Documenti sulla srl dei coniugi Renzi acquisiti quando i due erano già indagati
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Politica

Documenti sulla srl dei coniugi Renzi acquisiti quando i due erano già indagati

Negli atti venne inserito il nome della Eventi 6, al posto dei loro, per proteggere l'inchiesta. Fatturato sceso da 4 milioni a 1

Molti fan di Matteo Renzi si abbeverano acriticamente alle boutade del loro caro leader. Ieri il loro condottiero ha scritto su Facebook che nessun giornale aveva dato la notizia della condanna della Verità per diffamazione ai danni della Eventi 6, la società della sua famiglia, e il popolo del fu Rottamatore si è lanciato, schiumando, a insultare gli omertosi giornalisti, il nostro direttore Maurizio Belpietro e anche quello del Fatto quotidiano Marco Travaglio, egualmente odiato dagli ultrà del senatore semplice.

Per fortuna a un certo punto l'eroica Maria Facheris ha scritto sotto il post dell'ex premier: «Mi dispiace Renzi contraddirla ma sul quotidiano La Verità di oggi a pagina 11 c'è l'articolo, direi forse il contrario è la sinistra che nasconde ogni cosa, invece di governare si cospira contro gli italiani».

L'informata cittadina ha fatto sapere al leader di Italia viva che quello che aveva scritto era semplicemente falso.Renzi ha dimenticato anche di dire il motivo per cui sia stata condannata La Verità. Per aver definito perquisizione una richiesta di consegna di documenti. Secondo il giudice aver scritto che le Fiamme gialle avevano controllato persino un frigorifero dentro alle ditte dei Renzi (il riferimento era alla coop Marmodiv, per i pm riconducibile ai parenti del fu Rottamatore) ingenerava l'idea che la famiglia dell'ex premier fosse stata sottoposta a «un'attività intrusiva» di ricerca che non c'era stata.

In effetti il 5 ottobre 2017 gli uomini della Guardia di finanza non misero sotto sopra la Eventi 6. Ma, a quanto ci risulta, a consigliare cautela fu la volontà di mantenere riservato il filone principale dell'inchiesta: in quel momento quella contro i genitori dell'allora segretario del Pd era ancora un'indagine coperta, un fascicolo sensibile che La Verità avrebbe da lì a poche ore svelato al mondo. Venne scelto un approccio più soft rispetto a quello destinato ad altri indagati meno noti, per evitare una sovraesposizione mediatica. Tanto che sull'unico decreto di perquisizione che i militari esibirono a Rignano sull'Arno c'erano i nomi di cinque indagati, ma non quelli di Tiziano e Laura, che, però, erano già stati iscritti sul registro delle notizie di reato il 2 maggio 2017, ossia cinque mesi prima della visita delle Fiamme gialle alla Eventi 6. Per evitare che i nomi degli augusti parenti comparissero negli atti venne richiesta la documentazione a un soggetto giuridico, cioè alla società, e non alle persone fisiche indagate.

Nel decreto di perquisizione intestato ai coindagati si sottolineava, comunque, che i magistrati volevano «chiarire gli effettivi rapporti della società fallita con la Eventi 6».

Tra il 2018 e il 2019 gli stessi magistrati, che nel 2017 si erano mostrati comprensibilmente prudenti, hanno chiesto e ottenuto il fallimento della Marmodiv e gli arresti domiciliari per i due genitori; una misura che il Tribunale del riesame ha revocato, sostituendola con l'interdizione dall'attività imprenditoriale per otto mesi, riconoscendo, in ogni caso, la gravità del quadro indiziario.Il 5 ottobre 2017 la Guardia di finanza, è vero, non ha aperto il frigorifero della Eventi 6, ma ha bussato alla porta del Centro informatica di Pontassieve, gestore della posta elettronica della ditta di famiglia, e ha chiesto tutte le mail del dominio Eventi6.it. Grazie all'acquisizione di quei messaggi Tiziano Renzi e Laura Bovoli sono stati condannati in primo grado per false fatture e rischiano il processo per la bancarotta di tre cooperative. Chissà se con il senno del poi i Renzi non avrebbero preferito un controllo della loro cambusa (considerata così oltraggioso dal giudice) anziché quello delle loro mail. Noi siamo certi che avrebbero mostrato più volentieri bistecche e prosciutto toscano.

