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Le navi Ong praticano in mare la disobbedienza civile

"Non sta a loro scegliere i porti di sbarco", dice l'ex ammiraglio, Fabio Caffio a proposito dei migranti nel Mediterraneo

Fabio Caffio, ammiraglio in congedo ed esperto di diritto marittimo, non ha peli sulla lingua parlando con Panorama.

Cosa pensa della nave Sea Watch messa sotto sequestro?

È l’ennesimo scontro sui migranti tra Stato e Ong che fanno disobbedienza civile sfidando la nostra sovranità e assumendosi la funzione Sar (Ricerca e soccorso, ndr), che è pubblica. Il diritto internazionale non prevede sia una Ong a scegliere il porto di sbarco. Tra il 2013 e il 2017 sono arrivate da noi via mare 650 mila persone, qualche migliaia in Spagna, qualche centinaio a Malta, zero in Francia.

Le Ong scelgono spesso momenti politici per gli sbarchi, come le elezioni europee...

Il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, si è chiesto se sia «consentito a organizzazioni private sostituirsi alle forze politiche e alle volontà delle nazioni». Le Ong fanno leva sulle garanzie dell’ordinamento giuridico italiano non esistenti in alcun altro Paese europeo.

I porti vanno chiusi?

«Chiusura dei porti» è un’espressione impropria. Si tratta di evitare, come previsto dal diritto del mare, che nelle nostre acque territoriali avvengano violazioni all’ordine e alla sicurezza pubblica con il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Come giudica le accuse dell’Onu all’Italia sui migranti?

Sono orientate contro il nostro Paese. L’Onu dovrebbe spingere gli Stati mediterranei ad avere un ruolo attivo nel soccorso, nell’accoglienza e nella punizione dei trafficanti. (F.B.)

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Fausto Biloslavo