Dj Fabo: Cappato da Cc, 'Stato si assuma responsabilita'
ANSA/ FLAVIO LO SCALZO
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Perché Cappato sarà processato per il caso Dj Fabo

Per il gip di Milano, che ha disposto l’imputazione coatta per l’esponente dei Radicali, il disc jockey sarebbe stato spinto al suicidio

Una persona sta male, soffre, è malata e non è curabile. Chiede aiuto, domanda che gli venga data la possibilità di morire con dignità, di essere lasciata libera di decidere come andarsene.

Questo è quello che è accaduto a Fabo, questo il suo desiderio che è stato accolto dall’Associazione Luca Coscioni che da anni è impegnata nella promozione dei diritti umani e in particolare quelli relativi al campo della scienza e della salute.

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La persona che ha accompagnato il Dj Fabo in Svizzera per la pratica del suicidio assistito è Marco Cappato per il quale è stata disposta l'imputazione coatta (ovvero un atto che precede una richiesta di rinvio a giudizio) da parte del gip di Milano.

Perché Cappato rischia il processo

La contestazione da parte del gip nei confronti dell'esponente dei Radicali è doppia: l’aver agevolato il suicidio di Dj Fabo e “rafforzato” la volontà dell'uomo di togliersi la vita e per questo Cappato rischia di essere mandato a processo per il reato previsto dall'articolo 580 del codice penale.

Cosa sostiene Marco Cappato

"Il processo sarà un'occasione per processare una legge sbagliata dell'era fascista", ha detto Marco Cappato, dell'Associazione Luca Coscioni commentando la decisione del gip Gargiulo di disporre la sua imputazione coatta. "Esprimo tutto il mio rispetto per la scelta del Giudice per le indagini preliminari", ha aggiunto il radicale.

E Cappato se lo aspettava. “Abbiamo confermato davanti al gip l’aiuto fornito a Fabo, rivendicando come fosse un diritto di Fabo interrompere quella sofferenza, e dunque un nostro dovere aiutarlo”, si legge in una nota sul sito dell’Associazione. “Attendiamo ora le decisioni della giustizia. La lotta di Fabo aveva aiutato la Camera dei Deputati a porre fine alla politica dei rinvii e ad approvare almeno la legge sul biotestamento. Purtroppo, ora dobbiamo constatare che il Senato ha rinviato tutto al 25 luglio, senza dunque avere il tempo di votare prima dell’estate. Evidentemente, l’obiettivo è far saltare la legge anche per questa legislatura.

E le battaglie di Cappato, insieme all’Associazione Coscioni, sono tante. "Quando ho accettato la richiesta di Fabo, sapevo di andare incontro al rischio di essere processato, così come lo sanno Mina Welby e Gustavo Fraticelli per le altre persone che abbiamo aiutato e continuiamo ad aiutare. Il processo sarà l'occasione per difendere il rispetto della libera e consapevole scelta di Fabo interrompere una condizione di sofferenza insopportabile".

"Sarà anche l'occasione per processare una legge approvata in epoca fascista che, nel nome di un concetto astratto e ideologico di vita, è disposta a sacrificare e calpestare le vite delle singole persone in carne ed ossa - ha aggiunto il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni - Nel frattempo, l'azione di disobbedienza civile che portiamo avanti dal sito soseutanasia.it prosegue, fino a quando il Parlamento non avrà avuto il coraggio di decidere sulla nostra proposta di legge di iniziativa popolare depositata ormai quattro anni fa. Purtroppo, devo constatare che persino sul testamento biologico la politica ufficiale è incapace di assumersi le proprie responsabilità".


Il caso dj Fabo

Per chi soffre ed è senza speranze di guarigione come Fabiano Antoniani, il giovane dj rimasto cieco e tetraplegico in seguito a un incidente stradale, esiste “il diritto al suicidio” hanno scritto i pm Tiziana Siciliano e Sara Arduini nella richiesta di archiviazione per Cappato che è stata bocciata dal giudice Gargiulo. Un diritto che Fabo, 40 anni, bloccato in un letto da un incidente che gli aveva tolto la vista, la capacità di movimento, di mangiare e respirare in modo autonomo, che lo faceva terribilmente soffrire dal 2014, ha voluto difendere fino alla fine.

Fine avvenuta il 27 febbraio 2017, giorno in cui Fabo è morto nella clinica Dignitas vicino a Zurigo dove lo aveva portato in auto Cappato, che poi si è autodenunciato. Il dj avrebbe potuto rifiutare le cure, come permesso in Italia ma solo se si è in grado di intendere e volere, ma lui sapeva che sarebbe morto lentamente e che i suoi familiari avrebbero dovuto assistere alla sua lunga fine. Da qui la sua decisione di partire per la Svizzera con l’aiuto dell’Associazione.

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Chiara Degl'Innocenti