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(Ansa)
Politica

La guerra delle parole cancellerà le donne

Negli Usa l'amministrazione Biden pronta a far sparire il sesso biologico come concetto politico e giuridico. E l'Italia è sulla stessa strada

Janice Turner, su The Times del 23 gennaio, ha scritto "War of words risks wiping women from our language" (La guerra delle parole rischia di cancellare le donne dalla nostra lingua). È la conclusione che la giornalista trae dalle recenti prese di posizione delle istituzioni statunitensi: «quindici giorni prima che il presidente Biden entrasse in carica, Nancy Pelosi, ha annunciato il bando dagli atti parlamentari di parole come madre e padre, fratello e sorella e anche figlio e figlia (che in inglese suonano differenti: son e daughter). Sono parole discriminatorie nei confronti delle persone "non binarie", in quanto presuppongono "solo" il sesso maschile o femminile. Vanno sostituite con parole neutre, come genitore, e child o sibling che in inglese indicano un figlio o un fratello senza riferimento al sesso. Lo scopo dichiarato dalla speaker del Parlamento Usa è di «onorare tutte le identità di genere».

Biden dal suo canto, appena insediato, ha decretato che la sua amministrazione implementi pienamente la sentenza Bostock della Corte Suprema secondo la quale vanno applicate le norme tese a garantire le pari opportunità tra uomo e donna anche a tutte le più disparate identità di genere, cioè a LGBTQIA+, Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali, Queer, Intersessuali, Asessuali, + qualsiasi altro tra gli infiniti "generi" che una persona si può "sentirsi".

«Con un tratto di penna - scrive la Turner - senza dibattito o consenso del Parlamento, il sesso biologico come concetto politico e giuridico è scomparso. Le carceri femminili statunitensi, i centri per la violenza domestica finanziati con fondi pubblici e le gare sportive universitarie non possono più negare l'accesso ai maschi che si "sentono" donne».

«Da questa bizzarra negazione scientifica derivano molte assurdità: un pene non è necessariamente un organo maschile, quindi non può essere negato l'accesso alle docce femminili a un adolescente maschio che si sente femmina perché, indipendentemente dall'aspetto fisico, è femmina», e via discorrendo. Così facendo si va annullando la donna, la sua specificità ontologica, la sua "ragion d'essere", nel silenzio assordante, o - peggio - nel sussiegoso compiacimento di buona parte delle sedicenti femministe, come la stessa Pelosi e le varie Boldrini o Cirinnà nostrane: non sarà sfuggito ai Lettori più attenti che il nostro Governo ha immediatamente emulato i grandi di oltreoceano e il ministro degli interni, la signora Lamorgese, ha sostituito "padre e madre" con "genitore 1 e 2" sulle carte di identità dei minori.

Forse qualcuno pensa che queste follie lascino il tempo che trovano: di fronte a tanti problemi che abbiamo (Covid, crisi economica e sociale, ecc.) «che si cuociano nel loro brodo».

Temo che, invece, non si possa non reagire di fronte a questa che da moda, da tendenza, è diventata una questione non solo lessicale, ma legale.

Già in alcune parti del mondo le leggi puniscono il reato di "misgendering", cioè usare pronomi femminili per una lei che si sente maschio o viceversa. Qui in Italia, se passasse la proposta di legge Zan sull'omotransfobia, avremo conseguenze penali quando ci riferiamo a "un" trans come Luxuria. Eppure, a noi sembra necessario chiamare le cose con i termini appropriati, perché serve a rimanere connessi con la realtà.

Ieri [il 28 gennaio] era San Tommaso d'Aquino, che ha spiegato bene come il principio di realtà, l'adaequatio rei et intellectus, dovrebbe governare la nostra vita. Questo principio è stato lentamente eroso dal relativismo più estremo, che si incarna per esempio nelle teorie gender: la realtà in sé non esiste, conta solo la percezione che ne ha il singolo individuo. La diffusione di questo approccio culturale è estremamente pericolosa. L'uomo ha bisogno del solido piedistallo della realtà per non sprofondare: il relativismo degenera in nichilismo, perché se tutto è relativo, niente più esiste. Lo spiegava già bene Pirandello: se uno è centomila, allora è nessuno. E i personaggi pirandelliani, non a caso, sono profondamente dolenti.

Intanto stiamo cancellando le donne. Presto cancelleremo proprio del tutto l'essere umano.

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Francesca Romana Poleggi