Ma ora la sentenza del giudice scrive che è «lecito presumere che la pubblicazione della notizia in questione abbia fortemente leso la considerazione della società attrice (la Eventi 6, ndr), creandole un forte imbarazzo nelle relazioni con i suoi collaboratori e clienti».

Ad aver messo in imbarazzo i Renzi sarebbe stato il nostro articolo e non l'inchiesta che li coinvolgeva da cinque mesi e che li avrebbe portati agli arresti e alla richiesta di rinvio a giudizio.

Leggere la sentenza fa venire in mente la frase inserita nel bilancio 2017 dell'Eventi 6: «La società ha resistito grazie agli investimenti degli anni precedenti, nonostante il reiterato attacco mediatico verso alcuni membri della famiglia, che si è esteso nel disegno premeditato di minare la credibilità dell'azienda, sebbene la stessa operi sul mercato da quasi 35 anni e abbia un ottimo rating bancario».

Il 2017 era stato l'ultimo anno con il Pd al governo per 12 mesi di fila e l'azienda dei Renzi aveva fatturato 6,2 milioni di euro, perdendo un milione rispetto alla stagione d'oro, il 2016, quella con Matteo premier. I ricavi erano aumentati a partire dal 2014 (quando l'ex sindaco di Firenze salì a Palazzo Chigi), dopo che la ditta era uscita dalle secche del 2013, quando aveva registrato un giro di affari di soli 1,9 milioni.

Nel 2018 Renzi è finito all'opposizione e contestualmente l'azienda di famiglia ha visto scendere il fatturato a 4 milioni di euro. Poi è arrivato il 2019, con l'arresto, l'interdizione per otto mesi dall'attività imprenditoriale e la richiesta per entrambi i genitori del processo per la vicenda delle coop. In più sino a settembre Matteo è rimasto all'opposizione. E così il fatturato è sceso a un livello di guardia: 1.161.000 euro, quasi la metà dell'annus horribilis. Un bagno di sangue che ha fatto registrare un utile d'esercizio di soli 24.000 euro, contro i 226.000 del 2018.

Questa volta, però, i Renzi non hanno dato la colpa ai giornali. Il presidente del consiglio d'amministrazione, Laura Bovoli, ha scritto nelle considerazioni finali del bilancio: «Nell'esercizio 2019 si è assistito ad una forte contrazione del fatturato attribuibile parzialmente a fattori esogeni all'impresa, quali ad esempio la saturazione del mercato di riferimento, che, dopo anni di espansione, risulta oggi altamente concentrato rispetto alla domanda». La speranza è «di acquisire nuovi clienti e ampliare i servizi offerti per l'anno 2020». Anno che però si annuncia persino più impegnativo: «In merito all'impatto del "Covid19" sull'attività aziendale […] l'impresa, in seguito ai provvedimenti nazionali interdittivi, ha cessato lo svolgimento dell'attività».

Dall'11 marzo sino al 4 maggio «la società non ha generato ricavi» e anche se «è impossibile fare previsioni in questa situazione, la continuità aziendale è comunque assicurata dal buon equilibrio finanziario e dalla struttura organizzativa e commerciale della società». Il 31 ottobre 2018 Tiziano Renzi aveva acquistato una pagina della Nazione per annunciare: «Metto in vendita la mia società. Mi arrendo». La ditta è rimasta alla sua famiglia, gli affari sono crollati.

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Giacomo Amadori

(Genova, 1970). Ex inviato di Panorama e di Libero. Cerca di studiare i potenti da vicino, senza essere riconosciuto, perciò non ama apparire, neppure in questa foto. Coordina la sezione investigativa dellaVerità. Nel team, i cronisti Fabio Amendolara, Antonio Amorosi e Alessia Pedrielli, l'esperto informaticoGianluca Preite, il fotoreporter Niccolò Celesti. Ha vinto i premi giornalistici Città di Milano, Saint Vincent,Guido Vergani cronista dell'anno e Livatino-Saetta.

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