

Invece con Gigi D’Alessio, vi messaggiate...
Mi piace molto anche Gigi D’Alessio, la musica italiana mi piace tutta, da Max Pezzali al resto. L’ultimo sms con Gigi riguarda Claudio Baglioni, ma resta sul mio telefonino.

Baglioni, alla conferenza stampa del Festival di Sanremo, ha risposto semplicemente a una domanda sugli immigrati, ha detto la sua…
Oggi ho sentito Baglioni al telefono e ci siamo chiariti.

Che cosa vi siete detti?
Gli ho augurato buon festival auspicando che ci siano molte canzoni e pochi comizi. Ci vedremo finito Sanremo.

Riccardo Scamarcio e Claudio Amendola, per ora, sono gli unici attori che hanno usato parole positive nei suoi confronti... Come mai la Hollywood italiana la snobba?
Claudio Amendola lo ha fatto da «compagno» e quindi mi ha dato ancora più soddisfazione. Ma io seguo e apprezzo anche altri personaggi del mondo dello spettacolo.

Per esempio?
Lorella Cuccarini.

Già, ha rilasciato un’intervista tutta a favore della politica del governo…
Ci seguiamo da tempo su Instagram, legge Alberto Bagnai, Claudio Borghi, economisti a me cari. Mi piace.

La candidi...
(Sorrisino). E comunque non ne faccio un cruccio se altri mi snobbano, cultura non è sinistra, cultura è cultura.

Pensa che la cultura italiana sia di parte? Che a scuola venga insegnato qualcosa di sbagliato?
Bisogna insegnare che insieme ai diritti ci sono i doveri. Per questo sono e resto convinto che sei mesi di servizio civile o militare nella formazione dei nostri giovani darebbero molto più beneficio di migliaia di convegni, conferenze e campagne di sensibilizzazione che spesso finiscono nel nulla.

Lei parla della Flat tax da anni. Quanto le brucia non poterla ancora applicare?
Le mail di ringraziamento per la Flat tax, se vuole, gliele faccio vedere, abbiamo messo il primo mattoncino che riguarda 1,5 milioni di italiani.

Invece, per gli arancini che posta sui social, non arrivano solo belle parole, ma anche insulti. Che rapporto ha con il cibo?
Adoro mangiare, mai fatto diete, mai andato in palestra. Mi piace mangiare bene, anche pane e salame. Continuerò ovviamente a mettere cibo sui social.

Le agenzie parlano della bambina di quattro anni annegata nelle acque del mare Egeo e lui scuote la testa: «Se non fosse partita non sarebbe morta...».

Ma lei ha mai provato pietà per gli immigrati? Non ne ha mai incontrato uno che abbia incrinato le sue certezze?
Provo pietà quotidianamente. Ieri tornavo da una cena, mi ha fermato un ambulante di colore. Mi ha detto: «io lavoro, aiutami». Sei il benvenuto, gli ho risposto. Poi ho verificato che era stato denunciato per resistenza a pubblico ufficiale. Nella Lega ci sono alcune migliaia di iscritti stranieri, quindi sono straconvinto della fondatezza delle mie opinioni.

Adotterebbe un bambino straniero visto che in Italia è così difficile?
Stiamo lavorando su adozioni nazionali e internazionali. Sto facendo fare un dossier su migliaia di bambini ostaggio, per interessi economici, delle case famiglia. Io, grazie al buon Dio, ho avuto due figli. Ma ho amici che aspettano da quattro anni un’adozione, è una cosa barbara. Se ti va bene, poi, devi spendere almeno 40 mila euro.

È sinceramente contrario alle adozioni gay?
Mi confronto quotidianamente con amici elettori, amici omosessuali, lesbiche. Ma sulle adozioni gay e sull’utero in affitto sarò sempre contrario. I bimbi vanno lasciati fuori.

Sull’uscita dall’euro ha cambiato idea come per le trivelle, il Tap e la Tav?
Sulle trivelle non ho cambiato idea, sono solo contro le trivelle sotto costa. Per quanto riguarda la Tav, sempre stati a favore. Il Tap? Abbiamo lavorato perché si facesse. E sull’euro, facendo il ministro, lavoro con le regole che ho.

Ha detto che la Rai è peggio di prima. Perché?
Il principale problema della Rai, lo dico da giornalista, è che deve smettere di auto rappresentarsi come un pianeta a sé stante. Io non voglio una tv leghista, voglio una tv di qualità che sappia anche fare opinione, ma separando i fatti dal commento. Invece c’è troppa ideologia.

Non teme di fare di Fabio Fazio un martire dopo le cose che ha detto a Non è l’Arena di Massimo Giletti?
Lo stipendio di Fazio non dipende da me, se io fossi l’amministratore delegato della Rai non gli darei diversi milioni all’anno per fare il conduttore. Tutto quello che posso fare è non andare nella sua trasmissione.

Quanto spende per vestire, ora ci tiene un po’ più di prima?
Spendo poco e niente, odio lo shopping. Mi piacciono le calze colorate, ma me le regalano. L’ultimo acquisto è stato un paio di Clark. La mia divisa sono jeans e camicia bianca.

Non parliamo di divise. Non pensa di esagerare, di passare per il Fidel Castro della Lega con tutti questi giubbotti delle forze dell’ordine?
Cerco di alternare per rendere omaggio a tutti gli uomini che ogni giorno si spendono per la nostra sicurezza. Sono proprio loro a ringraziarmi per questo. Indossare la divisa serve per far capire che dobbiamo tornare a essere fieri di chi ci protegge.

Se lo infila, il giubbotto della polizia, e va. Lo aspettano fuori, lo aspettano in tv, c’è un imprenditore che ha chiesto il tempo di un caffè. Il Capitano, come il suo amatissimo ex difensore rossonero Franco Baresi, riparte alla guida degli schemi di gioco. «Mi piace Capitano perché non indica un uomo solo al comando, ma in campo con gli altri». Esce, contento del fatto che, dopo anni di battaglie della Lega, il governo abbia introdotto i dazi sul riso della Cambogia. Un altro punto a favore dell’Italia first. Il giorno dopo sarà la volta di Quota 100 e delle dediche alla «signora piangente». E quello successivo, si vedrà perché, appunto, «la politica non è una cosa diversa dalla vita di tutti i giorni».
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