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(Ansa)
Politica

Quel veto assurdo sul centrodestra al Quirinale

Al di là del caso Berlusconi nella partita sul successore di Mattarella gira la solita litania del Pd per cui il Presidente della Repubblica sia cosa loro, altrimenti è autoritarismo

L'incantesimo del Quirinale. La macumba, il sortilegio che ingabbia il Colle più alto fin dagli albori della seconda Repubblica. La legge non scritta per cui non può esistere un Presidente della Repubblica di centrodestra. L’editto insindacabile per cui il diritto all’ultima parola sul trono repubblicano spetta al centrosinistra. Altrimenti è regime. Sempre e comunque.

Enrico Letta dice che un Capo dello Stato o è frutto di un accordo condiviso, oppure è una ferita per la democrazia. Lo dice oggi che il suo partito non può dare le carte. E’ lo stesso partito che non ha avuto problemi, in passato, ad imporre Napolitano e Mattarella senza accordi condivisi. Loro ieri potevano farlo senza problemi; oggi chi solo immagina di imitarli, aprirebbe la strada all’autoritarismo. Questa la narrazione, stanca e ripetitiva, portata avanti dal Pd quando si parla del Colle: o noi o il diluvio. Il vertice della Repubblica è cosa loro.

Ma dove sta scritto che il Partito Democratico debba avere la Golden share sul Quirinale? Chi l’ha mai detto che debba ipotecare il palazzo dei Papi per diritto divino? In quale Costituzione sta scritto che i centrodestra non possa esprimere personalità interessanti per gestire il vertice del Paese?

Qualcuno dirà: Berlusconi è divisivo. A parte il fatto che ci sono stati in passato presidenti divisivi, eletti a maggioranza, rivelatisi poi ottimi capi di Stato. Ma il punto non è personale. Non parliamo necessariamente di Berlusconi, ma del principio trascendente che vieta a qualsiasi moderato, conservatore, liberale di assurgere al Colle più alto. Ci sono fior di personalità di rango internazionale in grado di farlo. Una di queste, scusate se è poco, è lo stesso Mario Draghi, che certamente non si può dire di sinistra, che certamente guida un governo bipartisan: nemmeno lui, tuttavia, riceve il placet del partito democratico, che evidentemente considera il Quirinale come un suo pied-a-terre da gestire a piacimento.

Eppure, parliamoci chiaro. Da anni almeno la metà degli italiani vota centrodestra: è un pezzo elettoralmente, socialmente ed economicamente preponderante del Paese. Si può sapere una volta per tutte per quale arcano motivo questi cittadini non possano essere rappresentati da un personaggio in linea con la loro cultura politica?

Qualcuno potrà pensare che le pretese del PD sulla presidenza siano lo specchio di un complesso di superiorità morale. Al contrario, è un complesso di inferiorità. Quello di chi si considera così debole politicamente, così respingente sul territorio, così disperato elettoralmente da dover giocoforza occupare le istituzioni di vertice, quasi per grazia di Dio. Forse è ora di rompere il sortilegio. Tutta Italia ci guadagnerebbe in termini di maturità politica. Sia a sinistra che a destra.

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Federico Novella