Dossieraggio: ora diteci solo una cosa: chi sono i mandanti?
Sappiamo sempre più dell'inchiesta che ha portato alla luce un sistema di raccolta di informazioni illecite definita «enorme». Tranne chi gestiva il tutto, ed in cambio di cosa
Sono diverse, e tutte legittime, le domande che sorgono spontanee leggendo gli atti e le dichiarazioni di questi giorni in Commissione Antimafia riguardo alla vicenda «dossieraggi». Ci si può ad esempio chiedere come mai nessuno, negli ultimi anni, all’interno dell’Antimafia si sia accorto di una cosa che (parole di Melillo e Cantone) per le sue dimensioni è stata definita «mostruosa». Ricordiamo che stiamo parlando di più di diecimila accessi illegali fatti dal luogotenente Striano, ma non solo.
Ci possiamo anche chiedere dove siano finite tutte le informazioni raccolte in questi accessi; c’è anche il rischio che possano essere finite nelle mani di agenti di paesi stranieri. Tutto può essere…
Ma la domanda che credo meriti una risposta, in maniera anche urgente, è: chi sono i mandanti? Chi ha chiesto a Striano di effettuare ricerche su questa o quella persona? Chi ha ordinato alle altre persone coinvolte di fare altrettanto?
Una domanda di certo non nuova e che chiama in causa alcuni colleghi giornalisti. A questo proposito vorrei ricordare come, per quanto riguarda il nostro lavoro, dovrebbero stare le cose.
Tutti noi abbiamo le nostre «fonti», persone con cui si è creato un rapporto di fiducia e che, quando capita l’occasione, possono darti quella informazione in più che altri non hanno. Mi è capitato così per decine e decine di volte su fatti di cronaca, di giudiziaria, di economia e persino di calciomercato. Ripeto, cose che succedono sempre quando “capita” l’occasione. Quel “capita” è il vero discrimine tra il corretto e lo scorretto (per non dire lecito ed illecito, ma non siamo noi a doverlo stabilire).
Capita significa che stiamo parlando di un’indagine per un omicidio già avvenuto. Capita significa avere notizie di una compravendita societaria in corso. Capita vuol dire occuparsi di cose di cui ad esempio la magistratura si sta occupando.
Se invece, come sembrerebbe, fosse stato il giornalista a richiedere a Striano di cercare illegittimamente su questo o quello beh, la storia si ribalta: è la curiosità, anzi, l’interesse del giornalista a far “capitare” le cose. E questo credo sia totalmente sbagliato e da condannare.
certo, un giornalista è libero di fare inchieste anche su temi di cui nessuno si sta occupando ma la raccolta delle informazioni deve avvenire in maniera “lecita” raccogliendo informazioni in maniera lecita, non chiedendo cose che vanno contro la legge, come l’accesso ai sistemi informatici della magistratura o dell’antimafia. Queste sono cose che fanno gli hacker, per definizione dei criminali informatici. E, badate bene, queste sono procedure scorrette e sbagliate anche se portassero alla scoperta delle verità che non può essere usata (come fatto in questi giorni da molti) come giustificazione per coprire eventuali errori.
Si prenda quindi Striano e gli si chieda semplicemente: scusi, colonnello, chi le ha chiesto di cercare su tizio e caio. Ed in cambio di cosa?