Buon cammino, Papa Francesco
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Buon cammino, Papa Francesco

Vita, immagini, il futuro della Chiesa. Panorama dedica uno speciale di 64 pagine (in edicola da sabato 16) al nuovo pontefice - Tutto su Papa Francesco

"Quo nomine vis vocari?" (Con quale nome vuoi essere chiamato?). Quando, intorno alle 18.30 di mercoledì 13 marzo, il cardinale decano Angelo Sodano si è avvicinato a Jorge Mario Bergoglio, appena eletto Papa, gli ha rivolto due domande in latino. Con la risposta alla prima ha registrato l’accettazione alla elezione a Sommo Pontefice, con la successiva ha preso atto che la Chiesa non sarebbe stata più la stessa da quel momento in poi: «Vocabor Franciscum», «Mi chiamerò Francesco».

Mentre gli scrutatori annunciavano al mondo che la sede non era più vacante bruciando nella stufa le schede con i voti destinati a diventare all’esterno fumata bianca, Papa Francesco ha raggiunto la sagrestia dove, con l’aiuto di monsignor Guido Marini, ha indossato l’abito bianco. Il cardinale Sodano si è rivolto a lui e lo ha quindi salutato per la prima volta come Romano Pontefice ringraziando la Divina provvidenza per «l’arcano disegno» che lo aveva portato «alla cattedra di Pietro». È stato a quel punto che Papa Francesco ha consegnato il primo, vero segno sull’essenza del suo pontificato. Si è alzato e ha indicato al primo dei cardinali diaconi, Jean-Louis Tauran, la pagina del Vangelo da proclamare. Era quella di Giovanni in cui Gesù risorto chiede per tre volte a Pietro, che per tre volte lo aveva rinnegato durante la passione: «Simone di Giovanni, mi ami?».

E a Pietro che per tre volte gli risponde «Certo Signore, tu lo sai che ti amo», dice semplicemente: «Pasci le mie pecorelle». Parole semplici e quindi universali: Papa Francesco, il Papa degli umili, prende la guida del gregge che è del Signore (le «mie» pecorelle) nella semplicità. Ecco la grandezza del gesuita rigoroso che ha scelto l’immagine e l’esempio del fraticello povero e gioioso per tracciare il solco del suo pontificato: non c’è ossimoro tra gesui-ta e francescano, non c’è contraddizione tra le due visioni del mondo e meno che mai il tentativo (demagogico, si direbbe oggi) di affabulare il gregge con il richiamo al poverello di Assisi. C’è, al contrario, l’enorme sfida di un Papa che dice al suo popolo: tornate alle origini, tornate all’essenza del Vangelo, siate misericordiosi e riscoprite la bellezza della preghiera. E di quale rivoluzione ha bisogno oggi la Chiesa se non questa?

La Chiesa che Papa Francesco prende per mano è quella che, anche ai livelli più alti, ha smarrito la strada maestra, ha rinnegato valori cardine come l’umiltà. È necessario allora evangelizzare questa Chiesa, tornare alle origini, tornare indietro e riscoprire, esaltandolo, l’insegnamento di Francesco: servire il prossimo, darsi a chi ha sete di fede, spogliarsi delle ricchezze e non avere la perversione dell’accumulo. Nella Chiesa dilaniata dagli scandali finanziari e dalle lotte di potere, era necessario che arrivasse un Papa dell’altro mondo per segnare una rottura con il passato. Un Papa che, immediatamente, facesse capire che per avere obbedienza e autorevolezza il successore di Pietro non ha bisogno di esporre la croce d’oro al petto e di portare l’ermellino sulle spalle. Vale molto di più una spartana (anzi, francescana) croce di ferro. Perché il primato della fede non si testimonia con l’apparire ma con l’essere e con l’intensità della preghiera. E Francesco, alla sua prima apparizione in San Pietro, dall’alto del balcone rifiuta l’omaggio, si inchina e prega con il suo popolo e lo riporta all’essenza del cristiano: cercare la comunione con il Padre attraverso l’unico mezzo che è la preghiera.

Tempi durissimi attendono il Santo padre. Dovrà misurarsi con il suo predecessore che, caso unico nella storia moderna, lo osserverà a pochi metri dal Palazzo pontificio. Ma non è certamente da Benedetto XVI che dovrà temere alcunché, bensì da coloro che cercheranno nel vescovo emerito un’àncora per non essere spazzati via dal vento benefico del rinnovamento.

I cambiamenti impongono scelte dolorose, si sa. Ma è nel carattere di Jorge Mario Bergoglio non deflettere, non inchinarsi, non temporeggiare. E ogni volta che Papa Francesco si troverà davanti a un bivio (e parecchi se ne presenteranno sul suo cammino) non potrà non ricordare l’esortazione che, prima di avviarsi verso la loggia di San Pietro e mostrarsi al mondo, gli ha rivolto il primo tra i cardinali presbiteri: «Fa’ che tu sia per il tuo popolo principio e fondamento visibile dell’unità nella fede e della comunione nella carità». Unità, fede, carità: sono più di un programma, oggi sono una rivoluzione.

Buon cammino, Santo padre.

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Giorgio Mulè