I nuovi pellegrini ai tempi di Papa Francesco
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I nuovi pellegrini ai tempi di Papa Francesco

Con Bergoglio è boom di pellegrinaggi in tutto il mondo. Ma è cambiato radicalmente l'identikit dei partecipanti: meno anziani, più giovani e famiglie.

Sfidano i rischi dell’instabilità politica e del terrorismo e in oltre 5 milioni ogni anno visitano la Terra Santa e i luoghi dove ha vissuto Gesù; non hanno paura dei disagi di un viaggio in treno con gli ammalati lungo un giorno intero e in 7 milioni si inginocchiano dinanzi alla grotta di Lourdes; non sentono la fatica del cammino per decine di chilometri e in oltre 300 mila raggiungono il santuario di Santiago di Compostela; e ancora Fatima, Medjugorje, Czestochowa, solo per rimanere in Europa e nel Mediterraneo.

Oppure si dirigono ad Aparecida e Guadalupe in America Latina, a Efeso in Turchia, per poi tornare a Loreto e San Giovanni Rotondo in Italia. Sono i pellegrini: fedeli appassionati del viaggio con un meta religiosa e di preghiera che, lungi da essere una «specie in via di estinzione», crescono invece sempre più come numero e diminuiscono come età media, perché sono sempre più giovani. L’Opera Romana Pellegrinaggi (Orp) è tra le più attive in Italia nel settore non solo dal punto di vista organizzativo ma anche per aver sviluppato una precisa «pastorale dei pellegrinaggi» e aver promosso una riflessione teologica e biblica su questa esperienza così diffusa e significativa nella Chiesa cattolica.

Quest’anno festeggia gli 80 anni dalla fondazione e in occasione di questo anniversario ha organizzato a Roma un convegno teologico pastorale dal titolo «Eucarestia, Pane del pellegrino» al quale interverranno, tra gli altri, il cardinale Camillo Ruini, il direttore della Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino, il custode di Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa. Panoramaha intervistato il vicepresidente e amministratore delegato dell’Orp, monsignor Liberio Andreatta.

Che cos’è oggi il pellegrinaggio?

Per anni i teologi hanno un po’ snobbato il pellegrinaggio, ritenendolo una forma di devozione riservata alle persone semplici o agli anziani. A poco a poco, a partire del Concilio Vaticano II, il pellegrinaggio è entrato nella pastorale ordinaria della Chiesa intesa, anche dal punto di vista teologico, come «popolo in cammino». Il pellegrinaggio è la metafora della vita: un cammino interiore e una testimonianza esteriore che aiuta a trasformare noi stessi. «Ognuno di noi può essere errante o pellegrino», ci ha detto una volta Papa Francesco, «il tempo che viviamo vede molte persone erranti perché prive di un ideale di vita e spesso incapaci di dare senso alle vicende del mondo. Con il segno del pellegrinaggio, voi mostrate la volontà di non essere erranti».

 Chi sono i pellegrini che accompagnate?

E’ molto cambiata in questi ultimi anni la fisionomia del pellegrino. Non sono più solo persone anziane. Ma moltissime famiglie e giovani. Su questa trasformazione ha influito decisamente Giovanni Paolo II che ha voluto che le Giornate mondiali della gioventù fossero concepite come dei grandi pellegrinaggi. Così i giovani, anche quelli apparentemente lontani dalla fede, hanno scoperto questa nuova dimensione di incontro con Dio e di esperienza spirituale.

 Dopo l’elezione di Papa Francesco è cresciuto il numero dei pellegrini?

Come è accaduto nelle chiese, dove si è registrata una crescita straordinaria di persone che sono tornate ad accostarsi alla Messa, alla confessione e alla comunione, così sta accadendo per i pellegrinaggi. Con Papa Francesco registriamo un vero e proprio boom di richieste di pellegrinaggi anche da parte di persone lontane dalla Chiesa che mai avrebbero pensato di compiere un’esperienza di questo tipo.

 Anche Roma è diventata meta per un numero crescente di pellegrini che desiderano incontrare il Papa?

Assolutamente sì. Registriamo numeri paragonabili a quelli del Grande Giubileo del 2000. Spesso si tratta anche di pellegrini individuali, che arrivano a Roma al di fuori dell’organizzazione di una parrocchia, di un’associazione o di un movimento. Sono dei pellegrini che definirei un po’ «mordi e fuggi»: arrivano a Roma, partecipano all’udienza o all’angelus con il Papa e poi ripartono. Sarebbe bello offrire loro anche un programma più articolato per avvicinarsi con più profondità alla Roma cristiana. Anche da questo punto di vista ci stiamo attrezzando.

 L’Opera Romana Pellegrinaggi è finita sui giornali nei mesi scorsi per presunti ammanchi di denaro che hanno coinvolto la precedente gestione. Può chiarirci cosa è accaduto?

E’ stato scritto che il mio predecessore aveva distratto una quantità considerevole dei fondi dell’Orp. Qualcuno ha parlato addirittura di qualcosa come 10 milioni di euro. Non è vero. Il mio predecessore non ha sottratto neppure un euro all’Orp. Però è vero che sono state fatte delle scelte gestionali che non hanno portato ai risultati sperati: in particolare l’Orp aveva stretto degli accordi con le regioni e gli enti locali che poi hanno ritardato a pagare o non hannoancorapagato del tutto. Abbiamo disdettoalcunicontratti e stiamo rientrandodiuna parte delle somme delle quali eravamo creditori, per una cifra che si aggira intorno al milione di euro. Oggi possiamo dire che l’Orp è tornata a navigare in acque tranquille e può guardare al futuro con fiducia pensando a nuovi progetti.

 Tra i pellegrinaggi che proponete quest’anno ce n’è persino uno in Iraq. Non è pericoloso?

A dicembre abbiamo voluto compiere un «gesto profetico»: realizzare quel pellegrinaggio in Iraq, alla casa di Abramo, presso Ur dei Caldei, che Giovanni Paolo II alla vigilia del Giubileo non era riuscito a fare a causa della guerra. Con un gruppo di sacerdoti e pellegrini siamo giunti a Bassora, nel sud del Paese, e poi siamo risaliti passando per Nassiriya, nella cui provincia si trova l’antica Ur, Najaf, Babilonia, fino a Baghdad, visitando le comunità cristiane e avendo numerose occasioni di dialogo e di incontro con i musulmani. Abbiamo pensato di riproporre questa esperienza a piccoli gruppi di pellegrini, abbinandola al pellegrinaggio in Giordania.

Cosa pensa di questo primo anno con Papa Francesco?

E’ stato un anno profetico: a poco a poco vediamo cadere pregiudizi, antiche incrostazioni, privilegi, ipocrisie. E vediamo la Chiesa aprirsi al mondo con fiducia. Se dovessi utilizzare un immagine per descrivere questo primo anno con Papa Francesco sceglierei quella di un orologio senza lancette: Bergoglio ci sta insegnando che la carità non ha tempo, che se vogliamo imparare a stare davvero accanto ai poveri dobbiamo mettere da parte fretta, efficientismo, burocrazia. Basta guardare il tempo che il Papa dedica a ogni udienza per parlare con la gente, per stare con gli ammalati, per dire qualche parola di conforto. Per lui tutto questo viene prima di qualsiasi riforma della Chiesa.

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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